Emanuele Ghiani – Il Diario del Lavoro https://www.ildiariodellavoro.it Quotidiano online del lavoro e delle relazioni industriali Mon, 05 Feb 2024 17:49:12 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.4.3 https://www.ildiariodellavoro.it/wp-content/uploads/2024/02/fonditore.svg Emanuele Ghiani – Il Diario del Lavoro https://www.ildiariodellavoro.it 32 32 Di Raimondo (Asstel): bene l’avvio del Fondo di solidarietà, ma servirebbero maggiori risorse https://www.ildiariodellavoro.it/di-raimondo-asstel-bene-lavvio-del-fondo-di-solidarieta-ma-servirebbero-maggiori-risorse/ Wed, 31 Jan 2024 17:35:11 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=175726 Si avvia da gennaio, per lavoratori e imprese, il versamento contributivo al Fondo di solidarietà bilaterale per la Filiera delle Telecomunicazioni. Il diario del lavoro ha intervistato il direttore generale di Asstel, Laura Di Raimondo, protagonista fin dall’inizio della creazione del Fondo, per fare il punto della situazione.

 Di Raimondo, partiamo dalle origini: quando è nato il Fondo e qual è il suo scopo.

Abbiamo deciso tre anni fa, con il rinnovo del contratto del 2020, di guardare avanti affrontando questa sfida, cioè puntare alla definizione del Fondo di Solidarietà per la Filiera delle Telecomunicazioni. Questo Fondo è stato costruito per offrire una risposta per accompagnare le azioni di formazione, riqualificazione e riorganizzazione rese necessarie dai processi innovazione tecnologica e di trasformazione del lavoro.

Come si procederà da quest’anno?

Dal primo di gennaio 2024 si avvia la contribuzione da parte di imprese e lavoratori in favore del Fondo, sulla base di quanto previsto dal Decreto del Ministero del Lavoro del 4 agosto 2023. Adesso siamo in attesa del Decreto di nomina del Cda e, quindi, dell’Organo di controllo del Fondo, che deve essere emanato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Ci saranno quattro componenti Asstel, quattro delle Organizzazioni Sindacali, uno del Mef, uno del Ministero del Lavoro e due Inps. Quindi avviamo il motore. Ma servirebbero maggiori risorse in questa fase.

In che senso?

Abbiamo molto auspicato un supporto economico aggiuntivo pubblico, per il primo triennio, per accelerare la piena operatività del Fondo nella fase di avvio. Dobbiamo implementare velocemente i nuovi modelli di organizzazione del lavoro, il rafforzamento e l’ampliamento delle competenze dei lavoratori, il coinvolgimento dei giovani in un’ottica di ricambio generazionale. Questa è la sfida che abbiamo davanti ed è necessario che il Fondo possa essere utilizzabile, erogando tutte le prestazioni previste, al più presto.

Come è nata l’idea di questo Fondo?

La nostra Filiera è dotata di ammortizzatori sociali, quindi ha accesso alla Cigs per la parte complessiva industriale e poi ha la caratteristica di avere un altro segmento di mercato, che è quello dei “Customer Relationship Management BPO”, che invece aveva accesso al Fis, il Fondo d’Integrazione Salariale. Due mondi diversi. Una parte aveva accesso al Fis, l’altra parte aveva accesso alla Cigs. Con la riforma degli ammortizzatori l’equilibrio si è evoluto. Il Fondo infatti sarà utilizzabile per tutte le imprese appartenenti alla Filiera delle Telecomunicazioni, sia quelle non rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 10 del D.lgs n. 148/2015, quindi già coperte dal Fis e Cigs, che quelle rientranti nell’ambito della disciplina dei trattamenti di integrazione salariale sia ordinaria che straordinaria. Quindi è un Fondo innovativo rispetto ad altri Fondi già costituiti, perché contempla all’interno del suo campo di applicazione queste due differenti articolazioni.

Come è stato definito il perimetro del Fondo?

Siamo partiti da uno degli elementi di valore maggior valore per la nostra Filiera ovvero dal contratto collettivo nazionale di lavoro delle TLC.  A questo si aggiunge il combinato disposto tra l’applicazione del contratto e i codici Ateco. Su questa base le Istituzioni competenti hanno definito il perimetro di applicazione del Fondo.

L’eventuale contributo pubblico in che modo potrebbe favorire le attività del Fondo?

Nel caso arrivassero dei fondi aggiuntivi, sarebbero a supporto delle azioni che sono già previste dall’accordo costitutivo del Fondo, sia quelle ordinarie che straordinarie. Questo perché riteniamo fondamentale offrire il maggior supporto possibile per accompagnare i processi di trasformazione che interessano imprese e lavoratori.

Con i sindacati ci sono stati ostacoli, problemi o comunque difficoltà per raggiungere un accordo per costituire il Fondo?

No assolutamente, anzi. Questa è stata proprio una scelta fortemente condivisa con le organizzazioni sindacali, che nasce prima della firma dell’accordo del 2020 per il rinnovo del contratto, quindi già prima della pandemia. Questa condivisione ci ha consentito di arrivare al rinnovo del contratto nazionale, convinti che quello fosse il percorso su cui impegnarci insieme e da avviare. Inoltre, tenga conto che la nostra Filiera ha sempre richiamato l’attenzione del legislatore sull’implementazione di strumenti di politica attiva, come il contratto di espansione, di cui adesso stiamo chiedendo il rifinanziamento. Altro esempio è il Fondo nuove competenze, ulteriore strumento molto utilizzato in questi anni e che ha dato un contributo importante nei processi di upskilling e reskilling delle persone. Siamo fortemente convinti sulla necessità di investire in strumenti di politica attiva del lavoro “strutturali” che possano accompagnare le transizioni e la trasformazione del lavoro.

Avete di fatto anticipato i tempi.

Si infatti, il lavoro è stato avviato nel 2019 quando, come parti sociali, decidemmo di fare questa scelta investendo in una contrattazione di anticipo che dotasse la Filiera di uno strumento fortemente innovativo, pur consapevoli di affrontare un percorso non facile. Una rapida cronistoria: nel mese di novembre 2020 abbiamo sottoscritto l’accordo di costituzione nell’ambito del rinnovo del contratto nazionale TLC con le organizzazioni sindacali e poi si è avviato un percorso di interlocuzione costante con le diverse istituzioni coinvolte. Insomma, tanto lavoro, che si è concretizzato – grazie alla volontà di tutti i soggetti coinvolti – soprattutto negli ultimi due anni per definire la fase di chiusura del processo autorizzativo e finalmente l’avvio della contribuzione da questo mese di gennaio.

Il mancato rifinanziamento del contratto di espansione è un fianco scoperto che può rallentare il Fondo?

Secondo noi è fondamentale poter continuare a disporre, anche in maniera strutturale,  di tutti gli strumenti di politica attiva del lavoro perché sono oramai essenziali per gestire una fase di trasformazione così complessa come quella che stiamo vivendo. Uno di questi strumenti è proprio il contratto di espansione, che ha funzionato molto bene, sia nel nostro settore ma anche in altri settori industriali, in ragione della sua capacità di favorire il ricambio generazionale, i necessari percorsi di aggiornamento delle competenze dei lavoratori in coerenza con il processo di trasformazione digitale delle imprese.

Come si può risolvere?

Sarebbe determinante, tenuto conto che oggi la misura non è più attivabile non essendo stata rifinanziata, che già nel percorso legislativo per la conversione del Decreto-legge Mille Proroghe, si possano trovare le risorse economiche che consentano di poter continuare a disporre del Contratto di Espansione almeno nel 2024.

La formazione è un tema spesso sottovalutato in molti settori

Le imprese attribuiscono grande importanza al concetto di formazione permanente, che consente alle persone di adattarsi ai cambiamenti anche in età adulta e alle aziende di abbracciare più agevolmente modelli organizzativi del lavoro innovativi. Nel 2022, quasi la totalità dei lavoratori nel Settore Tlc è stata coinvolta in attività di upskilling e reskilling. Nel corso del 2022, ogni persona ha seguito circa sei giornate di formazione, in aumento rispetto alle quattro o cinque giornate previste alla fine del 2021 per gli anni successivi.

Uscire dalla logica emergenziale per fare un lavoro di prospettiva si è rivelata una ricetta vincente

In Italia siamo molto bravi a gestire l’emergenza, ma nel momento in cui bisogna investire tempo, energia, risorse in obiettivi di più lungo periodo perdiamo il grip. Noi riteniamo fondamentale improntare le nostre azioni verso la ricerca di soluzioni, anche di politica industriale, che abbiano l’ambizione di traguardare l’orizzonte e possibilmente di andare oltre, sempre nell’interesse di persone e imprese.

Emanuele Ghiani

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La presentazione del premio letterario “Di Vittorio” https://www.ildiariodellavoro.it/la-presentazione-del-premio-letterario-di-vittorio/ Tue, 19 Dec 2023 13:47:32 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=174568 Cgil, pensionati in piazza a Roma. Pedretti, il governo non pensa ai cittadini https://www.ildiariodellavoro.it/cgil-pensionati-in-piazza-a-roma-pedretti-il-governo-non-pensa-ai-cittadini/ Fri, 15 Dec 2023 15:37:30 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=174477 I pensionati della Cgil sono scesi in piazza Santi Apostoli a Roma. Una manifestazione nazionale per bocciare le politiche messe in campo dal governo Meloni e rilanciare le richieste del sindacato. L’intervista, a margine della manifestazione, al segretario generale dello Spi Cgil, Ivan Pedretti.

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Ex Ilva, i sindacati chiedono l’estromissione di ArcelorMittal https://www.ildiariodellavoro.it/ex-ilva-lultimatum-dei-sindacati-al-governo-estrometta-arcelormittal/ Mon, 11 Dec 2023 13:54:29 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=174283 Cisl Piemonte, Caretti: sicurezza sul lavoro e sanità sono le nostre priorità https://www.ildiariodellavoro.it/cisl-piemonte-caretti-sicurezza-sul-lavoro-e-sanita-sono-le-nostre-priorita/ Wed, 29 Nov 2023 15:41:11 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=173844 Il diario del lavoro ha intervistato Luca Caretti, segretario generale della Cisl Piemonte, per chiedere quale siano al momento le priorità e i problemi che sta affrontando il sindacato. Per Caretti, il tema della salute e sicurezza è centrale, e alcune proposte dei sindacati sono state ascoltate e accolte dalla Regione. Sulla sanità però, la strada è ancora lunga per arrivare a un sistema strutturato, che non rincorra solamente le emergenze del momento.


Caretti, qual è la situazione del Piemonte e quali sono i temi che sindacato sta affrontando?

Certamente la questione di sicurezza sul lavoro è uno dei temi centrali sul quale da sempre abbiamo messo al centro della nostra agenda. In particolar modo dopo l’ultima tragedia a Brandizzo; io dico l’ultima ma ricordo che di recente c’è stato il crollo della gru, in via Genova, a Torino, e tre anni fa c’è stata la caduta della funivia del Mottarone, quindi stiamo parlando davvero di una situazione particolarmente critica.

Ci sono stati ultimamente segnali di attenzione da parte della Regione sul tema della sicurezza?

Va registrato che in Piemonte qualche passo in avanti stiamo riuscendo a farlo. Recentemente abbiamo condiviso quello che è un Piano regionale su salute e sicurezza, dove la Regione mette in campo 14 milioni di euro nell’arco del triennio su investimenti relativi al potenziamento del personale, in particolar modo per quanto riguarda gli SPRESAL (Servizio per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro, ndr). Queste risorse serviranno anche per aggiornare quelle figure professionali che siano in grado di reggere le nuove dinamiche del mercato del lavoro. Portiamo a casa questo risultato dopo un grande lavoro che è stato fatto unitariamente, in particolar modo da noi della Cisl.

Gli incidenti sul lavoro sono diminuiti o aumentati nella Regione, negli ultimi anni?

La tendenza è una diminuzione, però rimangono ancora numeri non accettabili. Noi come Piemonte a livello nazionale siamo posizionati al 4º posto per quanto riguarda il tasso di infortuni e morti sul lavoro; non è un bel risultato. Al di là dei numeri c’è anche la specificità dei casi che sono accaduti. Perché i tre eventi che ho ricordato prima, in parte c’è la fatalità e in parte, da un punto di vista dell’immagine del Piemonte, hanno fatto circolare un’immagine negativa della regione in giro per tutto il mondo. Perché quando cade, per esempio, una funivia come quella del Mottarone, non è un tema che viene discusso semplicemente da noi, ma è collegato e ha ripercussioni sulla stessa salute e sicurezza, sullo sviluppo del turismo e sull’attrattività di un territorio.

Quindi quali saranno i prossimi sviluppi del piano su salute e sicurezza che avete proposto alla Regione?

Noi come sempre abbiamo i piedi ben piantati per terra. Ci rendiamo conto che il piano adesso deve essere realizzato. Ci sono scritte quante risorse e scritti gli impegni. Adesso dobbiamo stare sul pezzo per chiedere che questi impegni e queste risorse vengano messe in campo.

Come siete arrivati a questo risultato con la Regione?

Abbiamo chiesto di aprire un tavolo di confronto alla Regione. Poi al tavolo ci siamo presentati con i nostri esperti. Infatti, abbiamo un Coordinamento di salute sicurezza a livello regionale all’interno del quale sono presenti anche persone che hanno avuto competenze di responsabilità sul settore negli anni. Nel nostro caso, per esempio, abbiamo un direttore di SPRESAL che ha avuto grandi ruoli negli anni passati prima di andare in pensione.

Quindi la Regione vi ha ascoltato?

Certo, ci ha ascoltato. Devo dire su questo tema c’è stata data attenzione e ascolto.

Ah. È un evento raro, visti i tempi.

Si, so benissimo che è cosa rara e per questo le dico che è un punto molto positivo. Poi ce ne sono altri che sono negativi ma parto da questo perché credo sia un dato che vada valorizzato. Noi a settembre, quando è successa la strage di Brandizzo, chiedevamo una maggiore attenzione sul tema salute e sicurezza, che si costruisse un piano in modo organico.

Tornando al tavolo, come vi ha risposto la Regione?

La Regione si è presentata con una sua bozza al tavolo sul quale si è aperto un confronto e sul quale sono stati inseriti quelle che sono le nostre le nostre richieste, che sono state recepite praticamente tutte nel piano. Insomma, è stato un percorso partecipato. Poi ripeto, so benissimo che non basta portare a casa un piano, deve soprattutto essere realizzato, però prima questo non c’era. Oggi c’è e delinea quelli che sono percorsi su quali dovranno essere investite risorse umane, economiche e finanziarie per cercare di rispondere a quella che è la criticità che dicevo prima.

Quali altri temi state portando avanti?

Il confronto sulla questione del sistema socio sanitario. Quello che stiamo chiedendo alla Regione è di avere un piano socio sanitario regionale, che purtroppo oggi non è ancora presente. Un piano dove vengano individuate le priorità, le risorse da mettere in campo, insomma una mappatura che provi ad affrontare il tema e non a rincorrere le emergenze. Quindi costruire un sistema sanitario e sociale regionale di prospettiva.

Siete già riusciti in parte per salute e sicurezza, quindi volete replicare l’esperienza.

Esatto, dobbiamo fare lo stesso che abbiamo fatto sul piano di salute e sicurezza. Quindi aprire un confronto, condividere dei modelli, ragionare in prospettiva. In Piemonte la situazione secondo me è critica in quanto si stanno rincorrendo giorno per giorno quelle che sono le emergenze del momento, invece di affrontare il fenomeno in modo organico e di prospettiva, con un disegno articolato e complessivo che va al di là del rispondere all’emergenza. Che si cominci a strutturare, a definire con chiarezza, quello che è stato definito anche nel Pnrr.

Ad esempio?

Su tutto l’aspetto della medicina territoriale, che è un aspetto centrale. Le case, gli ospedali di comunità, tutto quell’insieme di elementi definiti dal Pnrr. Circa sei mesi fa è stato fatto tutto un ragionamento sul Pnrr sul quale è emerso che ci potrebbero essere dei tagli rispetto a quelle che erano le risorse decise in precedenza. Allora, qui abbiamo bisogno di capire dalla Regione quanto incidono questi tagli su quell’impianto che avevamo condiviso cinque, sei mesi fa. C’è chi parla di un taglio attorno al 40%. Vogliamo capire dalla Regione, se questo taglio dovesse essere confermato, che cosa intende fare.

Cosa potrebbe succedere?

Gli scenari che si aprono sono due, cioè tagliare proporzionalmente la precedente rete che avevamo condiviso. Oppure la Regione potrebbe mettere in campo risorse proprie per far sì che, al di là del taglio, comunque non ci possa esserci un cambio rispetto al passato. Faccio un esempio concreto: il numero di case di comunità che verranno fatte sul territorio. È una questione che dovrà essere chiarita. I segnali che abbiamo ci dicono che la Regione vorrebbe ricorrere a risorse proprie.  Però abbiamo bisogno che questo dato venga formalizzato. Poi sulla sanità c’è il problema enorme che è la mancanza di personale.

Quali figure mancano?

Si parla di medici, infermieri, operatori socio sanitari, siamo in una situazione critica. Infatti, stiamo chiedendo di incrociare più fittamente il mondo dell’università e il mondo della Regione, il mondo istituzionale e quello sindacale, per riuscire a ripartire con una pianificazione, una programmazione che riesca a mettere nelle condizioni di sfornare queste professionalità in numero adeguato per un settore che ha bisogno di essere fortemente potenziato.

I bassi stipendi non aiutano.

Esatto, non aiutano assolutamente. Devono essere messe in campo risorse per rinnovare i contratti. Perché è chiaro che il tema economico, volente o nolente, è un tema importante per agganciare i lavoratori al settore che altrimenti fanno scelte diverse. Infatti stanno arrivando in modo insistente offerte ai nostri professionisti, per esempio dagli Emirati Arabi, che sono altamente allettanti non solo da un punto di vista economico ma anche da un punto di vista di qualità della vita. Sugli infermieri le ultime offerte erano arrivate dalla Norvegia, che offrono salari nettamente superiori a quelli italiani e condizioni di vita notevolmente migliori rispetto alle nostre.

Quanto offre la Norvegia per esempio? Mettiamo a un infermiere.

Per un infermiere parliamo di 3.500€ al mese e l’affitto della casa pagato. Il tutto in un sistema paese come quello che c’è nei Paesi nordici, dove tra l’altro hanno un welfare d’eccellenza e qualità della vita d’eccellenza; sono offerte che sono molto attrattive. Quindi, oltre ad aggiungersi il fatto che tra pubblico e privato c’è un continuo rubarsi reciprocamente risorse umane, si aggiunge anche questa criticità. Dobbiamo puntare non solo a istruzione e formazione per le nuove generazioni, con maggiori corsi universitari ridotti oggi all’osso, ma serve aumentare i salari per tenerci le generazioni di oggi. Altrimenti i pochi che escono dall’università si rivolgono dove hanno offerte migliori.

Per ironia volevamo essere attrattivi ma lo siamo al contrario. Gli altri Paesi in pratica sono sì attratti dai nostri lavoratori molto qualificati e poco pagati, ma per farli lavorare da loro, è corretto?

Si esatto, e faccio un altro esempio: io abito sul confine, faccio un passo e sono in Svizzera. Qui da noi ormai è abbastanza normale che si formino operatori socio sanitari in Italia, che lavorano per qualche mese in Italia e poi quando hanno raggiunto una certa professionalità vanno in Svizzera. Tenga conto che è più dura lavorare da loro, hanno un sistema più complesso, più duro dal punto di vista lavorativo rispetto a quello italiano. Però in Svizzera hanno degli stipendi che, anche grazie al cambio, permettono di guadagnare più del doppio rispetto all’Italia.

Emanuele Ghiani

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Assemblea Cgil e Uil Roma e Lazio: verso lo sciopero del 17 novembre https://www.ildiariodellavoro.it/assemblea-cgil-e-uil-roma-e-lazio-verso-lo-sciopero-del-17-novembre/ Thu, 09 Nov 2023 19:11:23 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=173100 Itinerari Previdenziali, servono maggiori investimenti, in pericolo il sistema https://www.ildiariodellavoro.it/itinerari-previdenziali-servono-maggiori-investimenti-in-pericolo-il-sistema/ Tue, 07 Nov 2023 18:07:25 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=172991 La Confederazione italiana dei dirigenti e delle alte professionalità Cida e Itinerari Previdenziali hanno presentato a Roma, nella sede del Cnel, il Rapporto sulla Regionalizzazione del Bilancio Previdenziale italiano. Il rapporto si pone l’obiettivo di fornire la dimensione finanziaria delle entrate contributive e fiscali che finanziano il nostro welfare nelle sue tre principali componenti – pensioni, assistenza sociale e sanità pubblica – e le relative uscite per le prestazioni.

Dall’analisi delle dichiarazioni dei redditi ai fini IRPEF è emerso che il 47% degli italiani non dichiara redditi mentre il 13,94% dei contribuenti, con redditi dai 35mila euro in su, sostengono da soli il 62,52% dell’imposta. Inoltre, è forte anche il divario fra le Regioni, con il Nord Italia che contribuisce con il 57,43% del totale IPERF.

In particolare, il totale dei redditi prodotti nel 2021 e dichiarati nel 2022 ai fini IRPEF è ammontato a 894,162 miliardi, per un gettito generato di 175,17 miliardi (157 per l’IRPEF ordinaria; 12,83 per l’addizionale regionale e 5,35 per l’addizionale comunale), in crescita rispetto ai 164,36 miliardi dell’anno precedente. Aumentano anche i dichiaranti (41.497.318) e i contribuenti/versanti, vale a dire coloro che versano almeno 1 euro di IRPEF, che salgono a quota 31.365.535, valore più alto registrato dal 2008: a ciascun contribuente, corrispondono però di fatto 1,427 abitanti.

“Una fotografia in miglioramento rispetto al periodo pandemico, ma che – secondo il Prof. Alberto Brambilla, curatore della ricerca – sembrerebbe poco veritiera guardando invece a consumi e abitudini di spesa degli italiani. Mentre quasi la metà (il 47%) non dichiara redditi, tra i versanti il grosso del carico fiscale grava sulle spalle dei contribuenti che dichiarano redditi da 35mila euro in su”.

“I dati parlano chiaro. Siamo ormai in presenza di due forti disuguaglianze: da un lato abbiamo i contribuenti onesti, dall’altro mezzo paese dimenticato, che si pensa di aiutare con i sussidi, invece che con gli investimenti – commenta Stefano Cuzzilla, Presidente CIDA -. Non è accettabile che poco più del 13% della popolazione si faccia carico della quasi metà degli italiani che non dichiara redditi e trova benefici in un groviglio di agevolazioni e sostegni, spesso concessi senza verificarne l’effettivo bisogno. Un 13% che guadagna da 35mila euro lordi in su, e che per questo non può beneficiare del taglio al cuneo fiscale perché è considerato troppo ricco e non può difendersi dall’inflazione nemmeno quando arriva alla pensione, sempre perché è considerato troppo ricco. Non commettiamo l’errore di pensare che le disparità che esistono in questo Paese facciano male solo a chi si trova sui gradini più bassi della scala reddituale. Fanno male al sistema. Se perdiamo il ceto medio perdiamo stabilità sociale e ipotechiamo il futuro”.

Numerosi gli osptiti all’evento: l’On. Luigi Marattin, Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione, Camera dei Deputati; Sen. Antonio Misiani, Vicepresidente Commissione Bilancio, Senato della Repubblica; On. Marco Osnato, Presidente Commissione Finanze, Camera dei Deputati; Sen. Massimo Garavaglia, Presidente Commissione Finanze e Tesoro, Senato della Repubblica; Sen. Mariastella Gelmini, Commissione Affari Costituzionali, Senato della Repubblica; On. Bruno Tabacci, Presidente del Comitato per la Legislazione e Commissione Finanze, Camera dei Deputati.

Emanuele Ghiani

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Cgil Roma Lazio, Di Cola: lavoro sempre piu precario, il 7 in piazza per dare la sveglia al governo https://www.ildiariodellavoro.it/cgil-roma-lazio-di-cola-lavoro-sempre-piu-precario-il-7-in-piazza-per-dare-la-sveglia-al-governo/ Fri, 22 Sep 2023 14:23:34 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=171322 Intervista al segretario generale della Cgil Roma e Lazio a margine della Festa del Tesseramento della Cgil di Roma e del Lazio “Al lavoro! Insieme per la Costituzione”, un evento che ha visto un nutrito programma di dibattiti, incontri a tema ed eventi culturali.

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Salario minimo, le posizioni di Cgil, Cisl e Uil https://www.ildiariodellavoro.it/salario-minimo-le-posizioni-di-cgil-cisl-e-uil/ Mon, 28 Aug 2023 11:04:13 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=170233 Dopo la proposta delle opposizioni sul salario minimo, depositata alla Camera, e la decisione del Governo Meloni di rinviare il confronto sull’argomento nell’ambito del Cnel, il sindacato non è rimasto a guardare. Per la Cgil qualcosa è cambiato in merito al salario minimo. Prima era una misura che veniva criticata perché si temeva un indebolimento della contrattazione. Adesso “la situazione è cambiata” – ha spiegato il segretario generale della Cgil Maurizio Landini nell’intervista di ieri al Quotidiano Nazionale. Oggi a mettere a rischio la contrattazione, secondo Landini, “ci sono i contratti pirata, quelli scaduti e non rinnovati da anni o con paghe basse, le regole su appalti e sub-appalti”. Dunque, per Landini è venuto il momento di attuare gli articoli 36 e 39 della nostra Costituzione “dentro questo il salario minimo rafforza la contrattazione”. Inoltre, vanno aumentati in maniera strutturale i salari, così come va reso strutturale il taglio del cuneo contributivo.

Mentre in casa Cisl, la linea sul salario minimo è rimasta la stessa. Per il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra, intervenendo il 20 agosto nella giornata di apertura del Meeting di Rimini, “bisognerebbe cambiare linguaggio intorno al “salario minimo”, a partire proprio da come lo si definisce – ha spiegato Sbarra in una intervista a IlSussidiario.net -. Ai lavoratori deboli non serve una ‘paga minima’, ma una retribuzione adeguata e sempre dignitosa. Assicurare a tutti, e intendo davvero a tutti senza escludere colf e badanti, un salario dignitoso è una priorità da affrontare seriamente, senza demagogia”.

Secondo Sbarra “serve un intervento, ma deve essere finalizzato a rafforzare ed estendere la contrattazione, come indica anche l’Europa”. Per questo “prendiamo a riferimento il Trattamento economico complessivo dei contratti prevalenti ed estendiamolo con una norma leggera, settore per settore, ai comparti affini non coperti da contratto nazionale o colpiti da contrattazione pirata. Non serve la legge sulla rappresentanza, i dati sulla diffusione dei contratti sono già in possesso di Inps e Cnel. Una mappatura, indispensabile per dare riferimenti agli ispettori e ai tribunali, può essere agevolata anche dall’obbligo delle imprese a stampare il codice del Ccnl sulla busta paga. Pensare che basti una cifra sulla Gazzetta ufficiale vuol dire illudersi o peggio illudere la gente”.

Per quanto riguarda la Uil di Pierpaolo Bombardieri, il salario minimo per legge “deve coincidere con i minimi contrattuali dei contratti maggiormente rappresentativi” ha spiegato al Quotidiano Nazionale. La strada maestra resta quella della contrattazione: “Perché con un contratto nazionale non si assicura solo un salario dignitoso, ma si garantiscono anche una serie di diritti che danno completa dignità al lavoro: dalla tutela per la maternità e per le malattie al rispetto di orari e ferie, dalle garanzie occupazionali al welfare contrattuale e al Tfr e così via. Poiché, però, esistono lavori poveri, perché non coperti da contrattazione o per la pervicace e pluriennale resistenza di alcuni datori di lavoro ai rinnovi o per l’applicazione di contratti pirata, diventa necessaria anche la definizione di un salario minimo per legge.”

Emanuele Ghiani

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Trenitalia e Italo, Pellecchia (Fit-Cisl): lo sciopero funziona ma è sempre l’ultima spiaggia https://www.ildiariodellavoro.it/trenitalia-e-italo-pellecchia-fit-cisl-lo-sciopero-funziona-ma-e-lultima-spiaggia/ Fri, 04 Aug 2023 15:24:49 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=170040 Portalettere vince il ricorso cautelare, riconosciuta l’interdizione post partum https://www.ildiariodellavoro.it/portalettere-vince-il-ricorso-cautelare-riconosciuta-linterdizione-post-partum/ Mon, 31 Jul 2023 14:08:46 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=169856 Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Venezia, da quanto si apprende da una nota del sindacato territoriale Cgil Veneto, ha accolto il ricorso cautelare di una lavoratrice di Poste Italiane, che opera con qualifica di portalettere nel territorio della provincia veneziana, la quale aveva chiesto di essere interdetta dal lavoro per il periodo che va dalla fine della maternità obbligatoria al settimo mese dal parto. L’istanza era stata rigettata dall’Ispettorato territoriale del Lavoro.

Nella sentenza che ha ribaltato la situazione della lavoratrice si cita l’articolo 17 d. lgs. 151/2021 che, al secondo comma, prevede che la Direzione territoriale del lavoro disponga l’interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato gravidanza da due mesi precedenti la data presunta del parto e fino al 7° mese di età del figlio, quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino. Si dispone, in accoglimento del ricorso cautelare, l’interdizione della ricorrente dal lavoro sino al termine di legge.

Un risultato, come ha sottolineato Ciro Casonato, responsabile sicurezza Slc Cgil Venezia, raggiunto grazie “alla determinazione di una madre e la competenza dei nostri legali. Ci stiamo battendo da oltre un anno per il riconoscimento della mansione di portalettere come lavoro gravoso e usurante, questa sentenza per noi è molto importante”.

Il Tribunale di Venezia, hanno spiegato gli avvocati della lavoratrice, ha ritenuto il ricorso “tutt’altro che infondato nel merito e ravvisando, nelle mansioni da portalettere svolte dalla lavoratrice, diversi profili di rischio per la salute della madre e del figlio nei primi mesi di vita. Pur dovendo attendere la pronuncia definitiva nel merito, – proseguono gli avvocati Marco Ferrero, Federico Pampaloni e Chiara Roverso – consideriamo questa un’importante vittoria”.

“Ci risulta – ha aggiunto Marco d’Auria, della Slc Cgil Veneto – che anche in Friuli e nelle Marche sono in corso istanze simili. Anche per questo attendiamo con fiducia la sentenza di merito – conclude – confidando che questo orientamento sia confermato per rendere universale, per ogni portalettere neomamma, da nord a sud, il diritto all’interdizione post partum, che consideriamo una tutela fondamentale.”

Emanuele Ghiani

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Stellantis, Di Maulo (Fismic): nel nostro contratto un aumento dell’11,3% è il migliore d’Italia https://www.ildiariodellavoro.it/stellantis-di-maulo-fismic-nel-nostro-contratto-un-aumento-dell113-e-il-migliore-ditalia/ Thu, 20 Jul 2023 17:14:19 +0000 https://www.ildiariodellavoro.it/?p=169390 Il diario del lavoro ha intervistato il segretario generale della Fismic Confsal, Roberto Di Maulo, sullo stato delle relazioni industriali con Stellantis e sui vari problemi che il sindacato e l’azienda si sono trovati ad affrontare. Per Di Maulo, il contesto è molto complesso, ma in un mondo in continuo cambiamento e di incertezza economica e inflazionistica, il contratto di Stellantis si posiziona come il migliore tra i contratti presenti al momento in Italia.

Di Maulo, qual è lo stato di salute delle relazioni industriali in Stellantis?
Devo fare una premessa: il momento industriale è assai complesso, per due motivi: si sono fuse due realtà che hanno vocazioni, storie e caratteristiche organizzazioni del lavoro rapporti gerarchici diversi da loro e ancora non si è concluso questo processo di fusione. Ricordo che quando Marchionne creò FCA, il processo di fusione con Chrysler termino 5 anni dopo circa, quindi da allora le cose non sono mai state semplici. Anche perché nessuno vuol fare prevalere le ragioni dell’altro. Quindi evidentemente sussiste una diarchia nella gestione e nelle modalità organizzative che ciascuno vuole portare dalla propria parte. Questo crea sicuramente una ulteriore complessità.

Ad esempio?
Per dare una quantità in numeri, negli stabilimenti francesi è normale che ci sia più del 30% della forza lavoro interinale, mentre da noi grazie a dio è un fenomeno assolutamente marginale. In Francia i picchi di lavoro sono soliti gestirli con lavoratori occasionali, nei nostri stabilimenti italiani non fa parte della tradizione Fiat. Infatti i lavoratori interinali sono al 4-5% circa. Poi, secondo fattore che rende complessa la situazione industriale: la rivoluzione tecnologica e digitale, l’avvio del percorso dell’elettrificazione. I due fenomeni vengono solitamente chiamati “transizione” ma da alcune parti è più una rivoluzione.

Addirittura rivoluzione?
Si, nello stabilimento di Termoli ad esempio sono occupati circa 2.200 operai, lavoratori diretti, che fanno motori endotermici, ma a fine 2025 ci dovranno essere 1.800 persone che fabbricheranno batterie al litio per le macchine elettriche. Capisce bene che questo fenomeno porterà una notevole numero di persone ad essere riconvertiti alle nuove produzioni. Quindi dentro questa situazione complessa esistono le relazioni industriali.

Riescono a tenere in piedi tutto il sistema?
Si e non solo, ha anche degli elementi di effettiva positività. Aver rinnovato, l’8 di marzo, un contratto nazionale che già per la parte economica paga l’11,3% in due anni ed entro la seconda metà del 2024 ci ritroveremo al tavolo per definire l’ammontare dei nuovi aumenti retributivi del 2025 e 2026 mi sembra notevole. Quando sento i miei amici del pubblico impiego e gli racconto come abbiamo concluso il contratto con Stellantis, svengono per capirci.

Difendere la parte retributiva è motivo di orgoglio per il sindacato.
Infatti, difendere la retribuzione dei lavoratori al meglio, soprattutto in un momento di inflazione, è significativo. Anche la direzione aziendale ha una idea precisa di come debbano essere le relazioni industriali e dell’importanza di salvaguardare i lavoratori dall’inflazione e non solo. Abbiamo rinnovato anche il sistema delle relazioni sindacali. Tant’è vero che anche Pomigliano tempo fa c’è stato uno sciopero, indotto da fenomeno assolutamente esterno cioè la terziarizzazione della parte amministrativa che lavorava per Iveco e che verrà affidata ad una società americana. Insomma lo sciopero spontaneo, che ha coinvolto parecchi lavoratori sull’onda emotiva che ha proclamato la Fiom, è rientrato. Ed è qui che è entrato in gioco il sistema della Commissione organizzazione del lavoro, che verifica le postazioni sull’ambiente di lavoro. Ci sono degli strumenti nuovi che si stanno utilizzando in maniera partecipata e partecipativa da parte delle Commissioni aziendali, che è intervenuta positivamente anche sulla “famosa” questione della pulizia dei bagni, unico argomento che mi sembra sia sollevando la Fiom; se lo viene a sapere Di Vittorio si rivolta sulla tomba. Insomma, gli strumenti che abbiamo inserito nel contratto stanno producendo risposte positive per i lavoratori.

Come sono composte queste commissioni?
Sono composte pariteticamente da azienda e sindacati. Abbiamo da un lato l’azienda, con la partecipazione obbligatoria del direttore di stabilimento del capo del personale e dall’altro lato la partecipazione di un numero variabile di sindacalisti, a seconda forza rappresentativa delle singole organizzazioni. Quindi alla fine risulterà sempre un numero paritetico tra sindacato e azienda, complessivamente parlando, e proporzionale alla forza rappresentativa che le singole organizzazioni hanno ottenuto alle elezioni dell’RSA.

Che funzioni hanno?
Ce ne sono parecchie nel sistema delle commissioni. Abbiamo un comitato strategico a livello nazionale che si occupa principalmente delle modifiche delle scelte strategiche dell’azienda. Mentre a livello del singolo stabilimento esiste una commissione che si occupa dei servizi, oppure un’altra che si occupa della organizzazione del lavoro, o ancora salute e sicurezza, pari opportunità e così via. È un sistema molto articolato e quando viene fatto funzionare dai nostri delegati, dato che spesso ci si scorda di usarlo, permette all’azienda di sopravvivere a momenti di crisi complicati, senza che questo si rifletta in un peggioramento delle condizioni di lavoro dei lavoratori. Quindi sono diversi luoghi dove è possibile, a seconda dell’argomento, attivarsi insieme per ragionare sulle soluzioni.

Può fare un esempio di una recente discussione?
Ultimamente si è ragionato su come comportarsi con il caldo all’interno degli stabilimenti.

Nel senso come regolare la temperatura dei climatizzatori?
In un certo senso sì. In pratica si è deciso quali saranno i criteri obiettivi per attivare il climatizzatore e regolarlo. Quindi si sono eliminate le discussioni tra chi sente più caldo o meno e si è deciso di mettere i termometri all’altezza di tre metri e mezzo e non rasoterra, per dare modo alle Rls e alla commissione salute e sicurezza di verificare se in un dato momento è o meno agibile l’ambiente di lavoro e decidere nel caso di modificare la temperatura. Questa che può apparire un fenomeno di poco conto in realtà ha ridotto, dal 2010 ad oggi, le micro-tensioni, i micro-scioperi, che era una tipica caratteristica del sistema italiano, mentre adesso sono praticamente scomparse.

Quindi la Rsa o la commissione si reca fisicamente dal capo stabilimento e a voce comunica di cambiare temperatura? Immaginavo fosse tutto regolato in automatico tramite software, algoritmi, sensori di temperatura, insomma senza quasi bisogno di intervento umano.
No no, quello è ancora il Metaverso, ancora non ci stiamo a quel punto.

Quindi la temperatura si può regolare in automatico a livello casalingo ma non nello stabilimento?
Sembra strano ma si, perché a casa il condizionatore ragiona su spazi ristretti, quindi è facile l’auto-regolazione. Nello stabilimento invece stiamo parlando di migliaia di metri quadrati da gestire e monitorare e di ambienti tra loro diversi. Per intenderci, quando c’è una uscita di gas per esempio, incidente che talvolta succede ma molto raramente, si sgombera una sezione ma non l’intero edificio, perché già a 100 metri di distanza non è più un problema, quindi si figuri sulla temperatura come cambia la regolazione.

Per rimanere in tema di tecnologie avanzate, Amazon è stata tra le prime a introdurle per la di sicurezza sul lavoro, come i braccialetti elettronici. Se un operaio ha un malore il bracciale allerta una squadra medica. Però in molti la vedono come una forma di sorveglianza molto stretta. Lei è favorevole a questo tipo di tecnologie?
Penso che siano opportuni dei sistemi di rilevamento automatico, come ha introdotto Amazon. Ma in Italia c’è della resistenza all’utilizzo di questi dispositivi, diffidenza comprensibile se l’azienda ne abusasse come un sistema di sorveglianza, ma la loro funzione è prevenire gli incidenti. Ad esempio trovo molto utile il rilevamento del battito cardiaco, oppure altri parametri vitali, in modo che l’azienda possa intervenire prontamente in caso di malessere durante il lavoro. Per dire, da poco ho avuto un indice glicemico abbastanza alto e utilizzo un orologio che lo controlla e mi aiuta tantissimo per non assumere zuccheri. Così come sarebbe utile il bracciale anti-cadute, anti-collisione, eccetera.

In Stellantis si utilizzano queste tecnologie?
No, in Italia Stellantis non ha questi sistemi.

Si potrebbero introdurre in futuro, magari su base volontaria?
Secondo me sì, sarebbe utilissimo. Ripeto, sarebbero utili anche gli audiovisivi se regolati bene, cioè per aiutare realmente la prevenzione degli incidenti o alla manomissione dei macchinari, spesso effettuata dagli operai stessi. Mi ricordo di un manutentore che ebbe un incidente e organizzammo uno sciopero, quando andai a trovarlo in ospedale mi confessò che fu lui stesso a togliere la doppia gabbia di protezione. Fermai ovviamente lo sciopero.

Incredibile.
Però succede sa. A volte invece gli incidenti accadono più per motivi economici. Mi ricordo che quando da ragazzo facevo il tipografo la prima cosa che mi hanno detto è che bisognava subito intervenire quando si formavano le cosiddette “caccole” di inchiostro, grumi che con uno straccio si dovevano togliere tra un rullo e l’altro.

Rulli immagino in movimento.
Ovviamente. Sono andato dal capo e gli ho detto chiaro e tondo che prima fermavo la macchina e solo dopo facevo la pulizia. Sa cosa mi ha risposto? Che così si fermava la produzione e si sprecavano dei fogli di carta. E allora, è un mio problema? E se metto la mano in mezzo a quei rulli e la perdo, chi me la restituisce? Non tutti però hanno il coraggio di un giovane rivoluzionario.

Quindi la tecnologia esiste, ma serve intelligenza per usarla al meglio. E sane relazioni industriali.
Esatto. Quindi sì, il sistema di relazioni industriali è complesso. Il contesto è complesso. Le dinamiche da affrontare sono molte. Ma posso dire che nonostante tutto i risultati di queste relazioni s vedono concretamente: il nostro contratto, al momento, è tra i migliori d’Italia. Un aumento delle retribuzioni dell’11,3% in due anni non esiste da nessuna parte, neanche nel contratto dei bancari.

Emanuele Ghiani

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