Un settore non in crisi ma che non gode di ottima salute, dove le innovazioni sono all’ordine del giorno. Innovazioni che richiedono investimenti nelle competenze, un’organizzazione del lavoro matura e un contratto capace di fare politica industriale. Ne abbiamo parlato con Laura Di Raimondo, direttore di Asstel, l’associazione di Confindustria che rappresenta le imprese delle telecomunicazioni
Di Raimondo in quale scenario si apre il rinnovo per il contratto del settore?
La Filiera delle TLC è strategica in quanto abilita la trasformazione digitale e i processi di innovazione del Paese, grazie alla connettività, alla creazione e allo sviluppo di nuovi servizi digitali ad essa direttamente collegati. Le imprese TLC, attraverso le proprie competenze distintive, di progettazione, costruzione ed esercizio del sistema di reti più articolato del mondo, anche grazie alla diffusa presenza sui territori e alla loro alta professionalità, sono in grado di sviluppare nuovi servizi digitali che rispondono alle esigenze di persone, imprese e PA in tutti i principali settori del sistema economico. Mobile Private Network 5G, Cyber Security, Cloud, Big data e Analytics e Artificial Intelligence sono le principali direttrici di sviluppo. Per lo sviluppo industriale della filiera è fondamentale: l’attuazione di nuove strategie di business, come ad esempio l’ingresso in nuovi mercati digitali e la valorizzazione del core business; la trasformazione della Filiera in termini di tendenze tecnologiche e di costruzione delle competenze necessarie; la realizzazione di una nuova politica industriale che accompagni le trasformazioni di business e i trend tecnologici in atto; una regolamentazione di settore che consenta una rapida diffusione delle infrastrutture e dei nuovi servizi digitali. La trasformazione in atto richiede l’implementazione di nuovi modelli di organizzazione del lavoro, il rafforzamento e l’ampliamento delle competenze dei lavoratori, il coinvolgimento dei giovani, che consentano lo sviluppo di azioni per promuovere nuove professionalità e nuovi mestieri: sfide su cui sono impegnate tutte le imprese TLC. Questo processo di trasformazione si muove, peraltro, in uno scenario di mercato in cui l’Europa registra dinamiche di crescita inferiori alle altre grandi aree mondiali e l’Italia mostra un quadro particolarmente difficile, con una diminuzione dei ricavi significativa negli ultimi 12 anni che nel 2022, per gli Operatori TLC, si sono ridotti di 0,8 miliardi di euro (- 3% sull’anno precedente) raggiungendo 27,1 miliardi, il valore più basso di sempre. Sempre nel 2022 per la prima volta si è registrato un valore negativo del saldo di cassa (EBITDA – CAPEX) degli Operatori TLC. Tale indicatore evidenzia come la marginalità del settore sia assorbita dagli investimenti significativi e necessari allo sviluppo dell’infrastruttura e al supporto alla trasformazione digitale del Paese.
.Che tipo di negoziato dovrà essere?
Asstel ritiene che il CCNL TLC, attraverso un “Negoziato di Trasformazione”, debba continuare ad essere uno strumento moderno per supportare i processi di evoluzione di tutti i segmenti della filiera TLC verso condizioni di miglioramento della competitività e della produttività intervenendo in particolare su quattro aree di sviluppo.
Quali?
La prima riguarda l’evoluzione del perimetro e del modello contrattuale in coerenza con l’evoluzione del mercato, in atto e la transizione delle imprese verso le nuove aree di sviluppo che sopra abbiamo citato. La seconda guarda ad ampio spettro le trasformazioni del lavoro attraverso l’introduzione di un modello innovativo di classificazione del personale basato sulle famiglie professionali; il consolidamento del lavoro agile; lo sviluppo dei nuovi modelli di organizzazione del lavoro; la focalizzazione sulle competenze dei lavoratori attraverso percorsi di formazione certificati. La terza riguarda la definizione di un’area distintiva nel Sistema contrattuale TLC utile a supportare la trasformazione e la sostenibilità complessiva delle attività di CRM/BPO. La quarta, infine, è rivolata alla valorizzazione delle azioni di intervento nell’ambito delle tematiche di inclusione, welfare, diversità ed equità per la realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile e dei principi ESG.
Come valuta l’uscita dalla fase emergenziale dello smart working?
Durante lo stato emergenziale si sono volute tutelare alcune specifiche categorie, i fragili e i genitori con figli sotto i 14 anni. Queste tutele specifiche, molto legate alla fase emergenziale sono ora parzialmente venute meno. Le imprese della filiera TLC erano già pronte a questo passaggio avendo trovato un punto di equilibrio coerente con le specificità di ogni azienda attraverso la definizione di accordi con le Organizzazioni Sindacali che hanno accompagnato le varie fasi di implementazione dello smartworking. Ciò premesso, se vogliamo che lo smart working diventi un vero strumento di organizzazione del lavoro bisogna uscire sia dalla visione emergenziale, sia dalla visione dello smartworking come elemento di “welfare”. Perché ciò accada è necessario vedere lo smartworking come cardine di un modello organizzativo caratterizzato da maggiore elasticità, capace di generare valore per imprese e lavoratori, nel quale, diminuisce, al meno in prospettiva la dimensione “tempo” e assume maggiore importanza la capacità di lavorare per obiettivi e di misurare i risultati.
Il lavoro da remoto potrebbe essere un ostacolo per le carriere?
Lo smart working soprattutto per i più giovani è ormai un elemento centrale, perché un’organizzazione del lavoro flessibile e per obiettivi risponde alle loro esigenze, non bisogna però dimenticare che questa esigenza va connessa con quella di favorire lo scambio e il confronto tra le persone, elementi altrettanto importanti all’interno di un percorso professionale. Per questo è importante trovare un nuovo punto di equilibrio, anche grazie alla contrattazione aziendale, tra lavoro in presenza e lavoro agile per offrire risposte nuove per il lavoro che cambia.
Un processo non facile.
Ma necessario. L’idea che lo smart working non fosse solo una risposta ad una situazione del tutto particolare per noi è stata sempre al centro delle nostre riflessioni, come testimonia il Protocollo sul lavoro agile che sottoscrivemmo con le organizzazioni sindacali a luglio del 2020 e che guardava allo smart working come un elemento stabile di un nuovo modello ibrido di organizzazione del lavoro.
Tommaso Nutarelli