Peggiorano le previsioni per l’economia italiana, anche in proporzione maggiore rispetto al rallentamento in corso nell’area euro e a livello globale. Il Fondo Monetario Internazionale nel suo World Economic Outlook, presentato agli incontri annuali in corso a Marrakech in Marocco, ha tagliato le stime di crescita dell’Italia di 0,4 punti percentuali rispetto alle precedenti stime di luglio portandole allo 0,7% con la previsione per il 2024 a sua volta tagliata di due decimi di punto sempre allo 0,7%.
Il Fmi prevede che la crescita nell’area dell’euro diminuirà dal 3,5% nel 2022 allo 0,7% nel 2023, prima di salire all`1,2% nel 2024. In ulteriore rallentamento la Germania, che da sola vale un terzo del Pil della zona della moneta unica e che archivierà il 2023 con una recessione (-0,5%) seguita il prossimo anno da un `rimbalzo` dell’economia (+0,9%). Decisamente migliori le condizioni della Francia, seconda economia dell’area, che vede le previsioni per quest’anno migliorare al +1% e quelle del 2024 stabili al +1,3%.
A livello globale gli economisti di Washington prevedono che la crescita globale rallenterà dal 3,5% del 2022 al 3,0% nel 2023 e al 2,9% nel 2024. Le proiezioni rimangono al di sotto del livello storico (2000-2019) medio del 3,8%, e mentre la previsione per il 2024 è in calo di 0,1 punti percentuali rispetto a quella formulata a luglio. Per le economie avanzate il rallentamento previsto è dal 2,6%. nel 2022 all`1,5% nel 2023 e all`1,4% nel 2024, in un contesto statunitense che evidenzia uno slancio più forte del previsto, con una crescita più debole del previsto nell’area euro.
La ripresa globale dalla pandemia di Covid-19 e dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia – si legge nel documento del Fmi – rimane lenta e irregolare. Nonostante la resilienza economica all’inizio di quest’anno, con un rimbalzo legato alla riapertura e progressi nella riduzione dell’inflazione rispetto ai picchi dello scorso anno, è troppo presto per rilassarsi. L’attività economica è ancora al di sotto dei suoi obiettivi del percorso pre-pandemico, soprattutto nei mercati emergenti e Nelle economie in via di sviluppo mentre le divergenze si stanno ampliando tra regioni.
In particolare gli economisti di Washington segnalano diverse forze che stanno frenando il recupero. Alcune riflettono le conseguenze a lungo termine della pandemia, della guerra in Ucraina e l’aumento della frammentazione geoeconomica. Altri fattori sono più ciclici, compresi gli effetti dell’inasprimento della politica monetaria necessario per ridurre l’inflazione, il ritiro dei sostegni fiscali in un contesto di debito elevato ed eventi meteorologici estremi.
Si prevede infine che l’inflazione diminuirà costantemente a livello globale, dall`8,7%. nel 2022 al 6,9% nel 2023 e al 5,8% nel 2024. Ma le previsioni per il 2023 e il 2024 vengono riviste in aumento rispettivamente di 0,1 punti percentuali e 0,6 punti percentuali, e non si prevede un ritorno dell’inflazione agli obiettivi stabiliti fino al 2025, nella maggior parte dei casi.
Ma le ultime previsioni del Fondo Monetario Internazionale delineano uno scenario preoccupante sia sul versante dell’economia reale, con un tasso di disoccupazione che l’anno prossimo tornerà a salire, sia su quello della finanza pubblica, con il rapporto debito/Pil, il più alto d`Europa, che scende al rallentatore.
Secondo le previsioni, il tasso di disoccupazione italiano, vale a dire il rapporto tra numero di disoccupati e la forza lavoro, dall`8,1% del 2022 quest’anno calerà al 7,9% per poi tornare a risalire all`8% nel 2024.
Più ombre che luci anche sul versante della finanza pubblica. Se il fabbisogno netto, la misura più usata del deficit, quest’anno si collocherà al 5% del Pil per calare al 4% nel 2024, ancora decisamente sopra la soglia europea del 3%, per il colossale debito pubblico italiano il rientro stimato è ancora più lento: dal 144,4% del Pil registrato lo scorso anno al 143,7% previsto per quest’anno al 143,2 stimato nel 2024. Una dinamica sulla quale poche ore fa la stessa Banca d`Italia ha mostrato la sua preoccupazione. Secondo via Nazionale il miglioramento previsto nel prossimo triennio è marginale e ciò espone i conti pubblici ad un rischio. “L’elevato rapporto tra il debito e il Pil è un serio elemento di vulnerabilità: riduce gli spazi di bilancio per far fronte a possibili futuri shock avversi, espone il Paese al rischio di tensioni sui mercati finanziari, aumenta il costo del debito per lo Stato, le imprese e le famiglie”, ha detto infatti lunedì Sergio Nicoletti Altimari, capo del dipartimento economia e statistica di Bankitalia, ascoltato in Parlamento sulla Nadef appena presentata dal Governo, che aggiorna il programma di finanza pubblica.
e.m.