L’inizio a tardo pomeriggio, poi la sospensione dopo quattro ore di riunione e il rinvio a questa mattina per meglio approfondire con i tecnici le questioni presentate al tavolo. Ma il punto di caduta dell’incontro tra Governo e sindacati sull’ex Ilva di Taranto sono i 6.000 lavoratori in cassa integrazione a partire dal 1 gennaio 2026. Un annuncio che ha fatto scattare i sindacati.
Nel dettaglio, il nuovo piano illustrato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, prevede la realizzazione di un piano di decarbonizzazione in quattro anni, “nel più breve tempo possibile con mantenimento della continuità produttiva così da consentire all’Italia di diventare il primo paese europeo a produrre solo acciaio green”.
Sul fronte vendita, oltre che con Bedrock Industries e Flacks Group, il ministero fa sapere che sarebbero in corso negoziati con un altro operatore estero ma ”segreto”. A tal proposito è stato firmato un accordo di riservatezza (NDA) e attivato l’accesso alla data room nel corso della scorsa settimana ,per avviare una prima ricognizione finalizzata ad eventuali manifestazioni di interesse. L’incontro operativo di venerdì scorso è stato positivo, cui è seguita ulteriore richiesta di chiarimenti, si legge. Secondo quanto scrive Il Sole 24 ore, nelle scorse settimane ci sarebbero stati contatti con Qatar Steel.
Dal 15 novembre sarà necessario attivare un nuovo piano operativo a “ciclo corto” che comporta una rimodulazione dell’assetto produttivo del complesso aziendale. In particolare: dal 1 gennaio 2026 è previsto il fermo di produzione delle batterie di cokefazione n. 7-8-9-12, e da metà gennaio l’avvicendamento tra AF04 e AF02 (un solo altoforno per un periodo di circa 20 giorni). La rimodulazione dell’attività produttiva richiederà l’incremento del ricorso alla cassa integrazione, che passerà da 4.550 a circa 5.700 unità con integrazione del reddito. Dal 1 gennaio, con la fermata delle batterie di cokefazione, si arriverà a 6.000 unità.
Il governo, con il supporto della regione Puglia, per consentire la pronta attuazione del piano di decarbonizzazione, garantirà l’immediata disponibilità di risorse finanziarie necessarie alla realizzazione dell’investimento per l’impianto DRI in quattro anni. Infine, il governo sta lavorando per garantire all’impianto DRI e alla centrale termoelettrica una fornitura di gas via condotte terrestri a prezzi competitivi.
“Il Governo ci ha presentato di fatto un piano di chiusura – ha detto il leader della Fiom-Cgil, Michele De Palma – ci sono migliaia di lavoratori che finiscono in cassa integrazione e non c’è un sostegno al rilancio e alla decarbonizzazione. Contrasteremo la scelta del Governo in tutti i modi possibili”.
Il numero uno della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano, ha affermato che “abbiamo avuto la sorpresa da parte del Governo di collocare in cassa integrazione altre 1.200 lavoratori. Questa cosa per noi è inaccettabile, deve essere ritirata. Ci presenteremo ai lavoratori illustrando la situazione e decideremo le iniziative”.
Il segretario generale della Uilm-Uil, Rocco Palombella, ha aggiunto che “abbiamo deciso, consapevolmente e con grande responsabilità, di interrompere il confronto e ascoltare i lavoratori. Le proposte presentate sono inaccettabili. Utilizzano i lavoratori per fare cassa”.
Per parte propria, il Governo esprime “rammarico” per il fatto che la proposta di proseguire il confronto sull’ex Ilva “non sia stata accettata dalle organizzazioni sindacali”. L’esecutivo, riferisce una nota di Palazzo Chigi, “conferma in ogni caso la disponibilità a proseguire l’approfondimento di tutti gli aspetti e anche dei rilievi più controversi, sollevati dalle stesse organizzazioni sindacali alle proposte avanzate dal Governo per la gestione operativa dell’azienda in questa fase transizione”.



























