“La battaglia del ritorno alla scrivania è finita” sentenziano i giornali americani. Ma chi l’ha vinta? Il dopo-Covid impone “tutti ai loro posti, in ufficio” o “ci sentiamo da casa”? Il problema riguarda solo una parte dei lavoratori, in buona sostanza quelli che stanno dietro una scrivania o simili: tranvieri, idraulici, infermiere, ad esempio, non possono, per ora, permettersi di partecipare. Ma è una fetta massiccia del mondo del lavoro e destinata a crescere ancora. Dove staranno, dunque, quegli impiegati nei prossimi anni, a casa o in ufficio?
Nelle ultime settimane, si sono moltiplicati, anche negli Usa, i segnali di un ritorno all’antico. Jamie Dimon, capo di una grande banca mondiale come Morgan Chase, proclama che è il momento di smetterla con questa storia. Un gigante della logistica, come Ups, intima ai suoi dipendenti di venire in ufficio cinque giorni a settimana. Anche la grande Ibm, tempio dell’informatica. minaccia di licenziare chi non si fa vedere
Ma è una illusione ottica. Dell’Ups vedremo. Intanto, però,Dimon strepita, ma solo i dirigenti, alla Morgan Chase, vanno in ufficio cinque giorni a settimana. Gli altri, tre. Idem all’Ibm: anche qui si accontentano, in effetti, di metà settimana di presenza. La realtà, dicono i sondaggi, è che solo sei amministratori delegati di grandi aziende su 158 faranno del ritorno in ufficio una priorità nel 2024. Gli altri sono rassegnati ad un mondo in cui mischiare casa e ufficio è la norma. Il futuro si chiama, dunque, contratto ibrido: un po’ a casa, un po’ in ufficio. Due boss su tre pensano di offrire ai propri dipendenti un contratto di questo tipo nel 2024. Già oggi, a New York, il 65 per cento dei lavoratori va in ufficio non più di tre o quattro giorni. A San Francisco, la capitale dell’high-tech, a dicembre scorso il totale di giorni di presenza in ufficio risultava diminuito del 53 per cento rispetto a prima del Covid. A New York, dove il lavoro è più tradizionale, meno, ma il numero di volte in cui uno si fa vedere in ufficio è comunque diminuito del 20 per cento.
Considerando tutta la forza lavoro – e non solo quella da scrivania – in America si va in ufficio quasi un giorno e mezzo in meno, rispetto a prima del Covid. In Europa ci sono meno dati, ma anche da questa parte dell’Atlantico, considerando la totalità dei lavoratori, si va, in media, in ufficio circa (0,8) un giorno in meno del 2019. Il risultato è che il contratto ibrido è la grande novità sindacale nei prossimi anni e la partita si giocherà sulla presenza effettiva in ufficio. Secondo i dati dell’Ifo, un centro studi tedesco, mediamente, in Europa gli impiegati, in media, chiedono di lavorare da casa un giorno in più di quanto vorrebbero concedere le aziende.
Già oggi, comunque, anche in Europa, la geografia degli uffici sta cambiando. Più sale da riunione, meno scrivanie. In ogni caso, meno spazio. L’imperativo è evidente anche in Italia. A Milano, la Deutsche Bank aveva 2.100 scrivanie, distribuite su 37 mila metri quadri. Oggi, ne occupa solo un terzo. Ha quindi deciso di ridurre del 40 per cento la dimensione dei suoi uffici. Bnp ha messo in affitto 4 dei 27 piani della sua sede. Unicredit ha fatto lo stesso con una intera torre. mentre, contemporaneamente, riduceva da 26 a 1 le sue sedi cittadine. In generale, nel mondo bancario, si calcola che le presenze in ufficio siano scese del 60 per cento.
Non è solo questione da geometri e sindacalisti. L’edilizia commerciale è una parte determinante dell’industria delle costruzioni che, a sua volta, è uno snodo decisivo del mondo finanziario. I grandi progetti di edilizia non residenziale vengono realizzati a credito e l’utilizzazione degli edifici, in quanto tale, è la garanzia più frequente di quel credito. Secondo 24ore, l’anno scorso gli investimenti immobiliari, in Italia come in Europa, sono diminuiti del 74 per cento, in nome della riutilizzazione degli spazi vuoti. Ma quel che non si riutilizza non dà reddito e perde valore: quei mutui ballano sotto gli occhi delle banche. Per ora, la situazione appare sotto controllo. Ma, in America, dove la situazione è simile, due banche di medie dimensioni hanno fatto crac, perché si sono svuotati i beni immobiliari che garantivano i loro crediti. Chiamiamolo il lato oscuro dello smart working.
Maurizio Ricci