Si sta ponendo in tutta Italia la drammatica alternativa che ha tanto angustiato Taranto. Cosa è peggio, si sono chiesti a lungo gli abitanti della città pugliese, morire di cancro o di fame? Il problema è posto provocatoriamente in questi termini, ma non è poi tanto distante dal vero. Il dubbio era quello, se premere per far chiudere l’acciaieria, e mettere in difficoltà l’economia della città tutta intera, o invece desistere, resistere al male, alle polveri sottili, in definitiva al cancro. Con mille difficoltà i tarantini hanno scelto la soluzione meno invasiva, che cercava di tenere in piedi gli impianti costringendo però l’azienda e le istituzioni a mettere un blocco all’inquinamento, con la bonifica necessaria, anche se molto costosa. Poi non è andata proprio così, gli impianti, più o meno continuano a funzionare (e a inquinare), mentre la depurazione va a rilento.
Tanto più drammatica l’alternativa per tutta l’Italia, costretta a chiedersi se sia meglio frenare a tutti i costi il Coronavirus o invece attenuare certi rigori, nel caso consentendo alle imprese di funzionare. Le massime autorità delle regioni del Nord, almeno le più produttive, si sono schierate per la chiusura dell’apparato produttivo. Chiudete le aziende, hanno chiesto al governo, l’isolamento è l’unica carta forse vincente, non esitiamo. Atteggiamento duro, che è stato contestato dalla Confindustria. Vincenzo Boccia ha chiesto che invece alle imprese fosse consentito di continuare a lavorare, pur nel massimo rispetto per la sicurezza, degli impianti e dei lavoratori. Le ragioni degli uni e degli altri erano forti, difficili da contestare.
Alla fine è prevalsa la via della ragione o quella che tale sembra essere. Gli impianti continueranno a funzionare, ma con un grande rigore verso la salvaguardia della salute di chi è in prima linea, nel caso chi lavora sulle linee produttive. Chiudere tutto poteva essere una soluzione, ma metteva il paese a grave rischio economico. Non si trattava nel caso di salvaguardare o meno il capitale, gli interessi degli industriali, ma di mantenere l’efficienza produttiva del paese. Una chiusura non si sa quanto lunga avrebbe portato inevitabilmente un deterioramento dell’immagine dell’Italia e soprattutto avrebbe messo a rischio i rapporti con le aziende estere con le quali normalmente siamo in contatto. E soprattutto si trattava di non mettere a rischio l’esistenza di tante, tantissime piccole aziende. Perché una grande (ma anche una media azienda) ha un rapporto per lo più consolidato con i propri partner commerciali e può forse permettersi di chiudere i battenti per qualche limitato tempo, certa di poter riprendere, passata la bufera, normali rapporti con tutti. Ma le piccole e piccolissime aziende che lavorano per le grandi aziende avrebbero corso un rischio forte, quello di non farcela a sopravvivere, attendendo la fine del periodo nero. Il tessuto imprenditoriale sarebbe stato esposto a gravi rischi, forse troppo grandi per superarli.
Adesso il problema sembra superato, anche se le richieste di chiusura generalizzata delle aziende industriali continuano forti. I sindacati dei metalmeccanici per esempio hanno chiesto ripetutamente di bloccare tutte le aziende produttrici. Sono state spinte a questo dal fatto che tante imprese non sembrano aver compreso la drammaticità della situazione e di conseguenza non hanno approntato tutte le misure di sicurezza necessarie per i dipendenti. Non è un caso del resto se ci sono stati degli scioperi spontanei dettati dalla paura del contagio e dall’incertezza sulle misure assunte dalle imprese. Scegliere in questi casi non è mai facile, perché, come si diceva, gli interessi in discussione sono molto alti, rilevanti per tutto il paese. Ma la soluzione migliore non può che essere quella di adottare il massimo rigore per tutti i casi in cui è in pericolo la salute dei lavoratori, ma distinguere i casi consentendo a chi assicura il rispetto delle norme emanate di continuare a produrre. Le autorità, sanitarie in primo luogo, a questo devono servire, a vigilare assicurando la massima garanzia e a intervenire drasticamente quando questa non è assicurata.
Comunque il paese sembra tenere bene, l’impatto con l’epidemia, la pandemia come ormai ci ha detto l’Oms, è stato assorbito bene, gli italiani sembrano aver capito il rischio che tutti stiamo correndo. Non è facile cambiare drasticamente le abitudini e gli stili di vita. Ma lo stiamo facendo senza troppi drammi. E per questo ha fatto bene il governo che ha preso provvedimenti anche drastici, ma dosandoli nel tempo, facendo abituare le persone all’idea di cambiare vita, portandole alle novità non con lentezza, che non c’è stata, ma con un ritmo che consentiva di farlo senza strappi troppo dolorosi. Poi, è evidente, tutto dipenderà dal tempo che sarà necessario per uscire dalla crisi. Il fattore tempo è decisivo, per quanto riguarda la pazienza delle persone come la resistenza dell’economia. Una crisi lunghissima ci metterebbe comunque in ginocchio, se riusciamo a uscirne in tempi ragionevoli ce la possiamo fare. Il fatto che in Cina il virus abbia abbassato drasticamente la sua forza ci aiuta a sperare.
Massimo Mascini
Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).
l diario del lavoro ha fatto il punto sulle ricadute economiche e sociale del coronavirus attraverso una serie di interviste e articoli.
Il direttore del Diario del lavoro, Massimo Mascini, ha intervistato Mario Mantovani, presidente della Cida, la confederazione dei dirigenti pubblici e privati. Mantovani sottolinea l’atteggiamento positivo con cui si è fatto fronte negli uffici e nelle fabbriche all’emergenza in corso. Non ci sono state chiusure a catena, né licenziamenti in massa. Sono stati usati gli strumenti esistenti per evitare i danni più forti. Emanuele Ghiani ha intervistato Massimo Dapporto, presidente dell’ApTI, Associazione per il Teatro Italiano. Dapporto spiega le difficoltà che tutto il settore sta attraversando, colpito duramente dal coronavirus, tra assenza di regole e artisti che faticano ad andare avanti. Sempre Ghiani ha intervistato Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi. Giannelli fa il punto sulle misure che il sistema scolastico ha adottato nell’organizzazione del lavoro per fronteggiare la chiusura delle scuole. Tommaso Nutarelli ha intervistato Donatella Prampolini, vicepresidente di Confcommercio. Prampolini traccia il quadro del settore del commercio, alla luce degli ultimi provvedimenti presi dal governo, ritenendo giusta la decisione di chiudere le attività, e sottolineando come i 25 miliardi messi in campo potrebbero non bastare. Sempre Nutarelli ha intervistato Andrea Filippi, segretario generale della Fp-Cgil Medici. Filippi valuta positivamente la decisione del governo di assumere 20mila persone, tra medici e infermieri, e il rafforzamento delle forniture di strumenti specifici per contenere il contagio, e chiede al più presto una cabina di regia nazionale per coordinare gli sforzi. Infine, sempre Nutarelli ha intervistato Luigi Giove, segretario generale della Cgil Emilia-Romagna. Giove fa il punto sulle conseguenze del contagio nella sua regione e nel resto del paese. E sulla chiusura della attività produttive dice: “se continueranno a garantire la salute dei lavoratori vadano pure avanti, altrimenti chiudano”.
Nunzia Penelope fa il punto sulla situazione di pericolo in cui vive la maggior parte delle fabbriche metalmeccaniche: mentre in Italia si affermava lo slogan ‘’io resto a casa’’, il dramma di chi invece a casa non poteva restare, dei ‘’dannati del virus’’, come appunto i lavoratori metalmeccanici, e’ stato per diverse settimane il tema del tutto rimosso dal dibattito politico. E questo malgrado molte fabbriche rischiassero di trasformarsi in una sorta di bomba infettiva, troppo spesso prive di prevenzione adeguata e impreparate a gestire l’emergenza. Finché non ci hanno pensato i primi scioperi spontanei a imporlo all’attenzione.
Massimo Mascini ci parla dell’intesa tra Confindustria Lombardia e le Regioni del Nord per non chiudere le aziende chimiche. Federchimica saluta con grande interesse l’accordo, sottolineando come la produzione andrà avanti, sempre nel rispetto della sicurezza e delle norme igieniche.
Contrattazione
Questa settimana è stato firmato il contratto nazionale dell’area delle funzioni centrali. Il testo contiene la spinta alla ripresa delle progressioni di carriera dei professionisti e al principio di stabilità e autonomia dei dirigenti attraverso la clausola di salvaguardia. Sono state introdotto anche nuove clausole giuridiche. I sindacati dei metalmeccanici e CNHi hanno sottoscritto un’intesa quadro su investimenti e riorganizzazione per gli stabilimenti.
Analisi
Roberto Polillo spiega come per affrontare l’emergenza del coronavirus, attraverso una gestione centralizzata delle risorse umane.
Alessandra Servidori sottolinea la necessità di un intervento collettivo dell’Unione Europea per far sì che i singoli prevedano una comune politica sanitaria.
Il guardiano del faro
Marco Cianca indica nella concordia quella medicina capace di tenere insieme le persone in momenti come questi. Il Buon Governo di Ambrogio Lorenzetti, dipinto dieci anni primi che la peste nera portasse via l’artista senese e milioni di altre persone, insegna proprio questo.
I blog del Diario
Giuliano Cazzola esprime le proprie perplessità sulla tenuta economica, e non solo, del paese, dopo la decisione da parte del governo di trasformarlo in una zona rossa.
Paolo Pirani spiega come in un momento così delicato per la vita del paese sia giusto mettere da parte individualismo e calcoli personali per ritrovare il senso più profondo (ed utile) di comunità.
Massimo Fiaschi sottolinea la fortuna di essere italiani ai tempi dell’emergenza sanitaria. Infatti il nostro sistema sanitario ha mantenuto una promessa, unico tra i sistemi di tutto il mondo: tutelare la salute di tutti come diritto fondamentale dell’individuo.
Diario della crisi
Semitech, azienda che si occupa di installazioni telefoniche, ha annunciato la chiusura e il licenziamento di tutti i dipendenti. La decisione è stata formalizzata con una lettera inviata a Fim, Fiom e Uilm. Il 19 marzo previsto un tavolo di confronto presso il ministero del Lavoro.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare il testo del DPCM dell’11 marzo 2020, il rapporto dell’Istat sule mercato del lavoro nel IV trimestre del 2019, i prezzi alla produzione nell’industria e la produzione industriale. Ancora, è presente la congiuntura dell’Ufficio studi di Confcommercio per il mese di marzo. Infine, è possibile vedere l’iniziativa #ILLAVOROCONTINUA sulla piattaforma Youtube, un ciclo di webinar informativi sui temi più attuali del lavoro utili per gestire le riorganizzazioni aziendali nelle situazioni di crisi, promossi dall’associazione confederale Cifa e il sindacato Confsal.