Gli industriali hanno il loro nuovo presidente. Il consiglio generale ha scelto Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda, la forte associazione milanese, preferendolo a Lucia Mattioli. La votazione ha dato a Bonomi 138 voti dei 168 a disposizione, mentre la sua contendente ha avuto il consenso di 60 consiglieri. La vera elezione del nuovo presidente avverrà solo il 20 maggio, nella sede dell’assemblea, ma il risultato si può dare per acquisito perché non è mai accaduto un ribaltamento delle indicazioni venute dal voto del consiglio confederale.
I numeri dell’elezione danno un primo segnale di grande importanza per il futuro della confederazione. I predecessori di Bonomi, Giorgio Squinzi e Vincenzo Boccia, erano stati infatti eletti rispettivamente quattro e otto anni fa con una distanza minima rispetto al loro antagonista: il primo vinse per 11 voti, il secondo appena per 9. In tutti e due i casi di trattò in pratica di un pareggio che segnalò come la Confindustria fosse divisa in due parti, nettamente distinte tra loro, tanto da indebolire pesantemente i nuovi presidenti, che infatti si sono sempre scontrati con un’opposizione forte e non disposta a cedere le armi. La loro azione è stata per questo motivo molto difficile, perché non avere l’appoggio di tutti coloro che si rappresenta comporta un grave handicap. Bonomi ha superato questo ostacolo: eletto da due terzi di coloro che ne avevano diritto (e tutti indistintamente hanno partecipato al voto) può parlare tranquillamente a nome di tutti gli industriali, forte del loro appoggio.
Difficile dire quanto le precedenti spaccature abbiano influito sulla capacità di Confindustria di incidere sulla realtà economica e politica del paese, ma è un dato di fatto che negli ultimi anni la rappresentanza degli industriali è andata perdendo progressivamente forza e centralità nel paese. Ha agito molto bene come lobby, nel senso che la difesa degli interessi materiali della classe industriale sono stati difesi strenuamente dall’apparato confederale e i risultati sono apparsi evidenti e pesanti ogni volta che il paese ha dovuto decidere sul proprio futuro economico. Le leggi di bilancio sono state i teatri nei quali per lo più si è combattuta questa battaglia ed è facile affermare che la Confindustria ne è uscita sempre molto bene.
Ma la presenza di Confindustria non si può fermare qui, perché questo sarebbe una rinuncia al ruolo politico importante che la confederazione ha sempre svolto diventando preciso punto di riferimento nei momenti di difficoltà. In questi anni politicamente Confindustria è uscita di scena, ignorata e colpita duramente dalla classe politica. La disintermediazione, ossia la decisione di fare a meno del concerto con le parti sociali del paese ad opera della politica, è nata proprio in questi anni ed è anche il frutto della perdita di centralità negli equilibri del paese subita dagli industriali.
Questa diminuzione di ruolo non sarebbe importante se comportasse solo meno convocazioni nella Sala verde di Palazzo Chigi. Il punto è che in questo modo la Confindustria non ha svolto una vera azione a difesa della cultura industriale, che dovrebbe essere invece il primo compito di una rappresentanza degli interessi della classe industriale. Non c’è stata cultura industriale in questo paese, e nemmeno il ruolo dell’impresa in quanto tale è stata difeso come doveva esserlo. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Certo, non è stato solo il diminuito ruolo di Confindustria a determinare le difficoltà del paese, caduto nella trappola del sovranismo, ma certamente ha pesato il fatto che Confindustria non si sia levata contro il peggioramento del clima politico che si stava determinando. In altre occasioni questa difesa c’è stata, altri presidenti hanno alzato la voce quando è stato necessario perché la cultura di industria e di impresa correva il rischio di essere negletta. Negli ultimi anni questa voce non si è levata.
Adesso la situazione potrebbe cambiare. Bonomi non ha fatto mistero, nel corso della lunga campagna elettorale che ha portato avanti da almeno un paio d’anni, del suo disappunto per il tramonto del ruolo centrale della confederazione. È sempre stato fedele all’impegno di sostenere il presidente di turno, ma non ha mai nascosto il desiderio che Confindustria tornasse a rivestire un ruolo più politico. Non sarà un compito facile, perché la politica ha subìto una pericolosa involuzione e non sembra pronta ad ascoltare una proposta diversa da quella, in verità assai minima, portata avanti in questi anni. Ma a maggior ragione, proprio perché la politica mostra la sua debolezza e a volte non sembra in grado di rispondere alle esigenze del paese, tanto più è un bene che ci sia chi ancora crede nell’opportunità di portare avanti battaglie di bandiera. Le prime parole espresse dal prossimo presidente subito dopo la sua indicazione fanno sperare che Bonomi non verrà meno a questo difficile impegno.
Poi Bonomi avrà un altro compito, in verità assai complesso, quello cioè di ricompattare il fronte imprenditoriale. Se il dialogo con il sindacato si è svolto abbastanza bene negli ultimi tempi, il rapporto con le altre associazioni imprenditoriali non ha brillato. C’è da dire che se Confindustria non si è spesa molto per allacciare rapporti con artigiani, commercianti, cooperatori, nemmeno le associazioni di queste categorie hanno fatto molto per arrivare a un avvicinamento. Forse è possibile arrivare a un coordinamento più stretto, a una collaborazione che vada al di là del buon vicinato. Le basi per un rapporto più stretto ci sono, proprio perché la politica mostra una debolezza che rischia di influire pesantemente sul futuro del paese, e sarebbe da salutare con grande favore un’azione finalmente decisa da parte di tutte le forze sociali.
E questa azione di recupero Bonomi dovrebbe tentarla anche nei confronti delle aziende che in questi anni hanno lasciato la confederazione. Quando la Fiat, allora si chiamava ancora così, lasciò la Confindustria, fu forte il timore che quell’abbandono fosse solo l’inizio di una disfatta, che un effetto domino travolgesse l’intera costruzione confindustriale. Così non è stato, anche se qualche altro abbandono importante c’è stato. I numeri dicono che Confindustria è sempre più forte, che le aziende associate sono 150mila e più, questo è vero, ma è anche vero che la partita politica si gioca essenzialmente con le grandi realtà aziendali, quelle che danno la forza necessaria per mostrare i muscoli al momento opportuno. I motivi di fondo per cui Fiat uscì da Confindustria, soprattutto quelli di natura sindacale, attinenti alle relazioni industriali, in realtà non ci sono più e forse anche Fca potrebbe avere interesse a schierarsi con il resto dell’industria italiana. Sanare quello che per Confindustria fu un vero vulnus sarebbe un risultato di grande spessore politico.
Massimo Mascini
Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).
Contrattazione
Questa settimana, nel comparto automotive, CnhI ha sottoscritto un accordo, con i sindacati di categoria, sulle linee guida in merito al contrasto al Covid-19. Le principali misure del testo riguardano la igienizzazione e la sanificazione degli ambienti, il distanziamento sociale, il mantenimento dello smart working, la dotazione di mascherine, la misurazione delle temperature prima di accedere al sito e tutele per i soggetti più vulnerabili. Anche la Marelli ha siglato un accordo quadro contenere misure in merito alla salute e sicurezza contro il coronavirus. Nell’intesa, inoltre, si stabilisce il ricorso alla cassa integrazione e il principio della rotazione. Fincantieri ha firmato un’intesa per prorogare la cassa integrazione. L’azienda ha comunicato ai sindacati che la ripresa delle attività nei cantieri/sedi avverrà con modalità progressive e con una pianificazione caratterizzata da accentuata gradualità mantenendo, in una prima fase, una significativa presenza di attività in smart working. Nella cantieristica navale, Ferretti Group ha sottoscritto un protocollo per la gestione e il contrasto della pandemia. Tra i punti dell’accordo, spiegano i sindacati di categoria, anche un confronto costante tra le parti per modificare l’organizzazione e l’orario di lavoro secondo le esigenze. Abi e sindacati hanno raggiunto un accordo per l’uso delle prestazioni ordinarie del Fondo di solidarietà di settore per la gestione della riduzione dell’attività lavorativa legata alla diffusione del coronavirus, alla luce delle misure di sostegno introdotte con il decreto Cura Italia. I sindacati di categoria e le parti datoriali hanno firmato il protocollo del settore lapideo per la fase due. Il testo indica le misure preventive anti-contagio da adottare nelle 3.000 aziende del settore. In vista della ripresa sono previsti nuovi modelli produttivi e organizzativi, relazioni industriali partecipative e la possibilità di dar vita a un comitato tecnico/scientifico. Infine anche Electrolux ha siglato un protocollo per la gestione dell’emergenza Covid-19. Il documento prevede la distribuzione dei DPI, misurazione della temperatura e igienificazione e sanificazione degli ambienti, e rimodulazione dell’organizzazione e dell’orario di lavoro.
Interviste
Il direttore de Il diario del lavoro, Massimo Mascini, ha intervistato Giovanna Bellezza, responsabile delle relazioni industriali di Tim. Bellezza spiega come nel corso dell’emergenza Tim non si sia mai fermata, garantendo la salute e la retribuzione dei lavoratori, con un ampio ricorso allo smart working, e un dialogo costante e proficuo coi sindacati. Sempre Mascini ha intervistato Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia. Baretta afferma come l’emergenza abbia fatto crescere un nuovo modello di contatti, fatto di relazioni industriali molto più cogenti, che richiederanno una grande assunzione di responsabilità. Il tratto distintivo di questa nuova stagione sarà la partecipazione, in fabbrica come nella società, tra le parti sociali e con il governo.
Nunzia Penelope ha intervistato Pietro De Biasi, responsabile delle relazioni industriali del gruppo Fca. De Biasi spiega i contenuti dell’accordo con i sindacati che consentirà il riavvio della produzione in condizioni di sicurezza per i lavoratori. Nell’intesa, supervisionata dal virologo Burioni, nessun elemento “rivoluzionario” ma esperienza e pragmatico buon senso. E milioni di mascherine prodotte in proprio.
Tommaso Nutarelli ha intervistato Silvia Marinari, Responsabile Risorse Umane, Organizzazione e Affari Generali di Terna. Marinari spiega come la sua azienda ha gestito la pandemia, attraverso nuovi modelli organizzativi e la salvaguardia della salute dei lavoratori, con un raffronto costante e proficuo coi sindacati, improntato al pragmatismo. Sempre Nutarelli ha intervistato Serena Sorrentino, segretaria generale della Funzione Pubblica della Cgil. Sorrentino afferma che, nonostante le criticità croniche, il comparto pubblico abbia retto l’urto della pandemia. Per ripartire, afferma, si dovranno rafforzare gli investimenti, puntando sulle persone e le loro competenze.
Emanuele Ghiani ha intervistato Piero Ragazzini, segretario generale della FNP-Cisl. Ragazzini afferma che, dopo il lockdown, sarebbe inutile e crudele discriminare gli anziani e tenerli a casa più a lungo. Sempre Ghiani ha intervistato Daniela Piras, segretaria nazionale della Uiltec. Per Piras, grazie ai recenti accordi nel settore Moda e Ceramica, i lavoratori avranno più garanzie e tutele al rientro in azienda, ma la strada verso la ripresa è ancora lunga e il sindacato deve essere presente e vigilare in questo periodo di transizione.
Analisi
Luigi Giove spiega come, in vista della fase due, si dovrà abbandonare la logica dei codici Ateco, e contrattare l’organizzazione del lavoro azienda per azienda, anche se è necessario avere certezza della definizione di un quadro di carattere nazionale.
Maurizio Ricci afferma che, al di là dei 36 miliardi che potrebbero essere utilizzati per rilanciare l’economia, l’adesione al Mes garantirebbe all’Italia la protezione totale della Bce nei confronti della speculazione che potrebbe colpirci.
Roberto Polillo sottolinea come i sistemi sanitari di gran parte dei paesi hanno mostrato una estrema fragilità nei confronti della diffusione del coronavirus. Per questo la gestione dell’epidemia deve puntare su servizi territoriali, telemedicina e prevenzione.
Aldo Amoretti e Bruno Perin lanciano l’idea di una forma di rappresentanza per gli ospiti delle residenze per anziani e le loro famiglie, dove gli effetti dei virus sono stati tra i più catastrofici.
Sul Diario del lavoro un articolo di Roberto Ghiselli ha aperto il dibattito sul ruolo dei fondi pensione e del loro possibile uso per la ripresa. Sul tema hanno dato il loro contributo Walter Cerfeda, Giuliano Cazzola, Luigi Agostini e Marcello Malerba.
Il guardiano del faro
Marco Cianca spiega come la pandemia stia abbattendo ogni nostra certezza, economia e sociale. L’idea che una volta passata si potrà tornare alla vita di prima sta svanendo. Dovremo pensare a un mondo nuovo, del quale tutti saremo responsabili.
I blog del Diario
Gaetano Sateriale afferma la necessità di un Patto per uscire dalla crisi. E quando le forze politiche non ce la facevano a rappresentare i bisogni prioritari del Paese, lo fanno insieme le forze sociali e le istituzioni di Governo. Agli inizi degli anni 90 si chiamava “concertazione”, oggi la si può chiamare come si vuole.
Alessandra Servidori sottolinea il ruolo e l’importanza delle donne nella gestione della pandemia, sul piano economico, ma anche e soprattutto a livello internazionale.
Tommaso Nutarelli afferma come la politica nostrana sembra essere affetta da un’incapacità decisionale, che la porta a scaricare ogni responsabilità sulle spalle del tecnico di turno.
Paolo Pirani spiega che la sconfitta del virus deve darci la spinta, non tanto per cullare l’illusione che tutto torni come prima, non sarà così, quanto per ritrovare le ragioni di un impegno forte in grado di ricostruire, di andare avanti in un percorso che dia nuovamente fiducia e impedisca nuove diseguaglianze.
Giuliano Cazzola ricorda Luciano Pellicani, deceduto pochi giorni fa. Pellicani è stato docente universitario, sociologo, storico, e a lungo direttore di Mondoperaio.
Diario della crisi
I sindacati di categoria hanno indetto per il 20 aprile uno sciopero dei lavoratori di Ama, che hanno denunciato gravi eventi lesivi della sicurezza e incolumità dei dipendenti. La Filt-Cgil di Torino ha proclamato lo sciopero per i lavoratori dello stabilimento Amazon di Torrazza Piemonte, dopo che sono venuti alla luce quattro casi di addetti contagiati dal Covid. Il sindacato chiede all’azienda maggiore chiarezza.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare i dati Istat sui prezzi al consumo e le stime sul commercio con l’estero e i prezzi all’import. È inoltre presente la Congiuntura Flash e la nota sulle misure in Usa e Europa per l’occupazione di Confindustria. Infine è presente il testo dell’accordo di Fca per il dopo lockdown, il testo dell’accordo del comparto lapideo per la fase due e il rapporto sui consumi del I trimestre del Centro Studi di Confcommercio.