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Home - In evidenza - Bayer manda in soffitta il cartellino e abbraccia il lavoro agile

Bayer manda in soffitta il cartellino e abbraccia il lavoro agile

di Tommaso Nutarelli
26 Febbraio 2021
in In evidenza, La nota
Bayer manda in soffitta il cartellino e abbraccia il lavoro agile

Bayer abbandona la logica del cartellino, per imboccare la strada della responsabilità e della fiducia nei confronti dei lavoratori. È questa la filosofia dell’accordo che la multinazionale farmaceutica ha sottoscritto con i sindacati di categoria, Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil, e che di fatto introduce il lavoro agile senza limiti.

Il documento, che entrerà in vigore dal 1° aprile e vedrà una fase di sperimentazione che si concluderà il 31 dicembre di quest’anno, prevede una gestione flessibile dell’orario di lavoro e dei luoghi, lasciando liberi i colletti bianchi di svolgere la propria prestazione da casa o di recarsi in azienda. Con il cartellino messo definitivamente in soffitta, gli obiettivi diventano la bussola per la performance lavorativa, riconoscendo grande autonomia, e conseguente responsabilità ai lavoratori.

“L’accordo – afferma Maria Luisa Sartore, responsabile delle risorse umane e delle relazioni industriali per l’Italia – abbandona la logica del cartellino, e quindi del controllo, per imboccare la strada della responsabilità e dei risultati. La pandemia ha imposto un’accelerata consistente ai cambiamenti nell’organizzazione del lavoro, come lo smart working, senza, tuttavia, arrivare all’improvviso. Il lavoro agile – prosegue Sartore – è infatti uno strumento e una pratica che alla Bayer è già presente dai tempi dell’Expo, per motivi di carattere logistico, poi riconfermato con l’accordo del 2018. Una modalità che, all’inizio, ha incontrato una certa resistenza, soprattutto da parte dei manager”.

“Il lavoro agile – spiega Sartore– presuppone un cambio di paradigma e cultura significativo nella gestione del personale e della performance lavorativa. Venendo meno la presenza fisica, il rischio è quello di uno sfilacciamento dei rapporti e delle relazioni tra i colleghi e con il responsabile di riferimento. Le survey interne, che abbiamo condotto sin dall’introduzione del lavoro da remoto, hanno dimostrato il contrario. Non solo la produttività o si è mantenuta costante o è cresciuta, ma anche il livello di engagement e di partecipazione non è venuto meno. Un percorso fatto di piccoli passi, che abbiamo sempre concordato con il sindacato, all’insegna di relazioni industriali partecipative e fondate sul confronto”.

Soddisfatta anche Livia Raffaglio, della Uiltec Milano Lombardia con delega al settore chimico-farmaceutico, che sottolinea l’importanza dell’accordo. “L’intenzione è quella di rendere lo smart working non solo una misura legata all’emergenza e uno strumento di conciliazione tra vita e lavoro, ma una modalità strutturale all’interno dell’organizzazione aziendale. L’auspicio è che la logica di questo accordo possa essere seguita anche nel rinnovo del contratto nazionale di categoria”.

“Ovviamente – precisa Raffaglio – quando parliamo di lavoro agile non intendiamo una giornata lavorativa senza inizio e fine. Le 40 ore settimanali vengono mantenute e abbiamo previsto il diritto alla disconnessione. Quello a cui puntiamo non è solo una maggiore flessibilità, ma anche una pianificazione più accurata dell’orario di lavoro. Per intenderci, le riunioni dovranno svolgersi, preferibilmente, tra le 9 e le 12 e le 14 e le 17, in fasce orarie in grado di coniugare le esigenze aziendali con quelle personali. L’attenzione viene inoltre posta anche sul benessere dei lavoratori. Nell’accordo, infatti, sono previste delle pause durante riunioni o incontri da remoto, particolarmente lunghi, e l’azienda, sul richiesta del dipendente, è chiamata a fornire sedie e tastiere ergonomiche, oltre a tablet e pc. Siamo anche riusciti a inserire i famigerati buoni pasto, perché se è vero che il dipendente non deve sostenere più le spese per recarsi fisicamente in azienda, è altrettanto vero che con il lavoro agile altri costi crescono, come il riscaldamento, l’energia e il cibo”.

“Infine –  aggiunge Raffaglio – un altro capitolo centrale è quello della formazione. Siamo consapevoli che lo smart working richiede un cambio di impostazione rilevante, perché impone lo sviluppo di soft skills e di competenze digitali al passo con le trasformazioni tecnologiche. La sfide più grande è quella di rendere costantemente appetibili e occupabili i lavoratori.

Tommaso Nutarelli

Tommaso Nutarelli

Tommaso Nutarelli

Giornalista de Il diario del lavoro.

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