Prosegue il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro italiano sia riguardo al tasso di occupazione (61,6%) sia per la mancata partecipazione (21,6%), ma la distanza con la media europea non si riduce. È quanto emerge dal rapporto Istat sul benessere equo e sostenibile.
In particolare, alcuni indicatori di qualità del lavoro evidenziano un miglioramento soprattutto con riferimento all’incidenza dei lavoratori con bassa paga (-0,3 punti percentuali), alla permanenza in lavori instabili (+2,9 punti di occupati in lavori stabili) e ad aspetti soggettivi, legati all’insicurezza per il proprio posto di lavoro (-1,2 punti percentuali nella quota di occupati che temono di perdere il lavoro o di non poterne facilmente trovare uno simile).
Anche la quota di coloro che si ritengono molto soddisfatti del proprio lavoro rimane stabile al valore del 2015, comunque superiore a quello del 2014; i punti di forza e di debolezza sono in stretta relazione con la tipologia lavorativa e con il regime orario.
Andamenti diversificati si registrano nell’evoluzione delle differenze di genere: il gap tra uomini e donne si riduce per quanto riguarda la permanenza in lavori instabili e la bassa retribuzione, mentre si amplia per la quota di occupati sovraistruiti. Costante, ma in ulteriore divaricazione rispetto alla media Ue, la quota di occupati in part-time involontario, che si colloca poco al di sotto del 12% e rimane particolarmente elevata tra le donne (19,1% contro 6,5% per gli uomini).
Per la componente femminile segnali di difficoltà provengono anche dal rapporto tra il tasso di occupazione delle donne con figli piccoli e quello delle donne senza figli che, dopo cinque anni di aumento, torna a diminuire (da 78% a 76%) a seguito di una riduzione del tasso per le prime e di un aumento per le seconde.
Per gli stranieri tutti gli indicatori di qualità mostrano un miglioramento superiore a quello dei cittadini italiani, riducendo un gap che resta comunque molto elevato.
E.M.

























