“No ai licenziamenti repressivi effettuati in Turchia”. Lo dichiarano in un comunicato congiunto Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil, riferendosi al licenziamento in tronco dei “colleghi turchi perché manifestavano e chiedevano all’Ibm il riconoscimento dei diritti sindacali”. Ricordano che in Turchia un sindacato per essere riconosciuto in un dato ambito aziendale, deve avere tra i propri iscritti almeno il 50%+1 dei dipendenti dell’azienda. In Ibm Turchia i lavoratori iscritti al sindacato, sottolineano sempre Fim, Fiom e Uilm, sono più del 70%. “Nonostante questo – continuano – Ibm non ha voluto riconoscere la rappresentanza sindacale”. I dipendenti hanno quindi risposto con la manifestazione e questo “è bastato per farli licenziare, anche perché in Turchia non c’è l’equivalente dell’art.18”. “Protestiamo con forza – ribadiscono i sindacati dei metalmeccanici – contro questa violazione di un elementare diritto civile”. Chiedono infine che siano ritirati i provvedimenti repressivi nei confronti dei colleghi turchi e rivendicano il diritto di esistenza e di organizzazione sindacale nella Ibm a livello internazionale. (FRN)
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