Entra in vigore dall’1 gennaio in Cina la legge che riforma il mercato del lavoro. Dal 2008 saranno quattro le rappresentanze sindacali autorizzate a negoziare le politiche salariali e occupazionali con le aziende pubbliche e private: la cellula aziendale del Partito Comunista, il sindacato ufficiale Afctu (All China Federation of Trade Unions) e altre due organizzazioni dei lavoratori. In questo modo il mercato cinese potrebbe avvicinarsi notevolmente a quello europeo dato che le aziende straniere, finora operanti in piena autonomia, dovranno confrontarsi con i nuovi sindacati. Ma in generale tutte le imprese affronteranno cambiamenti: la maggior parte dovranno rivedere le proprie politiche di risorse umane, a cominciare dai trattamenti nei rapporti di lavoro subordinato. Viene introdotto l’obbligo di regolarizzare le assunzioni a un mese dal loro inizio e di retribuire equamente le ore di straordinario, mentre si riduce il periodo di prova: per i contratti superiori a sei anni non potrà essere superiore a sei mesi. Abbreviata a due anni la durata dei patti di non concorrenza. Diventano inoltre più rigide le norme sui contratti, dato che le aziende sono chiamate a dichiarare se si tratta di un’occupazione a tempo determinato o indeterminato, offrendo inoltre il posto fisso a tutti gli addetti con oltre dieci anni di servizio o con due periodi di prova a termine. In Cina fino al 1994 il mercato del lavoro non era praticamente regolamentato ma adesso, secondo gli osservatori internazionali, sarà necessario verificare la reale applicazione della riforma e l’efficacia dell’azione di controllo. (Edn)
Quotidiano online del lavoro e delle relazioni industriali
Direttore responsabile: Massimo Mascini
Vicedirettrice: Nunzia Penelope
Comitato dei Garanti: Mimmo Carrieri,
Innocenzo Cipolletta, Irene Tinagli, Tiziano Treu