Dopo lo sciopero nazionale degli artigiani, che si è svolto venerdì 6 luglio, si continua a discutere sull’ipotesi di unificare i contratti di settore. Gianni Baratta, segretario confederale della Cisl, cosa ne pensa?
Fare un contratto unico in questo momento è molto complicato. L’artigianato comprende numerosi settori, che fanno capo a federazioni diverse; è impensabile inquadrare lavoratori meccanici, chimici, edili e tessili in un solo contratto. In poche parole, un parrucchiere non può avere lo stesso trattamento di un artigiano metalmeccanico.
Allora come si può intervenire?
Possiamo operare una semplificazione. Unificare rinnovi diversi, che si riferiscono a un’unica federazione, sarebbe ragionevole e rappresenterebbe già un primo risultato. Se ci sono le condizioni per accorpare alcuni contratti, noi non siamo certo contrari.
Serve qualcosa per smuovere anche le relazioni industriali?
Il modello contrattuale dell’artigianato, con il doppio livello negoziale, è obiettivamente molto interessante. Ma il problema è che le relazioni non si evolvono: i contratti non si rinnovano in tempo e quindi tutto il sistema risulta in ritardo.
Qual è il motivo?
Le associazioni sono in polemica con il Governo. C’è un forte contrasto su alcuni temi, come gli studi di settore, e stanno utilizzando la leva dei contratti per raggiungere obiettivi politici. Questo è inaccettabile.
Cosa suggerisce?
Abbiamo già chiesto al Governo di avviare un tavolo di confronto nazionale, ci auguriamo che parta entro la fine di luglio. In quella sede le associazioni saranno chiamate a scegliere: se mantenere un sistema di relazioni forti o continuare a usare i rinnovi come arma di contrattazione politica.
E in quel caso?
C’è il rischio di aumentare gli scioperi e rendere i rapporti con i sindacati sempre più conflittuali.
Emanuele Di Nicola

























