Silvano Miniati, segretario generale Uil Pensionati, parliamo di pensioni privilegiate. Incominciamo dalle cifre. Si può sapere quante sono?
No. La cifra esatta è un mistero.
Mistero gaudioso, per chi le prende il primo di ogni mese. Ma approssimativamente?
Si arriva ben oltre le trentamila.
Come suddivise?
Poche altissime, corrispondenti a contribuzioni altissime su altissimi stipendi. Poi, la grande quantità di quelle che senza violare la legge ma attraverso un’interpretazione furbesca della legge, qualche provvidenziale leggina o altrettanto provvidenziale circolare raggiungono un livello non coerente con i contributi effettivamente versati. Fino a ritrovarsi una pensione pari al 100% dell’ultimo stipendio.
In quali settori funzionano questi meccanismi?
Non pochi, e ben conosciuti. Negli organi costituzionali, dai dipendenti del Quirinale a quelli della Corte costituzionale. Per i dipendenti delle Camere, della Banca d’Italia, delle Authority, delle Regioni, dei vertici della pubblica amministrazione. In tutti quei luoghi che hanno forza e possibilità di convincere, diciamo così, il potere politico.
Può citare qualche caso esemplare?
La Regione Sicilia.
E come tutto questo avviene, tecnicamente?
I modi non mancano. Dai versamenti aggiuntivi negli ultimi mesi di lavoro al trasferimento ad altre posizioni previdenziali.
Quale logica presiede a un tale sistema?
La logica della ricerca del consenso. Il consenso si paga, in varie forme, e le pensioni privilegiate sono una forma di pagamento.
Si può anche fare una, come chiamarla, carriera pensionistica dal basso vero l’alto?
Certamente, ed è abbastanza diffusa. Hai un impiego, e uno stipendio che si traduce in una determinata pensione. Vieni trasferito, poniamo, ad una Authority, con annesso balzo di stipendio e pensione, ma quella precedente continua a progredire grazie ai contributi figurativi. Oppure diventi consigliere regionale, o deputato, o senatore, il meccanismo non cambia. Laddove, poi, si legifera partecipi direttamente a fissare la tua pensione, in brevi, brevissime sedute sempre concluse con voto unanime.
Con questo sistema si allarga sempre più la forbice delle disuguaglianze.
Sì, e servono a poco le misure sostanzialmente simboliche, come il contributo straordinario del 3% sulle pensioni più alte stabilito dalla Finanziaria.
Come se ne esce?
Il problema è quello di togliere a qualsiasi – qualsiasi – cittadino la possibilità di decidere la propria pensione. E, intanto, d’incominciare a mettere ordine. Da tempo la Uil Pensionati ha proposto l’istituzione di un “codice previdenziale unico”. Uno strumento simile al codice fiscale, su cui venga accreditato e da cui risulti ogni tipo di contribuzione previdenziale di ogni cittadino, e solo quello che è contenuto nel codice determina l’ammontare della pensione.
Il movimento sindacale dovrebbe farsi carico di queste ingiustizie, e impegnarsi ad abolirle?
Indiscutibilmente.
Ma una campagna del genere avrebbe possibilità di successo?
Credo di sì, specie se sorretta da un forte movimento di opinione pubblica.
Il mondo politico si farà convincere?
Bisogna far capire ai politici che lo scandalo è intollerabile e il tempo è scaduto.
Leopoldo Meneghelli

























