1. Massimo Di Menna, segretario generale Uil Scuola, qual è la sua reazione alla proposta di Epifani di destinare ad investimenti per scuola, università, formazione, ricerca la parte di Tfr che la Finanziaria trasferisce all’Inps?
Fatte salve le buone intenzioni, vedo una sorta di scarsa praticabilità:
1. il Tfr è salario differito dei lavoratori; le risorse per l’istruzione devono derivare dalla fiscalità generale, possibilmente equa;
2. la gestione Inps andrebbe differenziata tra assistenza e previdenza per evitare oneri impropri; difficilmente si potrebbe introdurre un’ulteriore finalità;
3. le risorse aggiuntive per la scuola devono prioritariamente riconoscere e valorizzare il lavoro del personale, incentivando l’impegno, poiché una delle criticità per una buona scuola è quella rappresentata dalle basse retribuzioni. E’ utile rilanciare il dibattito sulla centralità del sapere, occorrerebbe però un impegno per interventi graduali e concreti.
2. Dice Epifani che su questi investimenti si gioca il futuro del Paese. Che lei condivida è fuori di dubbio, ma ci si può chiedere: se è vero, perché, prima di un sindacalista, non ci ha pensato il Governo?
Bisognerebbe chiederlo al Governo, anche se siamo abituati al ritornello da parte della politica sulla centralità del sapere e su scelte di politica economica, quando cioè si tratta concretamente di mettere mano al portafoglio, restrittive e di contenimento della spesa.
C’è stata un’eccezione virtuosa che abbiamo ricordato a Prodi nel corso del recente incontro: la scelta del precedente Governo Prodi, quando nel patto per lo sviluppo e per il lavoro, in un momento non facile, si trattava di entrare in Europa, ci fu l’impegno, mantenuto, di investimenti per 3 mila miliardi per la scuola.
La scelta di questo Governo Prodi è diversa da quella di quel Governo Prodi e, francamente, non mi pare migliore.
3. Verso quali problemi e situazioni dovrebbero essere indirizzati gli investimenti?
Riconoscere il lavoro delle persone, valorizzando l’impegno professionale, dotare di moderni strumenti di supporto per la didattica le scuole, favorire il recupero della dispersione e puntare sulla qualità dei risultati, anche con borse di studio, favorire esperienze di formazione lavoro.
Prevedere defiscalizzazione per le spese di autoaggiornamento e per gli acquisti di libri, riviste, spesso la stessa carta per le fotocopie o inchiostro per stampanti.
Serve un piano pluriennale di adeguamento delle risorse per l’istruzione rispetto al Pil tale da raggiungere la media dei Paesi Ocse.
Ricordo sempre che la priorità è una scelta politica del Paese, condivisa dalle forze sociali.
Il primo Governo laburista di Blair conquistò la maggioranza dei consensi con un programma elettorale chiaro: “Education, education and education”.
E’ da ciò, da una politica forte per il sapere, che possono derivare scelte concrete di migliore utilizzo ed efficacia delle risorse, non certo da una politica che dal ministero dell’Economia considera le scuole una sede su cui concentrare il contenimento della spesa.
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