Betty Leone, segretario generale Spi Cgil, l’intesa sul sistema previdenziale raggiunta fra Governo e Cgil, Cisl, Uil fissa gli obiettivi e indica le basi si un negoziato che si aprirà a gennaio, così scongiurando il rischio che il tema pensioni entri nella Finanziaria. Considera positivo questo tipo di intesa?
Senza dubbio l’intesa è positiva perché permette di affrontare il tema del sistema previdenziale al di fuori del clima di emergenza che caratterizza da anni la discussione della legge finanziaria. Speriamo che questo renda possibile affrontare anche il problema della perdita costante del potere d’acquisto delle pensioni che, a fronte dell’invecchiamento della popolazione, inciderà sempre di più sulla domanda interna del Paese.
Gli incontri che hanno portato all’accordo di massima sono stati gestiti dalle segreterie confederali. In quale misura lo Spi Cgil ha contribuito alla trattativa? Condivide il metodo?
La segreteria confederale ci ha tenuto costantemente informati dello sviluppo della discussione con i tecnici del ministero ed ha sostenuto i contenuti della piattaforma unitaria del sindacato dei pensionati. Mi sembra un buon metodo, perché la riforma delle pensioni coinvolge interessi dei lavoratori e dei pensionati e la segreteria confederale li può rappresentare entrambi, evitando dannosi conflitti. Naturalmente quando, come è scritto nell’intesa, si discuterà del reddito dei pensionati saremo presenti alla trattativa, come è stato già concordato con le confederazioni.
E condivide i contenuti? Quali sono le prospettive realistiche del negoziato che si svolgerà fra gennaio e marzo?
I principi contenuti nell’intesa sono quelli che hanno ispirato da sempre l’azione sindacale. Si tratta tuttavia di enunciazioni assai generali, compatibili con soluzioni assai diverse; è difficile quindi prevedere l’esito del negoziato. Certamente non sarà un negoziato semplice perché bisognerà trovare un equilibrio tra l’obiettivo governativo di contenere la spesa previdenziale e il dato demografico che evidenzia un costante aumento della popolazione anziana. E’ evidente che, se il numero dei pensionati cresce e la quota del Pil ad essi destinata diminuisce, il risultato sarà un impoverimento di questa popolazione con effetti negativi sulle condizioni di vita delle famiglie e sull’economia italiana. Credo che sarà necessario agire contemporaneamente sul sostegno alla contribuzione dei lavori discontinui e precari e sull’uscita flessibile dal mercato del lavoro per favorire un prolungamento volontario della vita lavorativa.

























