Avete indicato come esigenza prioritaria l’introduzione del “made in …” obbligatorio per tutti i prodotti importati nella UE. Richiesta avanzata anche, a livello nazionale, da associazioni imprenditoriali e organizzazioni sindacali. Perché la giudicate necessaria ed essenziale?
Per quanto riguarda l’etichettatura di origine dei prodotti e la loro tracciabilità, la posizione della Regione Toscana, espressa più volte alla Commissione, è che dovrebbe essere emanata una normativa europea che renda obbligatoria un’etichetta di provenienza di qualunque capo di abbigliamento commercializzato all’interno dell’UE. Questo per consentire all’acquirente di compiere una scelta consapevole e per evitare che prodotti realizzati, in parte o completamente, in Paesi terzi possano godere anche del vantaggio di immagine derivante dal patrimonio di immagine e di qualità propri del made in Italy o degli altri Paesi europei. Inoltre, deve essere sviluppata una forte azione comune contro la contraffazione, interna ed esterna all’UE.
Avete parlato anche di clausola di salvaguardia e procedure antidumping?
Le imprese europee sono gravate da oneri aggiuntivi, rispetto alle imprese dei Paesi terzi, connessi al raggiungimento di standard elevati, in materia di tutela ambientale e del lavoro.
Non si tratta semplicemente di tutelare le imprese europee rispetto ai concorrenti esteri (o localizzati all’estero), ma di rimuovere il dumping, che ha effetti distortivi sulla concorrenza. Ma anche e soprattutto, di affermare su scala globale quei principi di civiltà che costituiscono ormai un patrimonio comune in Europa. L’eliminazione dello sfruttamento del lavoro minorile, l’affermazione del diritto di rappresentanza dei lavoratori da parte di libere organizzazioni sindacali ed il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo, sono condizioni necessarie per sostenere uno sviluppo di qualità e la coesione sociale nel nostro e negli altri Paesi.
Questo auspicio – che in realtà appare qualcosa di più – espresso a Mandelson di un maggior impegno della UE a far adottare in tutti i Paesi, e quindi anche in Cina, standard di tutela del lavoro e dei lavoratori, di norme sociali ed ambientali che vadano nella direzione di uno sviluppo sostenibile. Ritenete che, anche in presenza di più forti pressioni europee, sia questo un obiettivo realisticamente raggiungibile in Cina, se non su un troppo lungo periodo?
Sì, e la Regione Toscana in questo senso è all’avanguardia, grazie anche all’apporto sostanziale dell’Unione Europea. In questi ultimi anni abbiamo finanziato con oltre 25 milioni di euro un percorso per le imprese utile alla loro certificazione di responsabilità sociale, con lo standard SA8000. Oggi i nostri territori sono ai vertici mondiali: sono infatti già un centinaio le imprese toscane certificate contro circa 600 nel resto del mondo. Devo dire che si tratta però di un lungo processo culturale, sul quale è giusto investire denaro e attenzione ma che purtroppo non potrà dare che risultati a lungo termine. Va riconosciuto comunque alla Commissione l’impegno svolto per fare pressioni sui Paesi terzi affinché contribuiscano all’eliminazione del dumpig sociale ma anche di quello ambientale.
In quale quadro di relazioni fra le Regioni e la UE si inserisce questo vostro rapporto diretto con la Commissione europea?
Schematicamente, la posizione della Regione Toscana, peraltro condivisa dalla stragrande maggioranza delle regioni d’Europa, si richiama al principio che vuole che siano le istituzioni più vicine alla vita ed alle esigenze dei cittadini ad individuare le azioni necessarie per conseguire i risultati migliori, sia nel campo dello sviluppo economico locale che dei servizi, per favorire la qualità della vita e l’integrazione tra popoli e persone. Purtroppo, in questi anni i Governi nazionali hanno esercitato una funzione frenante. Alla Commissione, abbiamo inoltre chiesto condizioni di reciprocità negli scambi, nel quadro di una liberalizzazione del commercio internazionale, mediante una riduzione dei picchi daziari a valori non superiori al 15%, accompagnata da una concreta rimozione delle barriere non tariffarie, da concordare nell’ambito del negoziato previsto dall’agenda di sviluppo di Doha. Abbiamo anche chiesto, inoltre, la revisione del Sistema di preferenze generalizzate (Spg), escludendo dalla sua applicazione quei Paesi, in particolare i grandi esportatori di tessile-abbigliamento, il cui accesso al Spg non appare in alcun modo giustificato alla luce delle effettive dinamiche di mercato.
Qual è la posizione della Regione Toscana nel dibattito sul futuro dei fondi strutturali dopo l’allargamento dell’Unione?
La Regione Toscana ha condiviso la proposta della Commissione uscente, presieduta da Romano Prodi, di fissare il bilancio dell’Unione a 1,24 del Pnl comunitario, preservando così la politica di coesione per tutti i territorio dei 25 Paesi. In tal senso ha aderito al II Memorandum nazionale, che ha visto tutte le Regioni, le forze sociali ed economiche e le istituzioni coese intorno ad una base negoziale comune.
Gli esiti negativi del vertice di Bruxelles dello scorso giugno, così come la proposta di compromesso della presidenza del Lussemburgo, sono preoccupanti e non ci soddisfanno. Su un piano politico, perché si è evidenziata palesemente la crisi dell’Unione, e rispetto alla quale il ruolo delle Regioni viene messo fortemente in discussione; e sul piano delle prospettive, perché, raggiunto un condivisibile e auspicato risultato di garantire alle regioni italiane del futuro ob.1 un flusso di risorse pressoché eguale all’attuale, il sacrificio delle regioni del Centro-Nord, tra cui la Toscana, potrebbe divenire non sopportabile.
Il documento presentato a Mandelson è pienamente condiviso dalle parti sociali, ed è una condivisione che sembra essere strategica. Questo può valere anche rispetto ad altre questioni che pesano sulle vostre produzioni manifatturiere, per esempio il costo del lavoro?
L’incontro con Mandelson è stato positivo perché per la prima volta ha consentito uno scambio franco e approfondito fra tutti gli interessati, parti sociali incluse. E il messaggio del commissario europeo è stato chiaro: l’Europa deve presentarsi unita se vuole vincere la battaglia della concorrenza non solo asiatica sui mercati. La strada da seguire per realizzare l’unità non può esser che quella di vedere, tappa dopo tappa, quali sono i settori sui quali di volta in volta è possibile l’intesa. Tutte le questioni sono dunque aperte, e saranno affrontate in pieno spirito di collaborazione.
La posizione inglese ha dei margini di condivisione ma anche di ambiguità, perché la diatriba tra la revisione strutturale della Pac e la posizione di privilegio inglese sul suo contributo al bilancio comunitario potrebbe prospettare una netta riduzione delle politiche regionali per le regioni “non arretrate”, cioè quelle dell’attuale ob.2. Con conseguenze preoccupanti sul futuro delle politiche di sviluppo regionali anche nazionali.
Nei prossimi mesi la Regione Toscana, insieme a quelle del Centro-Nord, adotterà le necessarie ed opportune iniziative per garantire un futuro certo alle politiche regionali di sviluppo che possa essere garantito da un livello adeguato di risorse, che le Regioni, con lo Stato, hanno fissato nella proposta originaria della Commissione.
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