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Il Diario del Lavoro

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Home - Approfondimenti - Analisi - Una legge delega di soli aggiustamenti

Una legge delega di soli aggiustamenti

5 Febbraio 2002
in Analisi

Paola Bozzao – Ricercatrice di diritto del lavoro presso la Facoltà di Scienze Politiche, Università di Roma, La Sapienza

 1. Interrompendo una tendenza oramai consolidatasi nel corso degli ultimi anni, la legge finanziaria per il 2002 non ha introdotto – con la sola eccezione dell incremento delle pensioni minime per gli ultrasettantenni – innovazioni di particolare rilievo in materia previdenziale (per un primo commento v. Sica, La previdenza leggera in attesa del Collegato, in Dir. prat. lav., 2002, 69).
Ciò si spiega in ragione della pressochè contestuale presentazione di un disegno di legge delega per la riforma del sistema previdenziale (approvato dal Consiglio dei Ministri il 20 dicembre 2001), con il quale il Governo è stato delegato ad emanare entro un anno dall entrata in vigore della nuova legge misure dirette, da una parte, ad incentivare la permanenza in servizio dei lavoratori più anziani, nonchè la creazione di nuova occupazione con carattere di stabilità; dall altra, a sostenere e favorire lo sviluppo della previdenza complementare.
Deve fin d ora evidenziarsi come lo schema di provvedimento in esame non introduca innovazioni sull assetto strutturale della disciplina pensionistica ad oggi delineata dal legislatore, soprattutto a seguito della riforma introdotta con la c.d. legge Dini. Si tratta, piuttosto, di una prima risposta alle crescenti sollecitazioni rivolte al nostro Paese dalla Commissione Ue, al fine di accelerare l’attuazione della riforma delle pensioni, tenere sotto controllo la spesa previdenziale e sviluppare adeguatamente il pilastro della previdenza complementare.

Le innovazioni contenute nel disegno di legge delega si limitano ad introdurre, infatti,  una serie di aggiustamenti ritenuti dal Governo, nel complesso, socialmente accettabili ed economicamente sopportabili, seppure con una stima di spesa tutt altro che leggera, avendo la Ragioneria Generale dello Stato prospettato un costo della mini-riforma pari a 9 miliardi di euro; ciò a fronte dell incrementale livello di spesa pensionistica registrato nel corso degli ultimi anni con riferimento soprattutto ai c.d pensionamenti anticipati (la relazione sui primi nove mesi del 2001 che il Consiglio di amministrazione dell’INPS ha approvato il 13 novembre scorso evidenzia, infatti, un incremento delle richieste di pensioni di anzianità pari al 28,5%, mentre la crescita effettiva di questo tipo di trattamento rispetto al corrispondente periodo dell’anno scorso è stata pari 20,4 per cento).  
Da qui, dunque, la previsione di misure volte, in primo luogo, a differire il momento del collocamento a riposo dei lavoratori più anziani, incentivandone economicamente la permanenza in servizio e garantendo nel contempo l intangibilità della posizione pensionistica fino a quel momento maturata.

2. Movendo proprio dall analisi di quest ultima misura, non può qui non segnalarsene il carattere eminentemente politico, essendo evidente l intento governativo di arginare l insorgenza di un clima di incertezza e paura generato dalla introduzione di nuove riforme in materia previdenziale, destinate ancora una volta ad incidere negativamente sulle posizioni pensionistiche in itinere. 
L art. 1, co. 2, lett. a) del disegno di delega riconosce così al  lavoratore che abbia maturato i requisiti per la pensione di anzianità tempo per tempo vigenti nel regime previdenziale di appartenenza il diritto di ottenere, da parte dell Ente previdenziale di appartenenza, la certificazione della propria posizione previdenziale.
Tale previsione, accolta dalla stampa e dai primi commentatori nei termini della garanzia dei c.d. diritti quesiti (Magri, La previdenza nella Finanziaria e nella legge delega, in Guida al lavoro, 2002, 1, VI), è stata oggetto di un enfasi forse eccessiva,  rinvenendo tale garanzia un esplicito riconoscimento già all interno delle più recenti innovazioni legislative, nonchè di consolidati pronunciamenti del nostro giudice delle leggi.
La delicatezza e la complessità della materia ne impediscono, in questa sede, una esauriente trattazione.
Può qui solo evidenziarsi come la Corte Costituzionale abbia costantemente riconosciuto al legislatore la possibilità di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti (Corte cost. n. 390/95). Tuttavia, tali provvedimenti legislativi modificativi del trattamento pensionistico in precedenza previsto, che possono intervenire in una fase avanzata del rapporto di lavoro, ovvero quando addirittura è subentrato lo stato di quiescenza, non possono essere introdotti senza un inderogabile esigenza, in misura notevole e in maniera definitiva (Corte cost. n. 349/85). Il legislatore quindi, nell esercizio del suo potere discrezionale, può modificare la disciplina pensionistica al fine di contenere la spesa pubblica e così salvaguardare l equilibrio del bilancio dello Stato (sentt. n. 119/91; n. 240/94; n. 99 e 390/95; n. 417/96), nei limiti peraltro di una equa ponderazione tra le ragioni dell equilibrio di bilancio e quelle dei destinatari delle prestazioni previdenziali  (sent. n. 211/97).   
Il canone della razionalità normativa con riferimento al diritto garantito dall art. 38, co. 2, della Costituzione ove, come è noto, si riconosce al lavoratore il diritto di vedersi garantiti mezzi adeguati alle esigenze di vita, al verificarsi di determinati eventi   impone però il rispetto di una condizione essenziale , data dalla necessità che tali disposizioni, le quali, inevitabilmente, incidono su una fattispecie (quale quella pensionistica) a formazione progressiva, non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, che costituisce elemento fondamentale e indispensabile dello Stato di diritto (Corte cost. n. 349/85 e, tra le altre, n. 390/95; n. 211/97;  n. 416/99).
Deve nello stesso senso rilevarsi che gli interventi legislativi introdotti negli ultimi anni, pur innovando significativamente il regime previdenziale con riferimento tanto alla modifica  dei requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici (di vecchiaia e di anzianità), quanto alla riforma del sistema di calcolo retributivo (d.lgs. n. 503/92) ed alla introduzione di quello contributivo (l. n. 335/95), siano stati sempre caratterizzati da una mitigazione degli effetti peggiorativi delle riforme con riguardo alle pregresse posizioni assicurative in itinere, realizzata attraverso la previsione di un graduale regime transitorio, con particolare rispetto delle posizioni pensionistiche dei lavoratori oramai prossimi al pensionamento. Il legislatore non ha, quindi, mancato di predisporre di volta in volta un adeguata tutela a favore di quei soggetti le cui aspettative, maturate durante l iter di formazione progressiva del diritto al trattamento pensionistico, hanno raggiunto un elevato livello di consolidamento. Si tratta, dunque, di previsioni normative volte al coordinamento dei regimi nuovi con quelli precedenti, in modo da evitare la vanificazione di aspettative già legittimamente createsi in capo agli assicurati prossimi alla maturazione del diritto al trattamento pensionistico.
L istituto della certificazione risponde, in sostanza, alla medesima ratio della garanzia della certezza del diritto al trattamento previdenziale, che potrà liberamente essere esercitato dal lavoratore in qualsiasi momento successivo alla data di maturazione dei requisiti di cui sopra, indipendentemente da ogni diversa previsione legislativa . Il legislatore, in sostanza, si autovincola a limitare il proprio spazio di intervento con riguardo a tali lavoratori, per garantire i soggetti oramai prossimi al pensionamento da eventuali futuri blocchi ai pensionamenti anticipati, sulla linea di una esperienza già conosciuta all interno del nostro ordinamento previdenziale.

3. Una volta riconosciuta al lavoratore, attraverso lo strumento della certificazione, la immodificabilità della propria posizione pensionistica ed il riconoscimento del non vincolato esercizio del relativo diritto, il legislatore vi affianca  la previsione di un sistema volontario di incentivi contributivi al rinvio del pensionamento, nonchè di un trattamento fiscale agevolato.
Procedendosi sul percorso, avviato dal nostro legislatore nel corso degli ultimi anni, della c.d. individualizzazione delle tutele previdenziali (Cinelli, Politiche dell occupazione e flessibilità previdenziale, in Riv. it. dir. lav., 2000, I, 45; Giubboni, Flessibilità e diritto della previdenza sociale. Spunti ricostruttivi, in Riv. giur. lav., 1999, 580), si riconosce al lavoratore che abbia maturato i requisiti per la pensione di anzianità la possibilità di optare o per la prosecuzione dell attività lavorativa con le ordinarie regole previdenziali, o per l applicazione di particolari incentivi fiscali e contributivi (art. 1, co. 2. lett. b).
La norma ricalca, seppure con alcune significative innovazioni, la previsione contenuta nell art. 75 della l. n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001).
In particolare, si provvede a confermare l incentivo economico riconosciuto a tutti i lavoratori (e, quindi, non solo ai dipendenti del settore privato) che abbiano maturato i requisiti minimi di età e di contribuzione richiesti per l accesso al trattamento di anzianità (individuati, come è noto, nella tabella B allegata alla l. 8 agosto 1995, n. 335, come modificata dalla tabella C allegata alla l. 27 dicembre 1997, n. 449. Per una puntuale analisi dei complessi contenuti dell art. 75, l. n. 388/2000, v. Lebra, Incentivi all occupazione dei lavoratori anziani dopo la finanziaria 2001 , in Riv. prev. Pubblica e privata, 2001, 1, 185 e, con riferimento al d.m. 23 marzo 2001, concernente le modalità attuative di tale norma, v. ancora Id., Il rinvio della pensione di anzianità, ivi, 4, 131), che liberamente optino per l applicazione di uno speciale regime contributivo, consistente nella totale esenzione dal versamento contributivo a carico sia del datore di lavoro che del lavoratore: tali contributi dovranno cioè essere destinati al lavoratore in misura non inferiore al 50% , mentre la parte rimanente è destinata alla riduzione del costo del lavoro.
Sotto questo profilo, la nuova previsione è volta a rendere maggiormente appetibile il ricorso a tale strumento incentivante, riconoscendosi al lavoratore una maggiorazione economica superiore rispetto a quella riconosciuta dall art. 75 della l. n. 388/2000, che limita l incremento retributivo alla misura corrispondente alla rinuncia dell accredito contributivo relativo all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti a carico del lavoratore (pari all 8,89% della retribuzione). Rimane confermata la riduzione del costo del lavoro a vantaggio della controparte datoriale: ed infatti, alla rinuncia dell accredito contributivo a carico del lavoratore consegue altresì il venir meno di ogni obbligo di versamento contributivo per l assicurazione obbligatoria I.V.S. da parte del datore di lavoro, fermo restando l assoggettamento alle altre forme contributive.
L opzione per la prosecuzione dell attività lavorativa potrà poi essere esercitata a condizione che il lavoratore si impegni, al momento in cui effettua tale scelta, a posticipare l accesso al pensionamento per un periodo di almeno due anni rispetto alla prima scadenza utile prevista dalla normativa vigente e successiva alla data dell esercizio della predetta opzione .
La previsione, destinata ad intrecciarsi con il regime delle decorrenze temporalmente differite attualmente in vigore ai fini dell erogazione della pensione di anzianità (art. 59, co. 8, l. n. 449/97), richiede quindi la contestuale, necessaria stipulazione di un contratto a tempo determinato di durata almeno biennale, a condizioni economiche almeno equivalenti e con retribuzione soggetta a tassazione separata. L opzione potrà essere esercitata piu’ volte e, dopo il primo periodo, potrà essere esercitata previo accordo tra le parti anche per periodi inferiori al biennio.
Rispetto alla previsione contenuta nell art. 75 della legge finanziaria per il 2001 devono qui evidenziarsi almeno due innovazioni, di significativo rilievo.
In primo luogo, infatti, si introduce un vincolo economico per il datore di lavoro, che sarà tenuto a garantire al lavoratore anziano impiegato con un contratto a tempo determinato un trattamento retributivo che dovrà genericamente soddisfare il requisito della equivalenza rispetto a quanto percepito nel corso del rapporto lavorativo c.d. stabile.
Inoltre, il legittimo esercizio dell opzione per periodi successivi al primo è subordinato alla esistenza di un accordo con il datore, non essendo più sufficiente la manifestazione unilaterale della volontà del lavoratore di proseguire la propria attività lavorativa con un contratto a termine. Dovrà quindi essere chiarito, in sede di attuazione della delega, se, in mancanza di tale accordo, il rapporto di lavoro si estingue, ovvero potrà nuovamente restaurarsi nella sua originaria configurazione legale (ovvero a tempo indeterminato).
Ciò che può senza dubbio rilevarsi è che la fattispecie così disciplinata dal legislatore viene a configurare una ipotesi di apposizione del termine che risponde ad una ratio legis del tutto peculiare rispetto a quella sottesa alla disciplina generale di tale tipologia contrattuale, di recente innovata ad opera del d.lgs. n. 368 del 2001.
Ed infatti il lavoratore, esclusivamente in ragione della sua consistente anzianità contributiva, viene incentivato a proseguire la sua attività lavorativa, potendo scegliere liberamente di posticipare il momento del pensionamento con esenzione totale, per il relativo periodo, dal versamento dei contributi sia a suo carico che dell azienda. Il ricorso al contratto a tempo determinato risulta quindi ammesso in presenza di una speciale causale soggettiva (lo status di lavoratore anziano), ed ha come presupposto l esercizio di una facoltà da parte del lavoratore, finalizzata al differimento dell accesso al pensionamento per un periodo minimo iniziale non inferiore al biennio, potendosi quindi ben prevedere una durata maggiore del rapporto lavorativo.
La peculiarità della ratio sottesa alla fattispecie in esame consente di configurarla, anche alla luce del nuovo assetto normativo delineato in materia di lavoro a tempo determinato, quale ipotesi di assunzione a termine autonoma ed ulteriore rispetto a quelle contemplate dal decreto in esame, come si evince altresì dalla previsione di cui all art. 10, co. 6, del d.lgs. n. 368/01, che mantiene espressamente in vigore la normativa di cui all art. 75 della l. n. 388/00.

4. Tra le misure volte al contenimento della spesa pensionistica attraverso la permanenza in servizio del lavoratore anziano va annoverata altresì la previsione con la quale si introduce la c.d. liberalizzazione dell età pensionabile (art. 1, co. 2, lett. c), ove il riconoscimento di rilevanti incentivi economici viene ora ad essere associato al differimento temporale della erogazione del trattamento pensionistico di vecchiaia.
Si riconosce così al lavoratore che abbia conseguito i requisiti per il pensionamento di vecchiaia (tanto contributivi che anagrafici) la possibilità, previo preventivo accordo del datore di lavoro, di proseguire la propria attività lavorativa, con l applicazione dei medesimi incentivi economici già illustrati  nel precedente punto 3. L esclusivo rinvio agli incentivi previsti nella precedente lett. b) necessita di un intervento chiarificatore da parte del legislatore delegato, che dovrà specificare se l esenzione dai contributi previdenziali risulterà subordinata, anche in tale ipotesi, alle ulteriori condizioni e vincoli individuati con riferimento alla diversa fattispecie ivi disciplinata.
L incentivazione della prosecuzione dell attività lavorativa è poi realizzata attraverso la previsione del progressivo ampliamento del regime di cumulo tra la pensione di anzianità ed i redditi da lavoro dipendente o autonomo, in funzione dell anzianità contributiva e dell età (co. 2, lett. d).
Quello del cumulo è, come noto, uno degli istituti più tormentati e controversi della nostra legislazione previdenziale, essendo stato oggetto, nel corso dell ultimo decennio, di innovazioni normative con cadenza più o meno biennale, con le quali si è provveduto a configurare una composita (e sovente contraddittoria) modulazione del divieto di cumulo in ragione della tipologia della prestazione pensionistica (di vecchiaia, invalidità, anzianità) e della natura del reddito percepito dal lavoratore (dipendente od autonomo).
Con particolare riferimento, per quanto qui interessa, alla disciplina del cumulo tra la pensione di anzianità ed il reddito da lavoro, deve evidenziarsi come la più rigida disciplina vincolistica previgente, caratterizzata dal susseguirsi di misure anticumulo differenti tra loro (art. 10, d.lgs. n. 503/92; d.l. n. 508/96; art. 1, co. 189, l. n. 662/96; art. 59, co. 14, l. n. 449/97), abbia nel suo complesso costituito il riflesso di una tendenza intesa ad ampliare progressivamente l ambito del divieto di cumulo tra pensione e redditi da attività lavorativa, trovando la sua spiegazione oltre che nella tendenza legislativa a disincentivare il conseguimento di una prestazione anticipata rispetto all età pensionabile…anche nella considerazione delle esigenze di bilancio…nell ambito della globale riforma del sistema previdenziale in corso di attuazione. (Corte cost. n. 416 del 1999).
Tale orientamento legislativo ha subito un significativo mutamento di rotta con l art. 72 della legge finanziaria del 2001, con il quale è stata introdotta una maggiore liberalizzazione dell istituto.
Ai fini della identificazione della normativa applicabile in materia di cumulo, il legislatore ha individuato due diverse fattispecie, in relazione alla presenza di un trattamento pensionistico di anzianità liquidato con un anzianità contributiva superiore o inferiore ai quarant anni. Nel primo caso, è stata realizzata una totale equiparazione con la pensione di vecchiaia, prevedendosi la piena cumulabilità di tale trattamento sia con i redditi da lavoro dipendente che con quelli da lavoro autonomo. Nel secondo, è stato viceversa mantenuto un doppio regime, in ragione della natura del reddito percepito dal lavoratore: così, tale pensione di anzianità rimane del tutto incumulabile con il reddito da lavoro dipendente, applicandosi viceversa un regime di cumulabilità parziale notevolmente attenuato relativamente ai redditi da lavoro autonomo (consentendosi cioè il cumulo nella misura del settanta per cento, e non più del cinquanta per cento, delle quote di pensione eccedenti il trattamento minimo, non potendo in ogni caso le trattenute superare un importo pari al trenta per cento dei redditi).
I criteri direttivi contenuti nel disegno di legge delega si muovono, dunque, all interno di un quadro normativo già ampiamente flessibilizzato, restando al legislatore un ampio ventaglio di manovre possibili tendenti alla graduale totale cumulabilità di tale prestazione pensionistica con i redditi da lavoro, tanto di tipo subordinato che autonomo.

5. L impossibilità di una trattazione esaustiva di tutte le innovative previsioni contenute nel disegno di legge delega non può esimerci, seppure in sede di primo commento, dal dedicare una breve riflessione ai criteri di cui all art. 1, co. 1, lett. e), ove si prevede la ridefinizione del trattamento previdenziale dei lavoratori iscritti alla c.d. Gestione separata dell INPS (istituita con l. n. 335/95, art. 3, comma 26 e ss.), al fine di introdurre miglioramenti per alcune prestazioni previdenziali (quali, presumibilmente, quelle connesse agli eventi della maternità e della disoccupazione).
Può in questa sede solo rilevarsi la crescente attenzione che il legislatore ha dedicato alla copertura previdenziale di tali lavoratori, anche in ragione della oramai rilevante diffusione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, con circa due milioni di soggetti iscritti alla c.d. quarta gestione INPS, istituita proprio per realizzare l espansione della tutela pensionistica, cui ha fatto seguito l espansione della tutela previdenziale per la maternità e per il carico familiare (art. 59, l. n. 449/97), nonchè di quella antinfortunistica (d. lgs. n. 38/2000. Per ulteriori approfondimenti cfr. Sandulli, Il lavoro coordinato fra disciplina civilistica e rwgime fiscale e previdenziale, in Argomenti di Diritto del Lavoro, 2001, 425).
La copertura finanziaria di tale riassetto delle tutele dovrà essere realizzata attraverso la graduale applicazione delle aliquote contributive vigenti per i lavoratori iscritti alla gestione commercianti presso l INPS (con una elevazione quindi dall attuale 13% al 16,9%), limitatamente ai lavoratori non iscritti ad altre forme di previdenza obbligatorie.
Alle misure connesse al trattamento previdenziale di tale tipologia di lavoratori autonomi si affianca l ulteriore e speculare previsione, contenuta nell art. 8 della legge delega in materia di occupazione e mercato del lavoro, con il quale il legislatore si propone di riordinare il frastagliato mondo delle collaborazioni coordinate e continuative, distinguendo  quelle stabili da quelle aventi natura meramente occasionale, e prevedendo solo per le prime sia il nuovo modello del lavoro a progetto, sia la identificazione dei criteri temporali di durata della prestazione e/o economici di ammontare del corrispettivo (art. 8, lett. c). Sul  punto v. Ghera, Nuove tipologie contrattuali e certificazione dei rapporti di lavoro, Relazione al Convegno su Una nuova disciplina della conciliazione e dell arbitrato e delle altre forme di soluzione di controversie individuali di lavoro, Roma, 31 gennaio 2002, il quale evidenzia, alla luce della recente proliferazione di varie tipologie negoziali, il crescente bisogno di certezza in ordine alla configurazione del rapporto, da realizzarsi anche attraverso il procedimento della certificazione dei rapporti di lavoro).

6. Con specifico riferimento, infine, agli incentivi proposti per favorire lo sviluppo della previdenza complementare, la delega si caratterizza per la previsione di misure volte all incremento dell entità dei flussi di finanziamento alle forme pensionistiche complementari, al quale si affianca il contestuale obiettivo di incentivare nuova occupazione con carattere di stabilità.
Soffermando l attenzione sul primo dei due profili evidenziati, deve innanzi tutto segnalarsi l importante innovazione consistente nella obbligatorietà del conferimento del trattamento di fine rapporto (TFR) maturando alle forme di previdenza complementare. Come è noto, ad oggi l integrale destinazione al fondo pensione del TFR è limitata con riferimento ai lavoratori di prima occupazione, successiva all entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993 (art. 8, co. 4), mentre per i lavoratori già in servizio a tale data la possibilità di prevedere la destinazione di tali accantonamenti a finanziamento del fondo è rimessa alle fonti istitutive su basi contrattuali. Fermo restando il principio generale, chiaramente enunciato dall art. 3, co. 4, del d.lgs. n. 124 del 1993, della libertà di adesione del lavoratore al fondo pensione, la legge delega statuisce la integrale devoluzione di tale accantonamento annuo di fine rapporto al fondo pensione con riferimento a tutti i lavoratori  che aderiscono allo stesso, non potendo più le fonti istitutive essere libere di determinare l an ed il quantum del conferimento suddetto.
La destinazione vincolata del TFR ai fondi pensione viene realizzata attraverso la previsione di misure volte ad introdurre, da una parte, forme di tutela nei confronti delle imprese e, dall altra, forme tacite di conferimento di tali risorse ai fondi stessi. Con riferimento alle prime, la obbligatoria destinazione di questa importante fonte di autofinanziamento ad un soggetto terzo rispetto alla singola realtà aziendale viene subordinata all assenza di oneri a carico delle imprese, che saranno compensati attraverso la previsione di formule facilitate di accesso al credito, di riduzione equivalente del costo del lavoro e di eliminazione del contributo relativo al finanziamento del fondo di garanzia del TFR. Sul versante del lavoratore, la previsione del conferimento dell accantonamento annuo di fine rapporto a finanziamento delle forme pensionistiche complementari è accompagnata dalla garanzia di una adeguata informazione sulla facoltà di scelta del fondo cui conferire il TFR; nella linea di valorizzazione dei c.d. fondi chiusi di categoria, si prevede che, in caso di silenzio del lavoratore in merito alla identificazione del tipo di fondo cui aderire, si provvederà al tacito conferimento dell accantonamento annuo ai fondi istituiti in base ai contratti ed accordi collettivi.
Da ultimo, la delega si preoccupa di perfezionare l unitarietà e l omogeneità del sistema di vigilanza sull intero settore della previdenza complementare, con riferimento alle forme sia collettive che individuali, nonchè di ridefinire la disciplina fiscale dell intera materia, ampliando la deducibilità fiscale della contribuzione ai fondi pensione e rivedendo in senso più favorevole il regime della tassazione dei rendimenti delle attività delle forme pensionistiche. 
La perdita , da parte delle imprese, delle risorse economiche derivanti dall accantonamento delle quote destinate al finanziamento del trattamento di fine rapporto viene ad essere compensata dal legislatore delegante attraverso l elevazione dell esenzione contributiva per la quota salariale legata ai contratti collettivi aziendali e di secondo livello (dal 3 a 4%: art. 1, co. 2, lett. g), nonchè attraverso la previsione di una riduzione degli oneri contributivi dovuti dal datore di lavoro al sistema previdenziale di base, compresa tra i 3 e i 5 punti percentuali, in caso di nuove assunzioni di particolari categorie di lavoratori con contratto a tempo indeterminato (art. 1, co. 2, lett. f), punto 3. La platea soggetta alla decontribuzione sembra peraltro ampliata, con buona probabilità, anche ai lavoratori che trasformino il contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato).
Si tratta di un operazione doppiamente costosa per le casse dello Stato, comportando non solo una immediata riduzione del gettito contributivo, ma altresì un costo futuro legato al momento della erogazione del trattamento pensionistico, prevedendosi che tale riduzione avvenga senza effetti negativi sulla determinazione dell importo pensionistico del lavoratore : con il conseguente accollo di tali oneri economici aggiuntivi da parte del regime previdenziale di appartenenza.  

 

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