Sindacati e associazioni di tutela dei migranti hanno inviato una lettera ai prefetti di Milano, Brescia, Bergamo, Lecco e Varese in materia di accoglienza dei richiedenti asilo in cui si chiede di annullare le ordinanze che sono state adottate da “molti sindaci” della Lombardia, “sulla base di un modello unico diffuso dal partito di governo in questi Comuni”.
I firmatari sono Asgi (Associazione studi giuridici sull`immigrazione), Naga (Associazione volontaria di assistenza socio sanitaria e dei diritti dei cittadini stranieri , rom e sinti ONLUS), Apn (avvocati per niente), Anolf Cisl Milano, Cgil Lombardia, Cgil Milano, Cgil Brescia, Cgil Bergamo, Uil Bergamo, Cgil Varese, Cgil Lecco, Cgil Vallecamonica-Sebino.
Le ordinanze, si spiega nella lettera, “impongono a privati e associazioni, senza alcuna ragionevole motivazione, oneri di comunicazioni ai Comuni che violano la libertà contrattuale dei privati (andrebbe addirittura comunicata la mera intenzione di stipulare un contratto di locazione) e che riguardano dati e informazioni che sono tutti già a disposizione del Comune stesso o della Prefettura, violando così il principio di diritto (e di buon senso) secondo il quale lamministrazione non può aggravare la posizione del privato con la richiesta di dati e documenti di cui può disporre semplicemente acquisendoli da altri organi dell’amministrazione”.
Inoltre “è addirittura richiesta una relazione quindicinale sulle condizioni sanitarie degli ospiti, in violazione di elementari principi di tutela della privacy”.
Nella lettera si chiede dunque ai prefetti dei Comuni coinvolti di “esercitare il potere, ad essi riconosciuto dalla legge, di annullare tali ordinanze al fine di ripristinare la legalità”.
Per i firmatari, che tramite Asgi hanno anche presentato reclamo al garante della privacy, occorre “favorire un clima di cooperazione tra le istituzioni e tra queste e le forze sociali che consenta di fare fronte all’importante esigenza di accogliere in modo diffuso e senza squilibri territoriali quanti hanno diritto di proporre domande di protezione internazionale”.
“È di tutta evidenza – affermano – che tali ordinanze non perseguono alcuna finalità di pubblico interesse ma hanno solo lo scopo di scoraggiare la cittadinanza dalla adesione ai piani di accoglienza, piegando cosi l’attività amministrativa a finalità politiche di parte”.