Siamo praticamente a metà settembre. Normalmente a questa data, negli anni in cui si approssimava il cambio di presidente di Confindustria, già si sapeva chi fosse il prossimo presidente o quanto meno si conoscevano i nomi dei due, tre, anche quattro esponenti dell’imprenditoria industriale che si preparavano a battersi nella corsa per la presidenza. Quest’anno, nulla di tutto ciò. Nulla di nulla, nonostante si stia per entrare in quella sorta di semestre bianco, tra l’autunno e l’inizio della primavera, che caratterizza il passaggio da un presidente all’altro, e che vive una sorta di sospensione delle attività, in particolare della stipula di accordi, per rispetto a chi verrà dopo e non può trovarsi con un accordo, magari programmatico e strategico, appena firmato. Ma, a oggi, non si vede in campo nessun candidato ufficiale per la guida di Viale dell’Astronomia. Chi sulla stampa si azzarda a fare nomi, (anche se per lo più il tema è ignorato) avanza delle ipotesi, sottolineando però che sono, appunto, solo tali. L’unico nome che più o meno circola sottobanco è quello di Carlo Bonomi, il presidente di Assolombarda. E tutti coloro che, per scritto o oralmente, ne fanno cenno aggiungono subito che è molto bravo, certamente il migliore, peccato che non abbia una vera azienda, e già alla guida degli industriali milanesi questa (sembra) sarebbe un’anomalia.
Un silenzio assordante, si potrebbe dire ricorrendo all’ossimoro. Che deve però far ragionare, cercando di capire i motivi che spingono i possibili papabili a titubare rispetto allo scendere in campo. Forse la carica non è ambita e, si deve credere per sillogismi, non lo è perché è Confindustria a non contare più come una volta. Un po’ pesa il fatto che le grandi famiglie di una volta, quelle che alla fine sceglievano il futuro presidente, non ci sono più o sono fuori da Confindustria, quella degli Agnelli in testa. Ma la verità forse è che non si vuole fare il presidente di Confindustria perché il peso politico che ha per decenni avuto la confederazione oggi e’ notevolmente scemato. Confindustria ha ancora, certamente, un ruolo importante come lobby, riesce a portare a casa risultati, anche di grande spessore, ma manca l’afflato politico di un tempo.
Una caratteristica, questa, che a ben vedere riguarda anche le confederazioni sindacali. Nella storia del movimento dei lavoratori c’è da sempre un andamento altalenante in cui il potere passa dalle confederazioni alle categorie (e alle organizzazioni territoriali) e viceversa. Negli anni Settanta, dopo l’Autunno caldo, erano forti le categorie; negli anni Ottanta, con la battaglia per la scala mobile, quindi per la modernizzazione del sindacato, sono invece cresciute le confederazioni, che hanno poi preso ancora più potere con la concertazione dei Novanta. Adesso, di nuovo, le confederazioni sembrano un po’ nell’angolo, mentre crescono di importanza le categorie, sempre più protagoniste in quanto negoziano i rinnovi contrattuali, e ancora di più i territori, hanno un’interlocuzione politica e difendono interessi precisi, quelli appunto del territorio che presiedono.
Ambedue le formazioni confederali, dei lavoratori e degli imprenditori, insomma, appaiono un po’ in crisi. E non potrebbe non essere così, considerando che sono le une specchio delle altre, condividendo gloria e dolori (adesso più questi ultimi). Ne è controprova l’ultimo grande accordo che Confindustria e Cgil, Cisl e Uil hanno sottoscritto nel marzo del 2018, il Patto della fabbrica. Un ottimo accordo, molto importante e pieno di indicazioni interessanti, spesso anche molto innovative, a testimonianza della complessità e serietà dell’elaborazione culturale in corso. Peccato che quell’accordo non sia mai stato attuato, almeno non nelle parti più importanti. Come del resto il Testo unico del gennaio 2014, che doveva cambiare radicalmente le relazioni industriali, e lo avrebbe potuto fare, se non fosse che è rimasto lettera morta, senza essere mai attuato. Doveva finire il Far West, ma è ancora in scena.
Tutto ciò non nasce per caso, ma è il frutto avvelenato della disintermediazione. Essere stati messi da parte dalla politica ha portato i sistemi confederali a una minore presenza sulla scena politica stessa, che a sua volta ha portato un appannamento sociale che si riscontra nei fatti. Matteo Renzi voleva sbarazzarsi dei sindacati e ci è riuscito: che poi questo non gli abbia portato fortuna, che proprio dopo lo strappo con il mondo del lavoro siano cominciati i suoi guai, è un altro affare. Importante è che lì è iniziata una parabola discendente. E non c’è stato alcun rapporto nemmeno con il governo gialloverde: non deve illudere il rincorrersi di incontri, tra Palazzo Chigi e il Viminale, degli ultimi tre mesi, alimentati solo dalla determinazione dei due partiti della maggioranza, Lega e Cinque stelle, di farsi la guerra anche su questo piano. In realtà con quel governo non c’è stato alcun dialogo. Ne fa fede quanto occorso in uno dei primi vertici a Palazzo Chigi quando Giuseppe Conte in versione giallo verde ricevette i segretari generali di Cgil Cisl e Uil e iniziò chiedendo loro cosa volessero. Questi, stupiti, gli fecero presente che era stato lui a convocare le parti a quella riunione, presumibilmente per dir loro qualcosa. E nulla di più è emerso dagli incontri successivi, a ridosso ormai della crisi della maggioranza esplosa all’inizio di agosto.
Come si diceva all’inizio, questo è probabilmente solo un ennesimo movimento di quel pendolo che caratterizza tutta la storia delle relazioni industriali: è il momento di stanca per le confederazioni, magari, anche presto, la situazione si ribalterà diametralmente. C’è da dire che questo non è comunque un passaggio felice, da affrontare serenamente, perché le confederazioni, quelle dei lavoratori come quelle degli imprenditori, hanno un ruolo sociale e politico importante, sanno quali sono gli interessi generali e non rincorrono quelli di parte, che siano propri di una categoria o di un territorio; e quindi, per definizione, guardano alla tenuta economica, sociale e politica del paese. Quindi non è indifferente se le centrali confederali siano in crisi o meno. Anche alla luce di ciò sarebbe bene si calibrassero razionalmente le prossime mosse di questo nuovo governo con il quale dobbiamo abituarci a convivere.
Massimo Mascini
Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).
Contrattazione
Gli Esecutivi unitari di Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil hanno avviato, a fine agosto, l’iter per la definizione della piattaforma per il rinnovo del contratto della gomma-plastica, scaduto il 30 giugno 2019. E’ stato firmato dai sindacati di categoria il passaggio della commessa Enel a Rti SH-SDC; l’accordo riguarda oltre 800 lavoratori, che manterranno il proprio profilo lavorativo e i livelli di anzianità. Sarà inoltre garantita la piena applicazione della clausola sociale.
Interviste video
Il direttore de Il diario del lavoro, Massimo Mascini, ha intervistato il segretario generale della Fillea-Cgil, Alessandro Genovesi, che valuta positivamente il nuovo esecutivo giallo rosso e ricorda la buona interlocuzione già avuta in passato col nuovo ministro delle Infrastrutture De Micheli. Ma avverte: la crisi del settore non consente altri ritardi, si riaprano subito i tavoli di confronto. Sempre Mascini ha intervistato Guglielmo Loy, presidente del Civ dell’Inps. Loy traccia un primo bilancio delle due misure “bandiera” della precedente maggioranza di governo, cioè reddito di cittadinanza e quota 100, indicando cosa non ha funzionato e come si potrebbe migliorare. Infine, Mascini ha intervistato Gigi Petteni, presidente dell’Inas-Cisl, in occasione dei settant’anni del patronato. Petteni spiega come, nonostante gli attacchi, il patronato riesca ancora a rispondere ai bisogni delle persone, svolgendo una fondamentale funzione di coesione sociale.
Tutti i servizi sono a cura di Emanuele Ghiani.
Interviste
Tommaso Nutarelli ha intervistato Luigi Giove, segretario generale della Cgil Emilia-Romagna. Con la nuova maggioranza, spiega Giove, il discorso sull’autonomia differenziata potrebbe prendere un nuovo corso, ma avverte: la priorità è la salvaguardia dell’unità nazionale.
Video
Emanuele Ghiani ha seguito l’iniziativa organizzata dall’ Inas Cisl, per celebrare i settant’anni di attività del patronato. Ad aprire la giornata, il presidente dell’Inas Gigi Petteni, con la partecipazione della segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan. All’evento hanno partecipato i giovani dell’Inas provenienti da tutta Italia.
Il guardiano del faro
Marco Cianca si interroga sul significato di essere italiani. Un tema riportato al centro della politica, soprattutto dalla Lega di Matteo Salvini, che si professa come unico difensore degli interessi del popolo italico.
I blog del Diario
Giuliano Cazzola auspica che dopo il giuramento del governo Conte 2 si possano ripristinare i valori condivisi di una politica che non alimenti l’odio, capace di ricostruire il dialogo con le istituzioni europee.
Paolo Pirani spiega come, arginata la marea nera del sovranismo, l’Europa e l’Italia si trovino davanti a sfide che non possono disattendere. Uno dei primi banchi di prova, afferma Pirani, sarà proprio l’economia.
Diario della crisi
Sindacati in allarme dopo che DNG ha avviato la procedura di licenziamento collettivo. La decisione dell’azienda, spiegano ancora le associazioni di rappresentanza delle telecomunicazioni, è maturata dopo il mancato rinnovo del contratto di servizio con Mediaset. Nel settore del trasporto aereo i piloti della British Airways hanno scioperato per la prima volta nella storia: 48 ore di stop che hanno provocato la cancellazione di oltre 1.500 voli, quasi il 100%
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare il rapporto dell’Istat sul mercato del lavoro nel II semestre del 2019 e i dati sulla produzione industriale. È inoltre presente il testo della piattaforma di rinnovo del contratto nazionale di Fim, Uilm e Confimi, il testo dell’ipotesi di piattaforma per il rinnovo del contratto nazionale della gomma-plastica e l’analisi dell’Osservatorio di previdenza della Cgil sui costi reali di Quota 100.