Domenica, finalmente, si vota. Ricordo di aver scritto la stessa frase il giorno prima delle elezioni del marzo dello scorso anno e questa non è una cosa buona. Non solo perché non bisogna mai ripetersi, ed è una verità, ma perché questo significa che la campagna elettorale è stata lunga e dura, come, e forse peggio, di quella del 2018. Peggio perché allora c’era attesa per i cambiamenti che si prospettavano. Adesso il panorama è dei più terribili. Non solo per l’economia che tracolla, cosa che paura ne fa parecchia. Ma soprattutto perché è sempre più probabile che il voto non cambi nulla di sostanziale, che la situazione di rissa, non solo di divisione, che caratterizza la compagine di governo sia destinata a durare anche dopo.
Adesso siamo messi proprio malino. I partiti di governo coprono l’intero ciclo possibile, sono allo stesso tempo maggioranza e opposizione e così occupano l’intero panorama, annullando in partenza qualsiasi opposizione. Ma litigano su tutto, con il risultato di bloccare qualsiasi iniziativa, attenti solo a quello che può servire in campagna elettorale. E questa situazione non potrà che peggiorare dopo il voto, perché a quel punto non ci sarà neppure più l’attesa del cambiamento.
Del resto, cosa può succedere che non sia già scontato? La Lega prenderà parecchi voti più delle politiche, è evidente, ma rimarrà prigioniera della contrapposizione ai 5 Stelle. Non saranno 2 punti in percentuale in più o in meno che faranno la differenza. E il partito di Luigi Di Maio, pur ridimensionato dal voto rispetto a un anno prima, a sua volta non potrà cedere alla Lega. Nessuno potrà abbandonare le proprie bandiere, perché la situazione è così ribollente che nessuno può escludere nuove elezioni politiche a breve. Per cui avanti con la campagna elettorale, a qualsiasi costo, e molto dura perché la contrapposizione, si è visto con i Stelle, rende.
Del resto, il contrasto tra i partiti di governo è così forte ed è andato così nel profondo, che una riconciliazione dopo il voto di domenica sarebbe una farsa, sarebbe vissuta come una presa in giro degli elettori, che sono altamente volatili, come hanno dimostrato gli ultimi mesi. E allora ognuno continuerà ad andare per la propria strada, testardamente. E il danno sarà enorme perché la realtà dell’economia è tragica. I dati sono chiari. Per pagare il reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni serviranno 18 miliardi di euro, ai quali vanno aggiunti altri 23 miliardi di euro per bloccare l’aumento dell’Iva. Una finanziaria da capogiro, che non è possibile mettere insieme in alcun modo, anche perché gli investimenti languono se non sono del tutto spariti, mentre le esportazioni faticano e sempre più faticheranno nelle guerre commerciali che gli Usa stanno scatenando.
C’è chi ancora spera in una qualche soluzione trovata dalla nuova Commissione Ue, quella che uscirà dal voto. Ma, a parte che la Commissione in carica andrà avanti fino a novembre, sembra proprio che si possa sperare in un cambiamento a noi favorevole. Gli equilibri generali non cambieranno, la realtà per il momento è ferma, variazioni ci saranno, ma di contorno. E quando dovremo presentare i nostri conti non troveremo ascoltatori distratti o buonisti, gli umori sono fermi e fermi resteranno. Sempre che non ci si presenti un conto da pagare già a giugno, dal momento che i nostri conti sono già in forte disordine.
Il compito che attende il governo a fine anno è così difficile che c’è anche il partito di chi pensa di lasciare la mano a un governo tecnico che faccia il lavoro sporco, si accolli tutto il malcontento e restituisca il comando quando le cose saranno più o meno risolte. Una prospettiva che non convince assolutamente. Perché un nuovo Monti, che si tratti di Carlo Cottarelli o un altro tecnico, si può anche trovare, ma poi questo governo deve essere sostenuto in Parlamento, servono dei partiti che ci mettano la faccia. E non si vede chi possa farsi avanti. Certo non basterebbe il Pd da solo, ammesso e non concesso che voglia e possa farlo, che voglia accollarsi il peso degli errori commessi da altri.
Tutto male, allora? L’ottimismo della volontà sembra vacillare, non basta la volontà di trovare una soluzione. Da una situazione del genere si esce di solito solo con un gran rivolgimento generale, che però non è all’orizzonte. Nel paese non ci sono le energie che sarebbero necessarie per un rivolgimento del genere. Gli elettori, la gran parte, non sembra nemmeno aver coscienza di cosa stia accadendo, si limita a bere la pozione che gli viene servita da chi comanda. Insomma, la palingenesi non è dietro l’angolo. Bisognerà attrezzarsi per vivere alla giornata, cercando di parare i colpi che verranno.
Massimo Mascini
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Si profila un cambiamento dell’atteggiamento delle confederazioni sindacali sull’ipotesi di un salario minimo orario. Sembra che Cgil, Cisl e Uil abbiano preso in considerazione nel corso di una riunione di vertice l’opportunità di proporre al governo alcune modifiche al disegno di legge Catalfo, accettando l’ipotesi di fissare a 9 euro il livello del salario minimo e di varare una commissione paritetica che annualmente preveda l’adeguamento di tale cifra.
Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).
L’editoriale
Massimo Mascini commenta la relazione di Vincenzo Boccia all’Assemblea annuale di Confindustria: un libro dei sogni, secondo il direttore del Diario, con cui il presidente degli industriali delinea una sorta di “italian dream” dove un paese coeso in tutte le sue parti si adopera per dare slancio alla crescita economica e sociale. Un sogno, tuttavia, poco aderente alla realtà e di difficile attuazione.
Contrattazione
Questa settimana A.L.I.S, l’Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile, e Cgil, Cisl e Uil hanno sottoscritto il “Protocollo d’Intesa sulle Relazioni Industriali”. Con questo documento aderisce così al sistema di relazioni industriali definito nel Testo Unico sulla Rappresentanza del gennaio 2014, riconosce la centralità del contratto nazionale e manifesta la volontà di adottare il contratto del trasporto firmato dai sindacati di categoria nel dicembre del 2017
Analisi
Nunzia Penelope racconta come è andata l’assemblea annuale di Confindustria: dalla emozionante standing ovation al presidente Mattarella, all’atmosfera glaciale con cui la platea dei 2500 industriali presenti all’Auditorium ha accolto gli interventi di Luigi Di Maio e Giuseppe Conte. Quanto alla relazione di Vincenzo Boccia, l’ultima del suo mandato, il presidente degli industriali ha ribadito con forza la vocazione europeista dell’associazione e criticato molti aspetti delle attuali politiche governative, chiedendo tuttavia un ‘’patto’’ tra maggioranza e opposizione che, assieme alle parti sociali, realizzi le misure necessarie per uscire dalla crisi economica.
Alessandra Servidori presenta la ricerca condotta da Inca Cgil-Fp Cgil e Fondazione di Vittorio su un campione di insegnati della scuola dell’infanzia, nella quale si evidenzia che le condizioni di lavoro hanno ripercussioni negative anche sulla salute delle operatrici.
Marco Cianca recensisce l’ultimo libro di Ferruccio De Bortoli “Ci Salveremo”. De Bortoli cita tutti i primati che il nostro paese può vantare, e dai quali ripartire per una vera riscossa civica. Il maggiore nemico di tutto questo, spiega Cianca, è quello spirito italico volto al continuo auto assolvimento e alla continua ricerca di un capro espiatorio.
Giannino Padovan spiega come nel dibattito italiano che ha preceduto le elezioni europee l’economia sia stata il grande assente, a favore di altre questioni. Un errore, secondo Padovan, che ritiene come la questione dei salari troppo bassi, così come quella sulla tecnologia e i finanziamenti europei, sia cruciale.
Il guardiano del faro
Marco Cianca fa il punto sulle elezioni europee. Un voto, spiega Cianca, che più di altre volte sembra avere molteplici ricadute. Si avvertenze la tensione in tutti e 27 i paesi europei, una tensione tra europeisti e sovranisti, quasi una sorta di verdetto sul futuro dell’Occidente. In Italia, sottolinea Cianca, perfino il Papa è stato trascinato nell’agone politico.
I blog del Diario
Paolo Pirani spiega come la disputa che si è accesa in queste settimana tra fascismo e antifascismo dovrebbe essere l’occasione per discutere realmente sullo stato della nostra democrazia e sul ruolo della politica e delle forze sociali. Invece, spiega Pirani, gran parte del dibattito è stato assorbito dalla presenza della casa editrice Altaforte al Salone del Libro di Torino.
Roberto Polillo ritiene che la posta in gioco nelle imminenti elezioni europee sarà chiarire se e in che misura l’onda nera del sovranismo integralista sarà fermata, e quale sarà il partito che riuscirà a impedire la marcia trionfale di Salvini.
Giuliano Cazzola ricorda Massimo D’Antona, ucciso venti anni fa dalle Nuove Brigate Rosse, definendolo uno dei migliori giuslavoristi della sua generazione.
Diario della crisi
Questa settimana si è svolto lo sciopero di 24 ore dei lavoratori portuali, organizzato dai sindacati di categoria per chiedere l’uscita dallo stallo delle trattative per il rinnovo contrattuale.
Documentazione
È possibile consultare i dati Istat sulla produzione nelle costruzioni e le prospettive per l’economia italiana nel 2019. È inoltre presente il testo della relazione del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia all’Assemblea annuale 2019 e l’intervento del segretario generale della Cgil Maurizio Landini in ricordo di Massimo D’Antona.



























