Dare più soldi ai poveri, lavorare meno lavorare tutti, più diritti e meno precarietà, andare in pensione prima, avere una retribuzione decorosa: come si fa a non essere d’accordo con queste affermazioni? Ovvio che tutti lo siamo. E tuttavia, l’azione del governo giallo verde è la plastica dimostrazione della distanza tra il ‘’dire’’ e il ‘’fare’’. Quella che, secondo il proverbio, mette di mezzo il mare. E che invece, nel nostro caso, mette di mezzo un certo pasticcionismo dell’esecutivo nel tradurre in fatti le enunciazioni di cui sopra.
L’idea guida del ministro del Lavoro Luigi Di Maio è che ovunque si riscontri una distorsione, un problema, una lamentela, basta fare una legge et voila, tutto è risolto. Era iniziato così con i rider, quasi un anno fa: tavoli, controtavoli, incontri con le parti. A tutt’oggi, però, nulla è cambiato. Il governo ha proposto mille soluzioni, ma nessuna, alla prova dei fatti, si è rivelata adeguata.
Eppure, anche quel principio era corretto: i lavori della gig economy richiedono senza dubbio una regolamentazione. E non solo loro. Puntare ad avere più diritti e meno precarietà è giusto o sbagliato? Pretendere le causali nel ripetersi dei contratti a scadenza, è giusto o sbagliato? Esigere una retribuzione adeguata è giusto o sbagliato? È tutto giusto, in teoria. Ma nei provvedimenti del governo dà sempre il risultato sbagliato. E un po’ come una ricetta di cucina: puoi avere tutti gli ingredienti migliori, però se non li mescoli e li cuoci nel modo corretto, studiando con cura i vari passaggi, quello che sulla carta è un manicaretto difficilmente uscirà dai tuoi fornelli come te lo aspettavi.
Soprattutto se, invece di chiedere a chi ne sa più di te, a chi questo mestiere lo fa da tempo, ti affidi al tuo solo ingegno. In altre parole: se non ti confronti con i sindacati, né con le imprese, oppure se fai finta di confrontarti e li convochi, li lasci parlare, ma poi fai comunque come ti pare. Alla fine, quello che ne esce è un pasticcio.
È un pasticcio, infatti, il reddito di cittadinanza, spacciato per mesi come una ricetta innovativa per le politiche attive del lavoro: si è disquisito all’infinito dei ‘’navigator’’ dotati di una sorta di magic touch per trovare quei milioni di posti di lavoro nascosti che non attendevano altro che essere scoperti e attribuiti al battaglione di giovani disoccupati di questo paese. Alla fine, è venuto fuori – lo ha detto chiaramente il presidente Inps Pasquale Tridico- quel che si sapeva, o si sospettava: ovvero che il Rdc sarà solo un sostegno alla mancanza di occupazione e di reddito. Assistenza, dunque. Altro che politiche attive del lavoro.
È un pasticcio anche Quota 100, perché è vero che consentirà a tantissimi lavoratori di ritirarsi prima (ammesso che sia giusto, in un mondo dove pesa sempre di più lo squilibrio demografico, ma lasciamo stare), è però falso che questo consentirà di assumere ‘’tre giovani per ogni pensionato’’, come invece ha sostenuto per mesi il governo. Previsione smentita poi dallo stesso governo nel Def, dove si certifica che la disoccupazione nei prossimi tre anni è destinata ad aumentare, non a diminuire.
Un effetto collaterale, quest’ultimo, di un altro molto sbandierato provvedimento, e cioè il decreto dignità, quello che avrebbe dovuto portare a una impennata dell’occupazione stabile. I dati Istat ci dicono che non sta andando esattamente così, anzi.
Intanto, si avvicina un altro fondamentale intervento legislativo in materia di lavoro, quello sul salario minimo, e anche qui il rischio pasticcio è elevatissimo. Un testo di legge dovrebbe arrivare in parlamento, per essere discusso, dal 28 maggio prossimo. Anche qui: è giusto dire che ciascuno deve aver garantita una paga decorosa e che vanno impediti i contratti pirata che fanno dumping sui salari, con paghe ridicole? Certo che è giusto. E tuttavia, è davvero necessario farlo per legge, in un paese dove l’85% dei lavoratori è coperto da un contratto cui spetta, appunto, anche il compito di definirne, e contrattarne tra parti sociali, la retribuzione? Non sarebbe più sensato, e utile, trovare il modo per coprire contrattualmente anche quel 15% che, al momento, è fuori, e soprattutto trovare il modo di certificare la rappresentanza di chi i contratti li firma, mettendo così fine ai ‘’pirati’’, invece che mettere mano per via legislativa al salario, con probabili risultati devastanti sulla contrattazione, sul costo del lavoro e, quindi, sull’occupazione?
Ma anche l’orario di lavoro, sempre stando alle dichiarazioni degli esponenti della maggioranza, potrebbe rientrare tra le questioni da definire per via legislativa. Lo ha buttato lì, quasi per caso, ancora Tridico, sottolineando che ‘’l’ultima riduzione d’orario si è avuta nel 1969”, dunque è ora di tornare a parlarne. Lasciando da parte le conquiste dell’Autunno caldo, di cui appunto ricorre il cinquantenario, e cercando di dimenticare come il primo governo Prodi cadde anche a causa delle 35 ore pretese da Fausto Bertinotti, all’epoca partner della maggioranza, la domanda da farsi è: è giusto, oggi, immaginare una riduzione d’orario a parità di salario? Probabilmente sì, ma bisognerebbe anche tenere conto che, a quanto dicono i sindacati, siamo un paese dove dilaga il part time involontario. E dunque, non sarebbe anche qui più normale se fossero appunto i sindacati e le imprese a trovare una soluzione che consenta di conciliare meglio produttività, tempi di lavoro, progressi tecnologici, tempi di vita, eccetera?
Insomma, per farla breve: tutti questi temi sono giusti, il problema nasce quando si cerca di tradurli in leggi in modo approssimativo e senza una reale competenza, senza un adeguato approfondimento della tematica delicatissima che si va ad affrontare. Allora il governo rischia di trasformarsi in Topolino Apprendista stregone, con un gran svolazzare di scopettoni e secchi, che nessuno riesce a fermare più.
Nunzia Penelope
Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).
Contrattazione
Questa settimana è stato firmato, tra Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti e Savt, l’accordo per il rinnovo del contratto degli impianti a fune. Nel documento è previsto un aumento di 72 euro e 100 euro annui, che saranno convogliati in misure di welfare. Nel settore della moda e del tessile, i sindacati di categoria, Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil, hanno varato la piattaforma unitaria per il rinnovo del contratto. I sindacati chiedono un aumento salariale medio di 115 euro. Per il welfare, le sigle sindacali hanno prospettato l’incremento della quota a carico dell’azienda.
Interviste
Nunzia Penelope ha intervistato Paolo Pirani, segretario generale della Uiltec, sull’ aumento dell’Iva. Esprimendo un’opinione controcorrente, Pirani afferma che non si tratterebbe affatto di una eventualità catastrofica, a patto di inserirla all’interno di una vera riforma fiscale, basata sulla riduzione delle tasse sul lavoro e comprendente la possibilità, per i dipendenti, di scaricare l’Iva come gli autonomi. A queste condizioni, secondo Pirani, anche un aumento delle aliquote sui consumi, se accuratamente modulato, non sarebbe un danno.
Analisi
Maurizio Ricci interviene sul tema della classe media, rivelando l’“equivoco” che vi si cela. Nel nostro paese c’è infatti un 20% di persone si percepisce come classe media, con quello che significa in termini di aspettative e di tenore di vita, ma non lo è affatto. E un altro 60% che è, in realtà, classe media, ma non sa cosa si deve aspettare. È questo ‘’equivoco’’ che, più di ogni altra cosa, secondo Ricci, spiega il terremoto politico degli ultimi anni.
Alessandra Servidori analizza rapporto dell’Istituto europeo per le uguaglianze di genere. Secondo il rapporto, meno dell’1% dei Fondi Strutturali Ue viene usato per misure volte a favorire la parità di genere.
Roberto Polillo fa il punto sui concorsi truccati che hanno interessato la sanità pubblica della Regione Umbria. Per Polillo si tratta dell’ennesima ferita al Sistema Sanitario Nazionale, ormai al collasso.
Andrea Donegà affronta il tema della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro. Per Donegà questi due aspetti non devono essere visti come un costo, ma come degli investimenti. È una logica win win, dove si vince tutti, imprese, lavoratori e collettività, e quindi è un orizzonte a cui tendere con forza e determinazione
La nota
Fernando Liuzzi continua a seguire le travagliate vicende di Radio Radicale. In una dichiarazione congiunta, Lorusso e Giulietti, rispettivamente Segretario generale e Presidente della Fnsi, stigmatizzano le dichiarazioni del sottosegretario Crimi ed esprimono preoccupazione per la visione in base alla quale il Governo Lega-M5S “intende affrontare il tema della riforma del settore editoriale”. Per il sindacato unitario dei giornalisti quella del Governo contro Radio Radicale è una “crociata ideologica e politica”.
I blog del Diario
Giuliano Cazzola riflette sul saggio di Lorenzo De Sio, “Strategie di partito e voto di classe”, uscito sui Quaderni di Rassegna sindacale. Nel testo si parla delle strategie messe in campo dal Pd, soprattutto sotto la guida di Matteo Renzi, e di come il Partito Democratico, dopo le ultime elezioni, sia stato visto sempre di più come partito delle élite.
Tommaso Nutarelli, prendendo spunto da una circolare del Viminale che autorizza l’abbattimento dei lupi come estrema ratio, riflette sul fatto che forse i veri lupi da temere sono altri.
Il guardiano del faro
Marco Cianca, dopo l’incendio di Notre-Dame, sottolinea la grande gara di solidarietà che si accesa per ricostruire la cattedrale. Ma, si chiede Cianca, perché non c’è altrettanta commozione e mobilitazione per arginare la guerra, la fame e le carestie che colpiscono gli ultimi?
Diario della crisi
Nel settore delle costruzioni, i sindacati di categoria hanno indetto tre manifestazioni a Roma, Palermo e Catania in merito alle vertenze di Condotte e Tecnis. I sindacati chiedono un tempestivo intervento da parte del governo. Cgil, Cisl e Uil assieme alle categorie, Filctem, Flaei e Uiltec, hanno chiesto al governo un incontro per parlare della chiusura delle centrali a carbone e delle soluzioni da mettere in campo per garantire la continuità occupazionale ai lavoratori diretti e dell’indotto. Nel comparto lapideo, Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil hanno proclamato la mobilitazione dopo l’esito negativo della trattativa per il rinnovo del contratto. Ad oggi permangono, spiegano i sindacati, forti distanze tra le parti.
Documentazione
Questa settimana è possibile i dati Istat sui prezzi al consumo, l’andamento della produzione industriale, le stime sul fatturato e gli ordinativi nell’industria e il rapporto “Sdgs 2019. Informazioni Statistiche per l’Agenda 2030 in Italia”. Infine è presente il testo della Cgil sull’audizione sul Def in Senato e il Bollettino Economico della Banca d’Italia.



























