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Home - Approfondimenti - La nota - Marchionne, da Ginevra uno sguardo al futuro

Marchionne, da Ginevra uno sguardo al futuro

7 Marzo 2018
in La nota
Marchionne, da Ginevra uno sguardo al futuro

Da Ginevra, dove giovedì 8 marzo si aprirà l’edizione n. 88 del Salone dell’Auto, Marchionne guarda al futuro prossimo di Fca e di Ferrari. E aggiorna, con le sue dichiarazioni, il quadro strategico che aveva già disegnato, all’inizio dell’anno, in occasione di due precedenti appuntamenti canonici per il mondo dell’auto: l’inaugurazione del Naias, cioè del salone dell’auto di Detroit, aperto quest’anno dal 13 al 28 gennaio, e la prima riunione del 2018 del Consiglio di amministrazione di Fca, tenutasi a Londra il 25 dello stesso mese.

La prima parziale novità riguarda l’orizzonte temporale in cui Marchionne si sta muovendo in questa prima metà del 2018, ovvero nella prima metà di quello che dovrebbe essere l’ultimo anno pieno da lui passato alla testa di Fca. Infatti, secondo annunci fatti e reiterati, il Ceo dei Due Mondi dovrebbe lasciare la guida di Fca all’inizio del 2019, quando presenterà il bilancio dell’esercizio 2018.

Prima di questa scadenza, e questo già si sapeva, c’è però un altro appuntamento molto importante: è quello del 1° giugno 2018, il giorno in cui presso il Centro sperimentale di Balocco, in provincia di Vercelli, sarà presentato il prossimo piano quinquennale di Fca, quello traguardato al 2022. Un appuntamento che Marchionne ha dato proprio parlando in apertura del Salone dell’auto di Detroit. A questa scadenza se ne aggiunge adesso un’altra: è quella del settembre 2018, il mese in cui sarà presentato il nuovo piano industriale della Ferrari, l’altra azienda – oltre a Fca – di cui lo stesso Marchionne è Amministratore delegato, fra quelle che hanno in Exor, la finanziaria della famiglia Agnelli, il proprio azionista di riferimento.

La prima cosa che ieri abbiamo dunque imparato, è che il 2018 si prospetta come un anno davvero decisivo per il futuro delle auto targate Exor: a giugno il piano industriale di Fca, a settembre quello di Ferrari. Par di capire, insomma, che – prima di andar via da Fca – Marchionne voglia lasciare la sua impronta non solo sul passato ma anche sulle strategie prossime venture delle due case costruttrici.

E veniamo dunque agli aggiornamenti di tali strategie resi noti ieri.

Primo punto: la questione del modello di business privilegiato da Marchionne. Qui la scelta, fatta ormai da tempo, è stata quella di pilotare Fca verso la costruzione di modelli di una gamma più alta rispetto a quelle tradizionali sia di Fiat che di Chrysler. Modelli che, contenendo un più alto valore aggiunto, consentano anche di far salire ricavi e profitti in un mercato che ha mostrato di gradire con sempre maggiore ampiezza autovetture più lussuose o, comunque, più dispendiose. Facendo seguito a questa linea di pensiero, già affermata in Fca, ieri Marchionne ha dichiarato che Jeep, uno dei marchi storici di Chrysler, “diventerà il più grande brand del gruppo” Fca. “E’ un marchio eccezionale – ha sottolineato Marchionne – su cui dobbiamo puntare.” E ha poi aggiunto: “sarà parte importante del piano che lanceremo il 1° giugno”.

Perché il Ceo di Fca assegna questa funzione di punta proprio al marchio Jeep? Perché, da tempo, le quattro ruote che si fregiano di questo marchio non sono più le vetture spartane che le truppe americane portarono in Europa al tempo della Seconda Guerra mondiale, ma sono diventate autovetture che rientrano nelle categorie Suv o Crossover, e rispondono quindi, da un lato, ai gusti di una clientela sempre più vasta, quella che vuole avere in un’unica auto una grinta sportiva e un confort agiato. Mentre, dall’altro lato, consentono al costruttore, come detto, di incassare ricavi più consistenti.

Da questa stessa linea di pensiero, deriva un altro annuncio fatto da ieri da Marchionne: quello che entro la fine del 2019 sarà pronto il primo Suv della Ferrari. “Il 70% del mercato Usa è andato verso i Suv”, ha spiegato Marchionne. E dal momento che è questo ciò che richiede il mercato, Marchionne ha aggiunto che, come Ferrari, “stiamo galoppando a una velocità incredibile” nella direzione che consentirà di sfornare questo nuovo prodotto entro la fine del prossimo anno. Un prodotto che, a quanto si comprende, dovrà aggiungere alle caratteristiche sportive, lussuose e di grande qualità, tipiche del marchio Ferrari, la capacità di venire incontro a una moda che richiede caratteristiche estetiche e di abitabilità indubbiamente diverse da quelle tradizionali per i modelli nati a Maranello: forse meno eleganza, ma spazi più ampi all’interno dell’autovettura.

Va però anche detto che, come ha osservato Mario Cianflone su Motori24, la pagina auto della versione on line del Sole 24 Ore, ciò potrebbe comportare un ridimensionamento del marchio Fiat all’interno del gruppo Fca. “Lo storico marchio italiano – ha scritto Cianflone – sarà relegato al Sud America e in Europa come ‘contenitore’ della Panda e della famiglia 500.”

Secondo punto: la questione sempre più critica e cruciale delle motorizzazioni. Il Suv Ferrari, ha annunciato Marchionne, sarà una macchina ibrida. Una scelta, questa, che può essere capita meglio se la si mette in relazione con un altro annuncio fatto ieri da Marchionne circa le prospettive di Fca. L’annuncio secondo cui nel futuro “diminuiremo la dipendenza dal diesel”. Specificando poi che, rispetto a questa tematica, “non abbiamo scelta. Se il mercato dà un messaggio chiaro contro il diesel, dovremo fare così”. “E’ chiaro – ha sottolineato il numero uno di Ferrari e di Fca – che c’è un distacco del pubblico dal diesel.” Ma non c’è solo questa preferenza evidenziata dalle scelte espresse dalla clientela. C’è un altro elemento che orienta oggi le decisioni strategiche delle case costruttrici: la crescente influenza degli orientamenti ambientalisti sulle politiche adottate dai Governi di diversi Paesi. “A causa dei regolamenti sulle emissioni che arriveranno nei prossimi anni”, ha spiegato Marchionne, i costi relativi alla ricerca di nuove soluzioni tecniche “saranno troppo alti per rimanere nel diesel”.

Terzo punto: la questione dell’impatto sul paese Italia delle scelte strategiche sopra richiamate. Qui ci sono diversi aspetti interessanti. Innanzitutto, per Ferrari. Con l’avvio della produzione dell’annunciato Suv, la casa del cavallino rampante dovrà essere in grado di produrre “oltre diecimila” autovetture all’anno. E poiché “il numero totale di vetture vendute nel 2022 sarà superiore in maniera significativa rispetto a quello attuale”, Marchionne ha detto che la Ferrari dovrà “assumere personale”.

In secondo luogo, per Alfa Romeo e Maserati. Le autovetture dotate di questi marchi, ha affermato Marchionne, “non saranno mai prodotte fuori dall’Italia”. Secondo il manager, che oltre a essere Ceo di Fca è anche Presidente di Maserati, questi due marchi “non hanno il problema dell’internazionalizzazione perché abbiamo stabilimenti che sono attrezzati per essere in Europa e in Italia”. Marchionne ha concluso, su questo punto, che “per fortuna, abbiamo garantito un futuro all’infrastruttura italiana. Non era scontato”.

C’è poi una suggestione relativa allo stabilimento di Pomigliano d’Arco. Rispondendo a una domanda che gli è stata posta, Marchionne non ha negato che, in futuro, la costruzione di un modello Jeep possa essere assegnato alla fabbrica campana. Per saperne di più, ha però suggerito di aspettare il 1° giugno, ovvero, come ormai ben sappiamo, la data in cui verrà presentato il nuovo piano di Fca.

Quarto punto: gli scenari globali. Sulla questione spinosa e attualissima dei dazi voluti dal Presidente Usa, Donald Trump, Marchionne si è mostrato molto prudente: “Bisogna essere cauti e lavorare con l’amministrazione americana”. Soggiungendo poi: “Non sono così pessimista”.

Mentre, rispetto al peso crescente della Cina nel mondo dell’auto, lo stesso Marchionne si è tenuto sul generico, dicendo che gli investitori cinesi “entreranno sul mercato e avranno un ruolo non marginale”. Salvo poi ad aggiungere che Fca “non ha particolarmente bisogno di investitori cinesi”, ma mantiene un atteggiamento di apertura rispetto a tale ipotesi. “Se dei cinesi comprassero azioni di Fca in Borsa – ha quindi concluso in termini un po’ enigmatici – a me non darebbe fastidio. Ma bisognerebbe chiedere agli azionisti.”

 

@Fernando_Liuzzi

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