Il Dossier Statistico Immigrazione 2017, elaborato Centro Studi Idos e Confronti, rileva che nel 2016 gli occupati con cittadinanza straniera in Italia sono aumentati di +42.000 unità (2.401.000), con un’incidenza del 10,5% sul totale.
I lavoratori stranieri si sono concentrati per i due terzi nei servizi (66,4%), nell’industria (27,5%) e solo in maniera residuale nel settore agricolo (6,1%). Il tasso di occupazione è leggermente risalito (59,5%) e, seppure più basso rispetto al passato, supera di due punti percentuali quello degli italiani. Le donne sono il 44,8% degli occupati stranieri (incidenza in calo).
Per oltre i due terzi, i lavoratori stranieri svolgono professioni non qualificate o operaie (appena il 6,7% professioni qualificate) e molto spesso sono sovraistruiti rispetto alle mansioni svolte (lo è il 37,4% contro il 22,2% degli italiani), mentre 1 su 10 è sottoccupato. La loro retribuzione (in media 999 euro netti mensili) è inferiore del 27,2% rispetto a quella degli italiani e l’anzianità di servizio attenua poco questo divario.
L’archivio dell’Inail, a complemento dei dati Istat, rileva che i loro posti si ridurrebbero all`84,3% se dovessero essere equiparati a posti di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
I disoccupati stranieri sono leggermente diminuiti, sia in valori assoluti (437.000 cioè 19.000 in meno in un anno) sia in valori percentuali (tasso del 15,4%, quasi doppio rispetto all`inizio della crisi, mentre per gli italiani è dell`11,2%), ma non nel Mezzogiorno. Le donne prevalgono tra i disoccupati (51,5%), il 45,3% dei quali è anche genitore. A impiegare quasi i tre quarti (73,4%) degli immigrati occupati in Italia sono le micro-imprese (quelle fino a un massimo di 9 addetti), seppure a bassa tecnologia e scarsamente concorrenziali.
Tra gli occupati stranieri, il 13,4% svolge un lavoro autonomo-imprenditoriale (tra i cinesi il 50,4%). Alla fine del 2016 sono 571.255 le imprese a gestione immigrata (+3,7% in un anno rispetto a -0,1% delle imprese gestite da italiani, da anni in diminuzione); di queste, 453.000 sono a carattere individuale.
L’incidenza sul totale è del 9,4%, ma sale al 16,8% tra le nuove imprese. Alta anche la percentuale di imprese immigrate su quelle che nell’anno hanno cessato l’attività (12,0%), per cui, nell’insieme, si evidenzia una maggiore vitalità e un più elevato turn over.
Nel 2015 gli occupati stranieri hanno prodotto una ricchezza di 127 miliardi di euro, vale a dire l`8,8% della ricchezza complessiva, e hanno dichiarato in media redditi di 11.752 euro annui a testa, pari a un totale di 27,3 miliardi di euro. Essi hanno versato Irpef per 3,2 miliardi di euro, in media 2.265 euro a testa (gli italiani 5.178 euro).
In crescita anche l’inserimento bancario degli immigrati. Per il Cespi, nel 2015 erano 2.515.100 i conti correnti intestati a cittadini immigrati presso le banche italiane e BancoPosta, con il coinvolgimento del 73% della popolazione adulta (nel 45% dei casi donne). L’evoluzione è stata positiva anche per quanto riguarda altri prodotti bancari, creditizi e assicurativi.
Continua a essere notevole il beneficio finanziario assicurato dagli immigrati ai conti pubblici, compreso tra 2,1 e 2,8 miliardi di euro a seconda del metodo di calcolo.
Considerata la più giovane età degli immigrati, l’Italia potrà contare ancora per molti anni su questo vantaggio.
A livello mondiale i migranti, con le loro rimesse verso i paesi in via di sviluppo (429 miliardi di dollari nel 2016, 11 miliardi in meno rispetto al 2015) sostengono circa 800 milioni di familiari (ben 1 su 7 tra tutti gli abitanti nel mondo); in Italia i 5,6 miliardi di euro inviati nel 2016 risultano in diminuzione da 6 anni consecutivi (erano stati di 7 miliardi nel 2011). Circa la metà di questo flusso va nelle aree rurali, quelle più povere.
E.M.