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Home - Rubriche - Giochi di potere - Quel putiniano di Bergoglio

Quel putiniano di Bergoglio

di Riccardo Barenghi
6 Maggio 2022
in Giochi di potere
Le parole del Papa

Le spie ci sono sempre state, i venduti anche, e non parliamo dei traditori della causa, i voltagabbana, quelli che dovrebbero stare da una parte della barricata e invece passano dall’altra. I disertori insomma, visto che parliamo di guerra.

Ecco, oggi in Italia i disertori sono coloro che nel dibattito pubblico osano criticare la strategia dell’Occidente nei confronti della guerra russa in Ucraina. Basta poco, una mezza frase, basta esprimere un piccolo dubbio su quanto sia efficace per raggiungere la pace continuare a spedire armi ai resistenti di Kiev, armi sempre più pesanti e sofisticate, per essere additati al pubblico ludibrio come servi del regime russo. Putiniani, insomma, magari pure pagati da Mosca. Ormai siamo arrivati alle liste di proscrizione, stilate da giornalisti e opinionisti più o meno autorevoli (più meno che più) e pubblicate dai giornali, sparate sui social o recitate negli studi televisivi. Ci sono finito dentro anch’io, grazie al critico televisivo Aldo Grasso che sul “Corriere della sera” ha inserito il mio nome nel suo listino, mettendo insieme nostalgici del fascismo e appunto “putiniani”.   Difficile replicare, a volte non è neanche possibile, e pure se ne avessi la possibilità diventerebbe patetico star lì a difendersi, cercare di spiegare che non è vero, che non sono un putiniano, che ho sempre odiato tutte le dittature, naziste, fasciste o comuniste che fossero. Che “il manifesto”, giornale in cui ho lavorato per 25 anni, è nato proprio per essersi schierato contro il socialismo reale capeggiato dall’Unione sovietica. In cui le libertà individuali e collettive erano radicalmente negate. Per questa ragione, i suoi fondatori vennero radiati dal Pci. Vabbè, lasciamo perdere le storie personali, che non interessano nessuno. Il problema è il clima generale, un clima che trasmette l’idea fondamentale della guerra: o con me o contro di me.

Invece c’è chi continua, testardo, a rifiutare la guerra come “risoluzione delle controversie internazionali” (articolo 11 della nostra Costituzione), pensa da anni che il leader russo sia un personaggio pericoloso, che andava combattuto e non blandito (come molti leader occidentali hanno fatto in passato, vedi Berlusconi e Salvini) con le armi della politica, della diplomazia e dell’economia. Tanto più adesso che stiamo assistendo alla strage ucraina.  Ma se tenti di spiegare questo concetto, se provi a dire che continuare a mandare armi a Kiev significa prolungare la guerra all’infinito rischiando che questa si trasformi in un conflitto mondiale e nucleare, se provi a sostenere che la politica del presidente Joe Biden non aiuta l’obiettivo, non dico della pace, ma neanche di una tregua, se sostieni che ha ragione il Papa a criticare l’espansionismo della Nato, se se se… allora diventi immediatamente un putiniano che appoggia la guerra dei russi e non gliene frega niente degli ucraini che muoiono a migliaia, donne e bambini compresi. Peggio mi sento se difendi Retequattro che ha mandato in onda un’intervista – certo non particolarmente aggressiva, diciamo pure condiscendente –  al ministro degli esteri russo Lavrov, come se i cittadini italiani non siano in grado di distinguere le notizia dalla propaganda, così come è insopportabile vedere gli ospiti in studio che fanno smorfie e sorrisetti quando c’è in collegamento qualche giornalista russa, che esprime la sua opinione e la sua propaganda putiniana. Non si potrebbe limitarsi ad ascoltarla e ribattere subito dopo? No, bisogna dimostrare con la mimica facciale (Alan Friedman è il maestro di questa patetica tecnica mediatica) che quella persona sta dicendo cazzate, e spesso le dice anche. Ma un pizzico di autocontrollo non guasterebbe, anche per rispettare non solo chi sta parlando ma anche il telespettatore, che magari vorrebbe sentire e poi farsi un’opinione. Come se la fecero quei lettori della “Gazzetta del popolo” che nel 1923 lessero l’intervista che Giulio de Benedetti fece ad Adolf Hitler. Nessuno invocò la censura, nessuno parlò di propaganda, nessuno accusò l’ebreo de Benedetti, che fu perseguitato dal fascismo e dopo la guerra diresse per vent’anni “La Stampa”, di essere hitleriano.

Ma all’epoca non c’erano le televisioni, non c’erano i famigerati social, non c’erano i mezzi di comunicazione in cui il primo che si sveglia può sparare a palle incatenate contro qualcun altro. Oggi invece siamo immersi in questo mondo, in cui è sempre più difficile esprimere un’opinione che considera ragionevole senza che venga additato come una spia del nemico. Tanto che, a proposito di spie, siamo arrivati al punto che adesso il Copasir, ovvero il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, intende occuparsi delle giornaliste russe ospitate dalle nostre televisioni: come se le cose che dicono possano rappresentare un pericolo per la nostra sicurezza nazionale

In questa situazione grottesca, anche il Papa rischia di essere accusato di putinismo, tanto più che ha dichiarato di voler andare a Mosca per parlare col “macellaio” russo (definizione di Biden). Sarebbe tuttavia fantastico se Bergoglio riuscisse a convincere Putin almeno a un cessate il fuoco, quindi a una tregua e poi a trattare con Zelensky fino a raggiungere la pace.  Difficile che accada, ma non impossibile: le vie del Signore sono infinite.

Riccardo Barenghi

Riccardo Barenghi

Riccardo Barenghi

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