“Oggi lanciamo un nuovo Risorgimento per il Paese”, ha affermato ieri, 4 maggio, il governatore della Regione Liguria, Giovanni Toti, in occasione dell’apertura ufficiale del cantiere per la nuova diga di Genova, un’opera da 1,3 miliardi di euro – l’opera unica più importate del Pnrr – che consentirà l’ingresso di navi più grandi per migliorare il traffico di merci e container. Il cantiere è gestito dal consorzio PerGenova Breakwater, guidato da Webuild con altre aziende tra le quali Fincantieri, Fincosit e Sidra. La diga verrà realizzata a una profondità che arriva in alcune parti fino a 50 metri, una delle maggiori mai sperimentate al mondo per una diga foranea, con 104 cassoni alti come un palazzo di dieci piani, lunga 6,2 km, a una distanza dalle banchine del porto di 400 metri, e consentirà di avere un bacino di evoluzione per le manovre delle navi da 800 metri di diametro.
Alle ore 12.50 di ieri, dalla nave posta a 500 metri dalle banchine di Sampierdarena, una gru ha gettato il primo carico di ghiaia quando il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, con l’imprenditore Pietro Salini, il presidente del Porto Paolo Emilio, il sindaco Marco Bucci, il viceministro delle Infrastrutture Edoardo Rixi e il presidente Toti hanno schiacciato un bottone da Palazzo San Giorgio, sede dell’Autorità di sistema portuale. Il gesto è stato accompagnato dal suono di una sirena, il segnale per l’operazione da avviare dalla nave in mare.
“Siamo completamente favorevoli a opere in grado di dare futuro alla città e lavoro ai genovesi, ma i grandi progetti nascono sempre da grande rispetto per chi li realizza, a partire dai lavoratori. Lo abbiamo sperimentato favorevolmente con la costruzione del Ponte San Giorgio: quando c’è condivisione e attenzione alle regole, si può andare lontano”. Lo affermano in una nota Igor Magni, segretario della Cgil di Genova e Mario Ghini, segretario della Uil della Liguria, commentando le dichiarazioni del ministro alle infrastrutture Matteo Salvini che ieri, durante la cerimonia, si è detto orgoglioso di rappresentare “l’Italia del Sì”, cioè quella favorevole alle grandi opere. “Salvini – sottolineano Magni e Ghini – ha detto che per rispettare le tempistiche della diga ‘siamo nelle mani del buon Dio’: a noi non manca la fede, ma le mani che costruiranno la diga sono quelle di operai che vanno tutelati e rispettati”.
“Esistono norme sulla sicurezza, norme sugli appalti e diritti stabiliti dal Ccnl – aggiungono Federico Pezzoli, segretario della Fillea Cgil di Genova e Mirko Trapasso, segretario della Feneal Uil della Liguria – e non siamo disposti a far venire meno nessuna di queste prerogative anche se significasse guadagnare un solo giorno sulla tabella di marcia. Questo non significa essere l’Italia del no, ma l’Italia del lavoro giusto e sicuro”.
I sindacati chiederanno nei prossimi giorni un incontro con le imprese costruttrici della nuova diga del porto di Genova, come stabilito dal protocollo su lavoro, legalità e sicurezza nelle grandi opere firmato in prefettura nell’aprile del 2022.
e.m.



























