Un divario del 14,7%, pari a 4.300 lordi annui, tra le retribuzioni globali del nord e quelle del sud e delle isole. È quanto emerge nell’edizione 2025 del Geography Index Report presentato dall’Osservatorio JobPricing. In termini di RAL il gap salariale tra nord e sud è di 3.500 euro. Più ridotto il differenziale tra nord e centro che è pari a circa 1.000 euro di RAL e circa 1.100 euro di RGA. La Lombardia continua a guidare la classifica con una retribuzione globale annua di 34.614 euro, seguita da Lazio e Trentino Alto Adige. Nelle ultime tre posizioni si collocano Molise, Calabria e Basilicata dove la RGA si attesta a 27.604 euro.
A livello provinciale, Milano consolida il suo primato con una RGA media pari a 38.544 euro, davanti a Bolzano, Trieste, Roma e Genova. Sul fronte opposto, chiudono la graduatoria Ragusa, Crotone e Cosenza dove il salario annuo si ferma a 25.867 euro.
Questa disparità, spiega il rapporto, è imputabile a diversi fattori. Al nord si concentrano imprese più grandi e strutturate, con maggiori possibilità di accedere ai mercati internazionali e al credito, e che operano in settore a elevate innovazione e ad alto contenuto tecnologico. Inoltre un maggiore tasso di disoccupazione, che contraddistingue principalmente il mercato del lavoro delle regioni meridionali, spinge i lavoratori ad accettare salari più bassi. La copertura dei contratti nazionali è inferiore al sud, dove ci sono cospicue sacche di contratti pirata e lavoro irregolare. E, da ultimo, il differente costo della vita, più alto al nord, anche se i cittadini del sud usufruiscono molto spesso di infrastrutture e servizi meno efficienti.
Ma nonostante il rapporto confermi tutte le differenze tra un nord ricco e un mezzogiorno molto più povero, lo studio spiega come tra il 2015 e il 2024 le retribuzioni al sud siano cresciute a un ritmo molto più sostenuto, pari al +12,8%, contro il +9,0% di quelle settentrionali e l’11,7% di quelle centrali. Questo andamento ha contribuito a ridurre, seppur lentamente, il divario retributivo, passato dal 18,6% del 2015 al 14,7% nel 2024.
Guardano al quadro nazionale, la retribuzione globale annuale media mette a segno un incremento del 3,1% rispetto al 2023, arrivando a 32.402 euro, che si inserisce in un periodo di ripresa dei salari, dopo una fase di sostanziale stagnazione, iniziato nel 2022. Negli ultimi dieci anni, tuttavia, a fronte di un’inflazione che ha superato il 20%, la crescita delle buste paghe è stata meno della metà, fermandosi al 9,5%.
Al livello regionale il Veneto è stata la regione che ha visto crollare maggiormente il potere d’acquisto: +4,5% rispetto a un’inflazione al 21%, con un saldo negativo del 16,5%. Performance negative si sono avute anche in Lombardia ed Emilia-Romagna. Fanno eccezione soltanto alcune realtà del sud. Province come Reggio Calabria, Campobasso e Potenza hanno infatti visto crescere le retribuzioni a un ritmo sufficiente a compensare l’aumento dei prezzi, mantenendo così stabile il reddito reale dei lavoratori.


























