Sono pervenute dieci offerte per l’acquisizione degli stabilimenti ex Ilva, ma solo due sono per tutti i complessi aziendali: ossia il fondo americano Bedrock Industries e la cordata Flacks Group + Steel Business Europe. Lo comunicano i commissari Straordinari di Acciaierie d’Italia in Amministrazione Straordinaria, Giovanni Fiori, Giancarlo Quaranta, Davide Tabarelli, e di Ilva in Amministrazione Straordinaria, Alessandro Danovi, Francesco di Ciommo e Daniela Savi.
Sono 8 le offerte interessate a singoli asset: Renexia (Gruppo Toto), Industrie Metalli Cardinale (IMC), Marcegaglia, Cordata Marcegaglia + Sideralba, CAR Srl, Cordata Marcegaglia + Profilmec + Eusider, Eusider e Trans Isole. A queste si aggiunge un’ulteriore offerta, presentata da un soggetto politico, che non corrisponde ai criteri della gara.
Sebbene il termine stabilito non sia da considerarsi perentorio, sottolineano i commissari, “eventuali proposte che dovessero pervenire successivamente saranno valutate esclusivamente qualora presentino condizioni particolarmente favorevoli per la procedura in corso”. Il termine è scaduto a mezzanotte.
I commissari, si legge ancora nella nota, “si riservano un periodo di tempo congruo per esaminare attentamente tutte le proposte ricevute, con particolare riguardo agli aspetti occupazionali, alla decarbonizzazione e all’entità degli investimenti, al fine di assicurare uno sviluppo sostenibile degli impianti e la massima tutela del lavoratori coinvolti”.
Dopo le parole dei commissari, sono arrivate a stretto giro le reazioni dei sindacati. Lo Stato si assuma la guida di un vero progetto industriale di rilancio dell’ex Ilva. A dirlo il segretario Generale della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano.
“Il comunicato dei commissari conferma ciò che denunciamo da tempo: non esiste oggi un’offerta credibile da parte di un gruppo industriale disposto ad acquisire l’intero perimetro produttivo e a garantire un futuro solido al polo siderurgico ex Ilva. Un asset strategico di questa portata non può essere smembrato né abbandonato a soluzioni tampone”, ha spiegato. “Senza un progetto industriale unitario, in grado di rilanciare la produzione di acciaio di alta qualità e a basse emissioni, il rischio è quello di una deriva drammatica sul piano sociale e di un fallimento imbarazzante per il nostro Governo. Non ci sono più alibi: lo Stato deve mettersi alla guida di un piano serio e lungimirante, pretendendo anche dalla grande imprenditoria italiana un impegno concreto, che vada oltre logiche speculative e frammentarie. Il paese non può permettersi l’ennesimo rinvio” ha concluso.
“Adesso il Governo prenda una decisione chiara sull’ex Ilva, azienda strategica e di interesse nazionale, occorre passare velocemente ad una società a capitale pubblico che garantisca la continuità produttiva, attraverso investimenti certi e l’avvio del processo di decarbonizzazione.
Come volevasi dimostrare non ci sono interessi industriali che si siano manifestati alla gara per la vendita, ma solo speculazioni finanziarie”. Lo dichiara in una nota Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil. “Serve urgentemente che il Governo convochi Fim, Fiom, Uilm al tavolo permanente a Palazzo Chigi per affrontare questi temi”.
“L’unica cosa certa, in questo momento, è che mancano le risorse necessarie a garantire continuità e gli interventi di manutenzione per la sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente, situazione che porta alla richiesta di aumento della cassa integrazione per le lavoratrici e i lavoratori che continuano a pagare scelte sbagliate e gli indugi del Governo”, ha proseguito.
“La Presidente del Consiglio prenda atto che il piano industriale proposto dai commissari che prevede l’integrità del gruppo e la decarbonizzazione non si fa con i bandi di vendita del Ministro Urso ma con la costituzione di una società pubblica necessaria a garantire l’occupazione, l’ambiente, la continuità produttiva e la decarbonizzazione”.
La gara per la vendita dell’ex Ilva “si è conclusa, purtroppo come prevedibile, con un fallimento totale. Le manifestazioni di interesse per l’intero gruppo sono state presentate solo da due fondi di investimento che non hanno alcuna solidità industriale e progettuale, peraltro con offerte risibili”. Lo dichiara Rocco Palombella, Segretario Generale Uilm.
“Ora per evitare la chiusura totale dell’ex Ilva e un disastro ambientale, occupazionale e predittivo senza precedenti c’è solo una strada: la nazionalizzazione. Un atto forte – ha proseguito -, già fatto in altri Paesi come la Gran Bretagna, ma fondamentale in situazioni così drammatiche. Oggi c’è stata la prova finale che siamo ai titoli di coda di una vertenza che dura da tredici anni e che riguarda 20 mila lavoratori e intere comunità”.
“Nel frattempo negli stabilimenti registriamo una situazione preoccupante – aggiunge il leader Uilm – con aumento della cassa integrazione e l’unico altoforno in marcia che si è fermato temporaneamente, per l’ennesima volta, per un guasto tecnico, e una condizione economica aziendale con ingenti perdite”.
“Ora è il momento del coraggio e della responsabilità da parte di tutte le istituzioni, locali e nazionali, perché non siamo mai stati così vicini alla chiusura – prosegue – non è l’ora dei Ponzio Pilato ma di chi mette al primo posto l’interesse del Paese e dei lavoratori. Ribadiamo la nostra ferma contrarietà a qualsiasi ipotesi scellerata di spezzatino con la vendita di singoli impianti o siti – conclude – chiediamo un immediato incontro a Palazzo Chigi per avere chiarimenti e certezze su cosa vuole fare il Governo per il futuro dell’ex Ilva. Abbiamo le ore contate”.