Ormai l’hanno capito anche i bambini: per Giorgia Meloni le piazze pro-Pal sono una spina nel fianco. Vedere centinaia di migliaia di persone unite in una mobilitazione civile come non si vedeva da decenni, alla premier fa saltare letteralmente i nervi. La prova è arrivata la settimana scorsa a New York, a margine dell’assemblea generale dell’Onu. Nelle ore in cui il suo amico Benjamin Netanyahu, con la benedizione dell’altro carissimo amico Donald Trump, accelerava la distruzione di Gaza e la deportazione e lo sterminio del popolo palestinese, Meloni ha pensato bene di inquadrare nel mirino la Global Sumud Flotilla: “E’ un’iniziativa gratuita, pericolosa e irresponsabile, fatta apposta per creare problemi al governo”.
Inutile spiegare alla premier che sulle barche dirette a Gaza ci sono cittadini di quarantaquattro Paesi e che gli italiani sono una esigua minoranza. Dunque, il “movente” indicato dalla leader di Fratelli d’Italia non regge. A Meloni, la Flotilla e soprattutto le piazze e le strade piene di famiglie con bambini, pensionati, studenti, lavoratori, scesi in corteo per chiedere di fermare le stragi di innocenti a Gaza, fanno perdere lucidità.
Per due ragioni. La prima: la protesta va ben oltre le zone Ztl dove da qualche tempo vivacchia la sinistra e dunque circoscrive per la prima volta, in modo plastico, il perimetro del consenso della premier. La seconda: la mobilitazione civile dà corpo, anima e sostanza alla rabbia per come il governo italiano ha trattato finora la guerra scatenata da Israele contro i palestinesi. Nessun riconoscimento della Palestina, al contrario di Paesi alleati come Francia, Spagna, Gran Bretagna, Portogallo (solo per citare i più prossimi). E freno a qualsiasi iniziativa europea contro il governo di Netanyahu. Sanzioni comprese.
Da convinta populista praticante, per Meloni ritrovarsi il popolo contro è dolorosissimo. E fastidiosissimo. Così ha mandato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ad “avvertire” i manifestanti e gli organizzatori, dopo gli scontri di Milano e di Torino dove si sono visti in azione “maranza” e teppisti senza targhe politiche: “C’è l’intenzione da parte di alcuni di trasformare questa causa in qualcosa che potrà riflettersi sulle nostre piazze”. E puntando l’indice contro il segretario della Cgil, Maurizio Landini, il responsabile del Viminale ha rincarato: “Assurdo dire che scatenerà uno sciopero generale se qualcuno toccherà la Flotilla”. Ancora: “Faccio fatica a comprendere cosa c’entra il tema della pace con manifestazioni che finiscono con le violenze. Gli organizzatori devono predisporre dei servizi d’ordine”.
La reazione di Landini è arrivata a stretto giro: “Deve essere Piantedosi il primo responsabile. Io non scateno nulla. Lo sciopero è l’unico strumento democratico che i cittadini hanno per dire che non sono d’accordo. È lui che deve garantire che in piazza non ci siano violenti che mettano in discussione il mio diritto”. Sulla stessa linea Elly Schlein, segretaria del Pd: “Ricordo che è compito del governo garantire l’ordine pubblico e la libertà di manifestare, come è scritto nella nostra Costituzione. Non è accettabile sostenere che gli organizzatori delle manifestazioni pacifiche siano responsabili di quanto possa compiere qualche isolata frangia violenta”.
Schermaglie con sindacati e Pd a parte, il problema di Meloni è che la protesta pro-Pal va ben oltre. Si estende dove negli ultimi anni non si era mai spinta. Dopo decenni, si assiste sorprendentemente al risveglio di quello che una volta veniva definito “proletariato”. L’immane tragedia di Gaza, i massacri di bambini e medici, i colpi di artiglieria sulla popolazione in fila per un pezzo di pane o qualche litro d’acqua, ha innescato una mobilitazione d’altri tempi. Tant’è, che i porti sono diventati il fronte vero e concreto della protesta.
A Genova, Taranto, Livorno, i portuali hanno bloccato le navi da e per Israele. Su quei mercantili non viene scaricato, né caricato neppure uno spillo senza l’intervento della Capitaneria di porto. “E’ il popolo che si ribella ai massacri”, dicono i manifestanti. Vallo a spiegare a Meloni, la populista.