Il “Rapporto sul Benessere equo e sostenibile 2016” diffuso dall’Istat rileva che la parte più debole della popolazione continua ad essere tagliata fuori dai segnali di miglioramento dell’economia
La crescita del reddito disponibile “non ha modificato la disuguaglianza: nel 2015 il valore è identico a quello del 2013, il più alto dell’ultimo decennio” e “si conferma saldamente sopra la media europea: il rapporto tra il reddito percepito dal 20% della popolazione con i redditi più alti e il 20% con i redditi più bassi nel 2015 è pari a 5,8 in Italia, contro una media europea di 5,2”.
Nel 2015 la quota di persone a rischio di povertà sale al 19,9% dal 19,4% del 2014, e la povertà assoluta cresce raggiungendo quota 7,6%, pari a 4 milioni e 598 mila persone, a seguito dell’aggravarsi della condizione delle famiglie più ampie, in particolare le coppie con due figli e le famiglie di stranieri.
In Italia il disagio economico è legato alla difficoltà per famiglie e individui a entrare e restare nel mercato del lavoro: l’11,7% delle persone vive in famiglie con intensità lavorativa molto bassa, valore che sale al 20,3% nelle regioni del Mezzogiorno.
Tuttavia nel 2015 si interrompe la tendenza all’aumento protrattasi per tutto il periodo 2009-2014.
Il mezzogiorno si conferma l’area più colpita dal disagio , con il reddito medio disponibile (pro-capite) delle famiglie consumatrici che si attesta al 63% di quello delle famiglie residenti nel Nord ed maggiore disuguaglianza del reddito. Il Mezzogiorno è anche l’area del Paese con i livelli di povertà più elevati: il rischio di povertà coinvolge il 34% dei residenti, una quota tripla rispetto al Nord. Le differenze territoriali si attenuano se si considera l’indicatore di povertà assoluta che tiene conto delle differenze nei prezzi praticati sul territorio e si attesta intorno al 10% nel Mezzogiorno e al 6,7% nel Nord.
Segnali di miglioramento nel periodo 2015-16 rispetto al 2013 per quanto riguarda la soddisfazione per la vita, occupazione, istruzione, salute e ambiente, mentre si registra una “sostanziale stabilità” per condizioni economiche minime, qualità del lavoro, relazioni sociali e reddito.
Dal confronto con la situazione del 2010 emergono trend positivi per salute, ambiente, istruzione e un recupero completo per l’occupazione; livelli lievemente inferiori si registrano per reddito, relazioni sociali e soddisfazione per la vita.
I divari, prosegue il rapporto, sono invece ancora rilevanti per condizioni economiche minime e qualità del lavoro. Il quadro che emerge rispetto al 2013 è quindi di miglioramento o stabilità per tutte le componenti del benessere; il recupero è invece ancora parziale se il termine di confronto è il 2010.
Nei territori gli indicatori compositi hanno avuto evoluzioni in linea con quelle nazionali ma l’intensità è stata diversa. Il Nord e il Centro registrano un miglioramento per ambiente, salute e istruzione nell’ultimo anno negli altri domini si è tornati vicini ai livelli del 2010, ad eccezione della qualità del lavoro. Nel Mezzogiorno permangono forti divari rispetto al 2010 per condizioni economiche minime, qualità del lavoro e soddisfazione per la vita, mentre si rilevano miglioramenti in tutti i domini nel confronto con il 2013.