È stato presentato oggi a Roma il VI Rapporto Asstel sulla filiera delle Telecomunicazioni in Italia, occasione annuale in cui esponenti delle parti sociali, imprenditoriali e istituzionali, si confrontano sullo stato di uno dei settori più determinanti nel definire le sorti dello sviluppo del paese.
Cesare Avenia, presidente uscente di Asstel, ha subito messo in luce il dato più significativo emerso dal Rapporto, ossia il costante “allargamento della forbice fra copertura e utilizzo delle infrastrutture di rete. Mentre la prima accelera –ha spiegato Avenia-, l’utilizzo parte da un livello tra i più bassi in Ue e cresce al minor tasso annuo”. Come spiegato nel rapporto, infatti, la media nazionale italiana di utilizzo delle infrastrutture di rete è di appena lo 0,5%, contro lo 0,7% della media europea.
Il gap “culturale”, come l’ha definito Avenia, è ancora più lampante se si guarda, ad esempio, allo strumento della banda larga di base che, se ormai raggiunge il 99% delle abitazioni italiane, in linea con gli obblighi imposti dagli accordi Ue, viene utilizzata soltanto nel 23,4% dei casi.
“Se guardiamo alla copertura, comunque –ha spiegato Andrea Rangone, professore di Business Strategy e E-business del Politecnico di Milano,- a parte la banda larga di base, il nostro paese è indietro. Eppure le possibilità di colmare questo gap ci sono, ma serve un quadro legislativo favorevole”.
Rispetto al contesto macroeconomico, Rangone ha poi messo in luce come il peggior dato del settore delle Tlc riguardi la produttività del lavoro, “legata, in primis, agli investimenti e dal tipo di strumenti, più o meno tecnologicamente avanzati, a disposizione. Se la nostra produttività è così bassa –spiega Rangone-, dipende anche dalla correlazione tra questa e gli scarsi investimenti nel settore Information and Communication Technology (ICT, ndr)”.
“Inoltre, ha aggiunto Rangone illustrando il Rapporto più nel dettaglio-, in sei anni il settore ha perso il 21% del fatturato, dato in controtendenza rispetto a quello del volume dei servizi che, sms a parte, continua ad aumentare. È evidente quindi – ha precisato Rangone- che il calo dei ricavi sia legato a una forte contrazione dei prezzi”. il che si è andato a ripercuotere sul mercato del lavoro con la perdita di 15 mila addetti (pari all’11%) negli ultime 5 anni.
A seguito dell’illustrazione dei dati del rapporto, la tavola rotonda con i rappresentanti delle parti sociali e imprenditoriali è stata dominata da alcuni temi chiave, a partire da quella della necessità di “un sistema di regole uguali per tutti, che riequilibri l’asimmetria oggi esistente tra le Telco (società di telecomunicazioni, ndr) e l’economia digitale”, ha affermato Massimo Angelini, direttore Pubbliche relazioni Wind. Anche Andrea Antonelli, amministratore delegato di Almaviva Contact, ha parlato di una modifica delle regole del mondo del lavoro come “atto imprescindibile in un settore come il nostro, in cui l’80% degli operatori ha oltre 30 anni, e dove il turn over è bassissimo. Prima era un mondo di drenaggio di accesso al lavoro, oggi non è più così. Le dinamiche sono quelle di un mercato maturo e stabile”.
Massimo Cestaro, segretario generale Slc Cgil, ha riportato l’attenzione sul dato della contrazione dei prezzi, domandandosi: “ è un beneficio per i consumatori, ma fino a che punto? Dopo c’è il discorso della qualità del prodotto offerto e, quindi, di imprese disposte ad investire in innovazione e formazione per dare qualità al prodotto. L’occupazione – precisa Cestaro- non può essere connessa soltanto alla riforma del mercato del lavoro, che è importantissima, ma serve le aziende che siano disposte ad assumere. In questo paese si riflette sul mercato del lavoro come se fosse l’unico elemento in grado di risolvere la crisi, mentre in realtà si dovrebbe pensare anche alle difficoltà di un settore che, come il nostro, è deregolamentarizzato e soffre di gare al ribasso, spingendo le aziende ‘in regola’ fuori mercato”. Tra le proposte del leader sindacale, rimaste a sua detta finora inascoltate, i contratti d’apprendistato e maggior spazio alla solidarietà espansiva.
Vito Vitale, segretario generale Fistel Cisl, ha quindi ricordato la “necessità di affrontare il tema della garanzia sulla filiera, ma soprattutto d’incrementare la contrattazione aziendale”. Salvatore Ugliarolo, segretario generale Uilcom Uil, inoltre, ha messo in luce le potenzialità di un settore che: “nonostante le difficoltà del settore, in questi anni ha messo in campo un modello di relazioni industriali che funziona”, per poi rivolgere un appello al governo: “Ciò che è mancato è stato il coinvolgimento delle parti. Invito quindi il governo ad aprire una discussione sul modello di sviluppo del paese proprio a partire dal settore delle telecomunicazioni”.
Di tutta risposta Antonello Giacomelli, sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico, dopo aver confermato l’intenzione del governo a investire nel settore, regolamentandolo tramite il decreto Comunicazione che potrebbe vedere la luce già il prossimo autunno, ha dichiarato la disponibilità a “collaborare e cogliere tutte le sinergie, anche con il mondo del sindacato, oltre che con quello delle imprese. Già dalle prossime settimane – ha aggiunto- siamo pronti al confronto. O vinciamo qui la battaglia, in un settore così innovativo, o non la vinciamo da nessuna parte”.
A concludere il convegno, l’intervento di Elio Catania, presidente di Confindustria digitale, incentrato sul tema dell’execution e del “fare poche cose e farle presto”. “La digitalizzazione del nostro paese è la dimensione strategica nella quale si gioca il futuro dell’intero paese. Ci sono dei segnali di ripresa, ma la natura di questa ripresa è esogena: il vero cambio di passo nell’economia deve ancora avvenire. Oltre alle riforme, fondamentali, servono anche politiche per la crescita che si basino su produttività, competitività e investimenti. I segnali positivi ora ci sono: aumentano le best practices e, per la prima volta, abbiamo due documenti sul piano delle infrastrutture e dei servizi. Ma c’è anche parte dell’imprenditoria che deve ancora capire che bisogna innovarsi per tornare a crescere”. Infine un appello ai sindacati: “La trasformazione tecnologica delle imprese alla fine porta occupazione; alla fine, però, cioè non subito. Perché c’è un periodo di transizione. E la volontà di guardare in maniera proattiva al cambiamento deve esserci da tutte le parti” e uno alle istituzioni: “Il sistema delle regole è la certezza di cui il nostro settore ha bisogno”.
Fabiana Palombo