L’IBM ha comunicato pochi giorni fa la decisione di trasferire su Segrate, in provincia di Milano, entro la metà di settembre, 280 lavoratori da vari siti all’interno dei confini nazionali: si tratta di 167 addetti da Roma, 70 da Torino, 30 da Bologna e poi i restanti dalle sedi di Bari, Cagliari, Catania, Napoli, Palermo. I sindacati esprimono la loro preoccupazione perché ritengono che i numeri suddetti rappresentino una forzatura implicita alle dimissioni del personale interessato al trasferimento. “Come si può pensare per chi lavora in un posto di ‘smontare’ la propria vita e in due mesi ‘rimontarla’ in un altro. Per questo siamo contrari alla ‘transumanza’ verso Segrate”, commenta la Uilm. Le organizzazioni sindacali chiedono all’azienda spiegazioni in grado di motivare “ragioni tecnico – organizzative” dei trasferimenti. “Ad esempio, desideriamo conoscere perché, – dice la Uilm – proprio nel mondo dell’informatica, non si può lavorare ‘a distanza’; altresì, vogliamo sapere quali e quante sono le figure professionali da trasferire e renderci conto dei criteri per l’individuazione e dei risultati attesi in termini di maggiore efficienza”. I sindacati dei metalmeccanici chiederanno, inoltre, se esistono sostegni e iniziative per attenuare i disagi che deriveranno inevitabilmente ai lavoratori. Infine, i sindacati si chiedono se l’attività stabilita a Segrate sarà provvisoria o definitiva, perché – dicono – “è bene vederci chiaro. Infatti se i trasferimenti stabiliti dall’Ibm sono di fatto licenziamenti, i lavoratori dimettendosi in seguito perderebbero anche il diritto agli ammortizzatori sociali. Sarebbe una pessima figura per la multinazionale informatica, ma di certo e ancor più grave l’ennesimo danno al lavoro nel nostro Paese”.
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