Giovedì 16 febbraio 2012
INTERROGAZIONI
Giovedì 16 febbraio 2012. – Presidenza del vicepresidente Luigi BOBBA. – Intervengono il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Elsa Fornero, e il viceministro del lavoro e delle politiche sociali, Michel Martone.
La seduta comincia alle 9.05.
5-04430 Gnecchi: Problematiche relative alla ricongiunzione di contributi presso l’INPS.
Il ministro Elsa FORNERO risponde all’interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1), formulando talune ulteriori considerazioni sull’argomento oggetto dell’interrogazione in titolo. Nonostante sia pienamente consapevole che le misure assunte in materia siano suscettibili di pregiudicare la posizione previdenziale di determinati soggetti rispetto ad altre categorie di lavoratori, ritiene doveroso sottolineare che a queste ultime sono stai riconosciuti in passato trattamenti più favorevoli sulla base dell’applicazione di criteri privilegiati e non corrispondenti a logiche di equità e giusta contribuzione. Ritiene utile, pertanto, avere posto fine a tali forme di beneficio, rendendo uniforme per tutti i lavoratori la disciplina sulle ricongiunzioni, valorizzando il principio secondo il quale ciascun lavoratore ha diritto a percepire un trattamento corrispondente a tutti i contributi versati, a prescindere dalla durata dei periodi di tale contribuzione. Ricorda, in proposito, che le più recenti misure assunte dal Governo in carica hanno riguardato, oltre alla generalizzazione del metodo contributivo per tutti i lavoratori, anche l’eliminazione del limite dei tre anni per l’ammissibilità della totalizzazione dei contributi, al fine di favorire un miglior raccordo tra prestazione previdenziale e onere contributivo sostenuto, che sia basato su criteri di maggiore equità generazionale.
Fa, quindi, notare che la questione dell’onerosità della ricongiunzione si pone soprattutto per i casi di trasferimenti di posizioni contributive tra fondi pensionistici che funzionano secondo regole previdenziali differenti, laddove il fondo chiamato a liquidare la pensione finale, sulla base di tali regole, riconosca un trattamento di maggior favore per i lavoratori, richiedendo, pertanto, il pagamento di un onere corrispondente al miglioramento della prestazione pensionistica complessiva. Osserva, altresì, che l’onerosità della ricongiunzione così introdotta appare corretta e razionale anche sotto il profilo attuariale, come dimostrano le stime fornite dall’INPS in proposito – che sono riportate nell’annesso al testo della risposta – secondo le quali, in caso di eventuale reintroduzione del principio di gratuità della ricongiunzione, risulterebbe un quadro di impegno finanziario insostenibile e troppo gravoso, pari a 378 milioni di euro per l’anno corrente, che – in misura costantemente crescente -diventerebbe di 1.470 milioni di euro a regime, a decorrere dall’anno 2015.
Ritiene, in conclusione, che in un periodo di grave crisi economica come quello attuale a tutti è richiesto uno sforzo maggiore nel sostenere sacrifici e oneri, osservando che la situazione di privilegio goduta da taluni nel periodo storico antecedente non può essere presa a riferimento da altri che ne sono oggi esclusi per lamentare l’esistenza di disparità di trattamento – non esistenti nel caso di specie, a meno che non le si voglia raffrontare a privilegi passati – che il Governo, al contrario, vuole seriamente eliminare, in coerenza con il rispetto di principi di giustizia generazionale.
Marialuisa GNECCHI (PD), dopo aver ringraziato il Ministro per avere assicurato la propria presenza in Commissione per la risposta a una interrogazione che investe un tema di estrema sensibilità sociale, osserva preliminarmente che il suo gruppo ha condiviso la scelta del Governo – peraltro in linea con l’azione avviata sul punto dal Governo Prodi – di rendere omogeneo per tutti i lavoratori il regime contributivo pro rata a partire dal 1o gennaio 2012, nel segno della valorizzazione di qualsiasi forma di contribuzione a prescindere dall’arco temporale preso a riferimento e in un’ottica di maggiore solidarietà tra le generazioni. Ritiene, tuttavia, che le posizioni assunte dall’Esecutivo in carica sulla materia della ricongiunzione siano suscettibili di determinare forti ingiustizie tra lavoratori e vadano modificate: manifesta, al riguardo, la disponibilità del suo gruppo a confrontarsi sulla questione senza pregiudizi di sorta o schematismi ideologici.
Ricorda, infatti, che la scelta di rimuovere la possibilità di ricongiungere gratuitamente i contributi versati è stata assunta dal precedente Governo Berlusconi, nel tentativo di scoraggiare la prematura uscita dal lavoro delle donne del pubblico impiego (così come testimoniano atti di indirizzo presentati da esponenti del centrodestra durante l’esame in Assemblea di provvedimenti in materia), in conformità alle misure assunte dal medesimo Governo in tema di innalzamento dell’età pensionabile delle dipendenti pubbliche; tuttavia, le iniziative governative sul punto si sono progressivamente allontanate dalla ratio fondante di tali misure, dal momento che esse sono state estese arbitrariamente ad altre categorie di lavoratori, dando luogo a palesi forme di iniquità. Ritiene, pertanto, che alla base di tale decisione vi sia stato un errore di interpretazione giuridica nonché una sottovalutazione degli effetti che tali misure avrebbero potuto produrre, come peraltro hanno riconosciuto rappresentanti del precedente Governo, in risposta ad atti di sindacato ispettivo presentati in Commissione (si dichiarò, in un’occasione, l’intenzione di porre rimedio a tale situazione, attesa anche la «neutralità finanziaria» di un eventuale intervento riparatore in tale ambito), nonché in sede di espressione del parere sulla mozione approvata all’unanimità dall’Assemblea della Camera nel luglio 2011.
Pur riconoscendo che la ricongiunzione dei contributi verso un fondo esclusivo o sostitutivo ai fini dell’erogazione di una pensione migliore non possa che essere onerosa (come è sempre stato ed è attualmente, giustificandosi l’onere di ricongiunzione con il trattamento più favorevole garantito nel fondo esclusivo o sostitutivo), fa notare che in precedenza essa era gratuita anche laddove i lavoratori sceglievano di costituire (e non di ricongiungere) gratuitamente la posizione assicurativa presso l’INPS, accontentandosi di un trattamento tendenzialmente inferiore (con eccezione degli operai e dei turnisti elettrici e telefonici). Osserva, infatti, che ricongiungere gratuitamente verso il regime generale dell’INPS facendo confluire gratuitamente la propria (altrimenti sterile) contribuzione, significa aspirare ad avere lo stesso trattamento riconosciuto ai lavoratori dipendenti, non un trattamento migliore o disomogeneo, ovvero significa, a suo avviso, cercare di avere – giustamente – un’unica pensione.
Fa notare, peraltro, che l’onere della contribuzione si giustifica unicamente con il vantaggio pensionistico che deriva dalla ricongiunzione e si determina facendo la differenza tra due pensioni con e senza la contribuzione ricongiunta; osserva, quindi, che, se da tale operazione non deriva una differenza pensionistica (così come avvenuto in passato per i lavoratori che hanno scelto un trattamento potenzialmente inferiore rispetto a quello che avrebbe ottenuto nel fondo esclusivo o sostitutivo), l’onere di ricongiunzione è pari a zero e quest’ultima è assolutamente gratuita, facendo altresì presente che le aliquote contributive differenti non hanno mai inciso sull’onere di ricongiunzione. Sottolinea, quindi, che il Ministro ha omesso di precisare che si sta chiedendo un onere di ricongiunzione anche a lavoratori che hanno fatto sempre lo stesso lavoro dipendente, pagando le medesime aliquote dei lavoratori dipendenti sulla medesima retribuzione pensionabile: l’ingiusta differenza si produce proprio ai danni di chi, pur avendo sempre svolto un lavoro dipendente, si trova ad avere la contribuzione divisa tra due o più assicurazioni, per scelte aziendali e più raramente per scelte individuali.
Rileva, inoltre, che esiste un problema reale per i lavoratori e le lavoratrici degli enti locali: per risparmiare, gli enti locali hanno infatti versato, fino alla legge n. 335 del 1995, nel fondo pensioni per i propri dipendenti aliquote inferiori, che adesso penalizzano molto i lavoratori e le lavoratrici che dovessero andare in pensione con il calcolo contributivo o la totalizzazione. Fa presente, però, che il problema è fondamentalmente dell’ente pubblico che ha risparmiato e non può riflettersi sulle spalle del singolo lavoratore.
Infine, alla luce dei dati sui profili finanziari forniti dagli uffici del competente ente previdenziale, che giudica totalmente inattendibili, ritiene che sia ormai indispensabile procedere ad una audizione in Commissione del presidente dell’INPS.
Luigi BOBBA, presidente, nel riservarsi di rappresentare al presidente della Commissione la richiesta, testé formulata, di audizione del presidente dell’INPS, avverte di avere consentito una replica dettagliata all’onorevole Gnecchi, esclusivamente nel presupposto dell’assoluta rilevanza del tema oggetto del sua interrogazione, ferma restando l’esigenza di attenersi ai termini temporali previsti dal Regolamento.
5-05950 Bellanova: Sulle risorse utilizzate dalle regioni per gli ammortizzatori sociali in deroga.
Il ministro Elsa FORNERO risponde all’interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2), aggiungendo che è in fase di studio un’ampia riforma del mercato del lavoro, nell’ambito di un aperto e serio confronto tra il Governo e le parti sociali, che dovrebbe condurre, tra l’altro, a una profonda revisione degli ammortizzatori sociali, da attuare secondo logiche di ampliamento della platea dei potenziali beneficiari. Fatto notare, peraltro, che tali riforme non avranno immediata operatività, anche perché è impensabile far partire i nuovi meccanismi con immediatezza, osserva che il Governo non intende assolutamente mettere in discussione il ricorso alla cassa integrazione guadagni, anche in deroga, per l’anno corrente, considerato l’attuale, grave, periodo di crisi occupazionale e produttiva, che induce il Governo a rappresentare come un obiettivo a più lungo termine la riforma degli ammortizzatori sociali.
Teresa BELLANOVA (PD) prende atto con soddisfazione della parte aggiuntiva della risposta del Ministro, auspicando che il Governo possa elaborare, in accordo con le parti sociali, una riforma degli ammortizzatori sociali che faccia rientrare tra i beneficiari dei trattamenti di integrazione salariale, anche in deroga, le categorie di lavoratori più deboli oggi escluse: tra queste ultime cita i giovani, ai quali, a suo avviso, fino ad oggi nulla è stato restituito in termini di maggiori risorse e opportunità, nonostante i risparmi economici che si sono conseguiti ai danni dei più anziani.
Invita, altresì, il Ministro a realizzare un approfondito monitoraggio per singole regioni, volto a constatare quali realtà risultino ancora in pendenza con pratiche inevase, al fine di valutare modalità di intervento utili ad eliminare eventuali inefficienze, che rischiano di penalizzare soprattutto i lavoratori più deboli. Fa notare, infatti, che a rendere preoccupante la situazione testé descritta non è tanto la mancanza dei trasferimenti alle regioni, quanto l’inerzia di talune di queste ultime nell’assolvimento delle procedure burocratiche necessarie all’erogazione dei trattamenti.
Luigi BOBBA, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all’ordine del giorno.
La seduta termina alle 9.45.
ALLEGATO 1
5-04430 Gnecchi: Problematiche relative alla ricongiunzione di contributi presso l’INPS.
TESTO DELLA RISPOSTA
L’interrogazione che passo a discutere, presentata dall’onorevole Gnecchi, concerne la questione delle ricongiunzioni onerose.
A questo proposito vorrei ricordare alla Commissione che la disciplina in materia di ricongiunzione onerosa, introdotta dal precedente Governo (con il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010), aveva l’obiettivo di ridurre la frammentazione e il particolarismo delle tutele offerte alle diverse categorie di lavoratori.
L’imposizione di un onere di ricongiunzione risponde infatti a criteri di equità tra le categorie. Del resto, prima che venisse adottata la disposizione contenuta nel decreto-legge n. 78 del 2010, la ricongiunzione dei contributi a titolo gratuito era in vigore unicamente per i lavoratori che dalle cd. «Gestioni Alternative (quali INPDAP, Fondi speciali Ferrovie, Volo, Elettrici, Telefonici, …)» intendevano passare al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (FPLD).
Risultavano già essere a titolo oneroso, invece, tutte le ricongiunzioni dalle «Gestioni Speciali» (ossia dalle «altre» gestioni, come quelle di artigiani e commercianti, ad esempio) al FPLD e dal FPLD alle «Gestioni Alternative e Speciali». Sussisteva quindi una disomogeneità di trattamento tra lavoratori che difficilmente poteva trovare giustificazione dal punto di vista economico o sociale.
Inoltre, le diverse gestioni previdenziali si sono storicamente contraddistinte per una grande eterogeneità nelle aliquote previdenziali, nei criteri di accesso alle prestazioni e nelle regole di calcolo delle pensioni. L’onerosità della ricongiunzione è volta a compensare tali differenze, per garantire parità di trattamento tra lavoratori «che optano per la ricongiunzione provenendo da altre gestioni previdenziali» e «lavoratori che da sempre contribuiscono alla gestione in causa» (al FPLD, nel nostro caso).
Proprio al fine di non produrre ingiuste differenze, la totalizzazione dei contributi, che è l’alternativa alla ricongiunzione, è gratuita, ma dà origine a pensioni calcolate interamente con il metodo contributivo. Questo metodo garantisce infatti, in ossequio al principio di equità, pensioni strettamente legate ai contributi versati.
In proposito, vorrei sottolineare che la riforma del sistema previdenziale introdotta da questo Governo (di cui all’articolo 24 della legge n. 214 del 2011), ha abolito la soglia minima di 3 anni di contribuzione per vedersi riconosciuti i contributi versati ad ogni singola gestione. Ora la totalizzazione riguarda tutti i contributi versati dal lavoratore, a prescindere dagli anni di contribuzione maturati nelle diverse gestioni.
Tanto premesso, al fine di dare risposta al quesito che mi è stato rivolto, informo la Commissione che dalle rilevazioni effettuate dall’INPS risulta che negli ultimi dieci anni sono state presentate circa 150.000 domande di trasferimento gratuito dei contributi all’Assicurazione Generale Obbligatoria gestita dall’INPS (e ciò sia a titolo di ricongiunzione gratuita che per costituzione di posizione assicurativa).
Di tali domande circa 110.000 sono state definite; circa 16.000 sono state respinte e poco più di 2.300 sono state «chiuse» per rinuncia da parte degli interessati.
ANNESSO ALLA RISPOSTA DEL GOVERNO
Stima degli oneri derivanti dal ripristino della normativa vigente ante legge n. 122 del 2010 in tema di ricongiunzioni e trasferimenti di posizioni assicurative.
Si è analizzato il quadro normativo esistente in materia di ricongiunzione e trasferimento di periodi assicurativi maturati presso diversi Fondi/Gestioni nell’ipotesi di abrogazione delle norme contenute nella legge n. 122 del 30 luglio 2010, (articolo 12 commi da 12-septies a 12-undecies) che hanno introdotto l’onerosità dei suddetti trasferimenti.
Per la valutazione si è tenuto conto che:
l’abrogazione della normativa riguarda esclusivamente i lavoratori dipendenti, sia pubblici che privati;
la stima della platea dei beneficiari è stata effettuata sulla base dei dati, relativi agli anni 2007-2009, contenuti nella procedura di controllo del processo produttivo dell’INPS, nella quale vengono rilevate le domande di ricongiunzione e trasferimento verso l’AGO dei contributi versati presso lo Stato o presso i Fondi Speciali dell’INPS (articolo 1 legge n. 29 del 1979 e articolo 1 legge n. 322 del 1958);
ulteriore elemento preso a riferimento per la determinazione della platea di beneficiari è stata la distribuzione delle pensioni INPDAP nuove liquidate per categoria e sesso degli ultimi anni, ed i relativi indicatori statistici;
gli oneri sono stati valutati in termini di periodo medio di anticipo del pensionamento in relazione al riconoscimento gratuito di periodi assicurativi, altrimenti non utilizzabili ai fini della maturazione dei requisiti;
a seguito dell’innalzamento dell’età di vecchiaia delle donne del settore pubblico (61 anni nel 2011 e 65 a partire dal 2012), è stato valutato il trasferimento delle posizioni assicurative relative alle donne dello Stato verso l’INPS, in relazione alla gratuità dell’operazione;
trattandosi di lavoratori dipendenti, si è tenuto conto del differimento di 12 mesi a decorrere dalla maturazione dei requisiti (c.d. finestra), per l’accesso alle prestazioni pensionistiche;
La stima evidenzia la seguente articolazione dell’onere nel decennio di osservazione.
Oneri derivanti dal ripristino della normativa vigente ante legge n. 122 del 2010, in tema di ricongiunzioni e trasferimenti di posizioni assicurative
(importi in milioni di euro 2012 e numeri in migliaia di unità)
Anno Numero pensioni
vigenti Onere per rate
di pensione
2012
2013
2014
2015
2016
2017
2018
2019
2020
2021 20
50
80
110
140
170
200
230
260
290 378
665
1.125
1.470
1.470
1.470
1.470
1.470
1.470
1.470
ALLEGATO 2
5-05950 Bellanova: Sulle risorse utilizzate dalle regioni per gli ammortizzatori sociali in deroga.
TESTO DELLA RISPOSTA
L’interrogazione che passo ad illustrare concerne le risorse utilizzate dalle regioni per gli ammortizzatori sociali in deroga.
Preliminarmente ricordo che la possibilità di accedere agli ammortizzatori sociali in deroga, introdotti con la legge finanziaria per il 2009, è stata prorogata e rifinanziata annualmente con la legge di stabilità.
Per l’anno 2011, l’assegnazione di risorse è avvenuta in misura inferiore rispetto alla richiesta, in quanto l’importo richiesto dalle Regioni risultava essere quasi il doppio rispetto alle risorse disponibili. A fronte di una richiesta complessiva di assegnazione di risorse pari a 1.761.000,77 euro, infatti, sono state assegnate alle Regioni, con decreto interministeriale, a seguito di stipula di accordo governativo tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Regione, risorse pari ad 937 milioni di euro (secondo la ripartizione di cui alla tabella allegata).
Con riferimento alle risorse finanziarie da assegnare per l’annualità 2012, faccio presente che la legge di stabilità per il 2012 ha incrementato il Fondo sociale per occupazione e formazione di un miliardo di euro per l’anno 2012.
Ricordo che tali risorse sono destinate a finanziare, oltre gli ammortizzatori sociali in deroga, di competenza statale e regionale, anche gli interventi previsti dalla legge di stabilità di cui all’articolo 33.
Alle risorse stanziate dalla legge di stabilità, tuttavia, devono essere aggiunte le risorse residue degli anni precedenti.
Allo stato attuale, sono pervenute alla competente Direzione Generale del Ministero che rappresento richieste di assegnazioni di fondi, per la finalità della concessione o proroga di ammortizzatori sociali in deroga, dalle seguenti Regioni:
Lazio, per un importo pari ad Euro 220 milioni;
Marche, per un importo pari ad Euro 40 milioni;
Sicilia, per un importo pari ad Euro 60 milioni.
Da ultimo, segnalo che l’INPS procede – attraverso la cd «banca data percettori» – al costante monitoraggio dei trattamenti in deroga concessi alle aziende e ai lavoratori.
Tale monitoraggio è effettuato per ciascuna Regione e rileva sia i trattamenti effettivamente erogati alle aziende e ai lavoratori, sia i finanziamenti destinati alle singole Regioni, previo accordo delle stesse con il Ministero che rappresento.
Il monitoraggio dei dati è messo a disposizione di ogni singola Regione e dei Ministeri vigilanti.
Con riferimento ai ritardi nei pagamenti circa l’indennizzo di cassa integrazione in deroga, l’INPS ha dichiarato di procedere con tempestività al pagamento delle prestazioni, vale a dire nel momento in cui riceve i provvedimenti concessori adottati dalle Regioni e i dati necessari per la liquidazione del trattamento forniti dalle aziende (ove, per esempio, è indicato il periodo effettivo di sospensione di ogni singolo lavoratore).
È la complessità del procedimento relativo agli ammortizzatori in deroga che talvolta può generare tempi di definizione più articolati che possono essere causati dalla tempistica connessa alla adozione dei provvedimenti concessori delle Regioni ovvero dalla ritardata esibizione all’istituto, da parte delle aziende, di elementi informativi utili per la liquidazione della prestazione.
ANNESSO ALLA RISPOSTA DEL GOVERNO
Mercoledì 15 febbraio 2012
UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
Mercoledì 15 febbraio 2012.
L’ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.05 alle 14.20.
SEDE REFERENTE
Mercoledì 15 febbraio 2012. – Presidenza del presidente Silvano MOFFA. – Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Maria Cecilia Guerra.
La seduta comincia alle 14.20.
Disciplina delle modalità di sottoscrizione della lettera di dimissioni volontarie e della lettera di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.
C. 3409 Gatti.
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l’esame del provvedimento.
Teresa BELLANOVA (PD), relatore, osserva che la proposta di legge in esame si pone l’obiettivo di contrastare la pratica di far sottoscrivere al lavoratore le cosiddette «dimissioni in bianco» al momento dell’assunzione e, dunque, nella fase in cui la posizione dello stesso lavoratore è più debole: si tratta di una pratica riguardante prevalentemente le donne lavoratrici, in ordine alla cui diffusione quantitativa non esistono dati universalmente riconosciuti, ma che è di certo un fenomeno che gli addetti ai lavori (e, in particolare, le organizzazioni sindacali) considerano assolutamente allarmante. Fa notare che l’ISTAT stima che nel biennio 2008-2009, quindi nel periodo immediatamente successivo all’abrogazione della legge che aveva definito precise procedure di contrasto del fenomeno, circa 800 mila madri hanno dichiarato che nel corso della loro vita lavorativa, in occasione di una gravidanza, sono state licenziate o messe in condizione di doversi dimettere; a subire più spesso questo trattamento non sono le donne delle generazioni più anziane, ma le più giovani (il 13,1 per cento delle madri nate dopo il 1973), le residenti nel Mezzogiorno (10,5 per cento) e le donne con un titolo di studio basso (10,4 per cento), le donne che lavorano o lavoravano come operaie (11,8 per cento), quelle impiegate nell’industria (11,4 per cento), con un partner anch’esso operaio (11,0 per cento) e con un basso livello d’istruzione (10,6 per cento); tra le madri costrette a lasciare il lavoro in occasione o a seguito di una gravidanza, solo il 40,7 per cento ha poi ripreso l’attività, e le opportunità di riprendere a lavorare non sono le stesse in tutto il Paese: su 100 madri licenziate o indotte a dimettersi, riprendono a lavorare 51 nel Nord e soltanto 23 nel Mezzogiorno.
Osserva che il fenomeno delle dimissioni in bianco costituisce un’arma di ricatto permanente nel corso del rapporto di lavoro e ha un’ampiezza difficilmente determinabile nella sua dimensione reale, trattandosi di un fenomeno che emerge solo a dimissioni avvenute, quando cioè il lavoratore o la lavoratrice cercano di far valere il proprio diritto in sede giudiziaria, con gli scarsi strumenti probatori a loro disposizione. Fa presente che si tratta di una pratica che aggira ogni interpretazione possibile del concetto di «giusta causa» del licenziamento, lasciando inoltre il lavoratore privo perfino del sostegno di eventuali ammortizzatori sociali: la pratica, infatti, dice che oggi in Italia si può essere «dimissionati» per i più svariati motivi, dai più frequenti come la maternità o gli infortuni, alla malattia e all’età, ma si presta anche a strumento di vere e proprie discriminazioni riguardo ai rapporti con le organizzazioni sindacali o addirittura alle opinioni politiche. Ritiene che si tratti, in sostanza, di una pratica che pone il lavoratore in condizione di totale subordinazione rispetto al datore di lavoro, quando invece il diritto del lavoro italiano, e prima ancora la stessa Costituzione, si sono sempre posti il problema del riequilibrio dei rapporti di forza nel rapporto di lavoro, naturalmente squilibrati, onde prevenire l’abuso di potere e la lesione della dignità e libertà delle persone. Evidenzia, inoltre, come il ripristino di una norma che vieti questa pratica rappresenti un interesse comune dei lavoratori e delle lavoratrici, ma anche della maggioranza dei datori di lavoro, che applicano correttamente le leggi e i contratti e che subiscono la concorrenza sleale di coloro che abbattono i costi di produzione, evadendo obblighi e responsabilità sociali: risulta, infatti, che la pratica delle dimissioni in bianco viene utilizzata, per esempio, anche per poter lucrare su eventuali benefici fiscali che determinati provvedimenti di legge riconoscono in caso di nuove assunzioni.
Ricorda che, proprio per fronteggiare il fenomeno delle «dimissioni in bianco», il Parlamento aveva approvato, in modo sostanzialmente unanime, la legge n. 188 del 2007, la quale – prima che l’articolo 39, comma 10, del decreto-legge n. 112 del 2008 ne prevedesse l’esplicita abrogazione – aveva introdotto un meccanismo procedurale semplice ed efficace diretto a porre un rimedio a questa pratica, tenuto conto anche che nell’ordinamento erano già presenti specifiche tutele per i lavoratori dipendenti contro il fenomeno delle false dimissioni: infatti, l’articolo 55, comma 4, del decreto legislativo n. 151 del 2001 prevede che la richiesta di dimissioni presentata dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, debba essere convalidata dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro competente per territorio; inoltre, l’articolo 35, comma 4, del decreto legislativo n. 198 del 2006 stabilisce la nullità delle dimissioni presentate dalla lavoratrice nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio – purché segua la celebrazione – ad un anno dopo la celebrazione stessa, salvo che siano dalla lavoratrice medesima confermate entro un mese alla Direzione provinciale del lavoro.
In tal senso rammenta che, in risposta ad una specifica interrogazione presso la XI Commissione (ottobre 2011), il Governo ha fornito dati dai quali emergerebbe che le mancate convalide delle dimissioni da parte degli Uffici Territoriali del Lavoro siano state soltanto 29 nell’anno 2010 e 30 nel corso dell’anno precedente; tuttavia, nell’anno 2010 «sono state accertate 1.280 violazioni amministrative in ordine alla tutela economica delle lavoratrici madri a fronte delle 406 rilevate nel 2009, con un incremento percentuale pari al 215 per cento rispetto all’anno precedente». Al contempo, rileva che i dati concernenti il numero delle donne che si dimettono volontariamente nel primo anno di vita del bambino sarebbero pari a quasi 18.000 nel 2009 e più di 19.000 nel 2010, un dato che ritiene altrettanto significativo – rispetto al numero totale delle mancate convalide – per spiegare la potenziale entità del fenomeno.
Per queste ragioni, fa notare che il provvedimento in esame, che si compone di 2 articoli, è sostanzialmente volto a ripristinare quanto previsto dalla legge n. 188 del 2007 (ampliandone, peraltro, l’ambito applicativo anche alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro), successivamente abrogata dall’articolo 39, comma 10, del decreto-legge n. 112 del 2008. Rileva che l’articolo 1 definisce l’oggetto della proposta di legge, ossia le modalità di sottoscrizione della lettera di dimissioni volontarie e della lettera di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, da utilizzare in tutti i casi in cui si intende recedere per iscritto dal contratto di lavoro. Segnala poi che all’articolo 2, che si compone di otto commi, il comma 1 prevede che, fermi restando i termini di preavviso di cui all’articolo 2118 del Codice civile, la lettera di dimissioni volontarie deve essere sottoscritta, a pena di nullità, dalla lavoratrice, dal lavoratore, dalla prestatrice d’opera o dal prestatore d’opera, su appositi moduli, resi disponibili gratuitamente dalle direzioni provinciali del lavoro, dagli uffici comunali e dai centri per l’impiego. In proposito, ricorda che il richiamato articolo 2118 prevede che ciascuno dei contraenti possa recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti dagli usi o secondo equità; in mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte a un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. Sottolinea che il comma 2 dello stesso articolo 2 prevede che la lettera di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro deve essere sottoscritta, a pena di nullità, dalla lavoratrice, dal lavoratore, dalla prestatrice d’opera o dal prestatore d’opera, su appositi moduli, resi disponibili gratuitamente dalle direzioni provinciali del lavoro, dagli uffici comunali e dai centri per l’impiego; la disposizione richiama l’articolo 1372 del Codice civile, ove si prevede che il contratto ha forza di legge tra le parti e non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge.
Evidenzia che il comma 3 elenca le tipologie di contratti di lavoro ai quali si applica la legge, segnalando che si tratta dei casi seguenti: tutti i contratti inerenti i rapporti di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 del Codice civile, indipendentemente dalle caratteristiche e dalla durata; i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto; i contratti di collaborazione di natura occasionale; i contratti di associazione in partecipazione di cui all’articolo 2549 del Codice civile, per cui l’associato fornisca prestazioni lavorative e quindi i suoi compensi redditi derivanti dalla partecipazione agli utili siano qualificati come redditi da lavoro autonomo; i contratti di lavoro instaurati dalle cooperative con i propri soci. Segnala, altresì, che il comma 4 dispone che i richiamati moduli, realizzati secondo specifiche direttive definite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, devono in ogni caso riportare: un codice alfanumerico progressivo di identificazione; la data di emissione; appositi spazi, da compilare a cura dei firmatari, dedicati all’identificazione del lavoratore, del prestatore d’opera, del datore di lavoro o del committente, della tipologia di contratto da cui si intende recedere, della sua data di stipulazione e ogni altro elemento utile. Evidenzia che i moduli hanno comunque una validità temporale massima di 15 giorni dalla data di emissione, a garanzia della veridicità e autenticità della volontà del lavoratore, facendo così venir meno la condizione di «coercizione» che si può determinare all’atto dell’assunzione.
Si sofferma poi sul comma 5, che rinvia al decreto attuativo di cui al comma 4 anche la definizione delle modalità per evitare eventuali contraffazioni o falsificazioni dei moduli, mentre il comma 6 prevede che i moduli siano resi disponibili anche attraverso il sito Internet del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, secondo modalità definite con il decreto attuativo di cui al comma 4; in ogni caso, la pubblicazione sulla rete deve garantire allo stesso tempo la titolarità del richiedente, la riservatezza dei dati personali nonché la data di rilascio, ai fini della verifica del rispetto del termine di validità di quindici giorni richiamato in precedenza. Segnala, quindi, che il comma 7 dispone che con apposite convenzioni a titolo gratuito, definite con decreto del Ministro del lavoro, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, sono stabilite le modalità mediante le quali sia possibile al lavoratore acquisire gratuitamente i moduli, anche tramite le organizzazioni sindacali dei lavoratori, i patronati e le organizzazioni dei datori di lavoro. Fa presente, infine, che il comma 8 dispone che all’attuazione della legge si provvede nell’ambito delle risorse finanziarie già previste a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
In conclusione, ritiene opportuno sottolineare che il fenomeno delle dimissioni in bianco non è un’invenzione mediatica, ma un fenomeno reale che – sebbene sia difficile (se non impossibile) da definire nelle sue dimensioni – esiste e rappresenta una grave distorsione della sfera giuridica del lavoratore. Nel ritenere che non ci si possa limitare a negarlo o a ritenerlo non meritevole di intervento legislativo, manifesta apprezzamento per l’interessamento e la volontà espressa al riguardo da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali nella sua recente audizione. Ritiene pertanto, necessaria la reintroduzione di tutele della dignità delle persone e del lavoro, contro il ricatto delle dimissioni in bianco, giudicando inoltre necessario, data la rilevanza del fenomeno specifico, riconoscere e tutelare concretamente, in ogni occasione, il valore sociale della maternità e dell’occupazione femminile. Evidenzia la necessità di essere consapevoli che, in assoluto, le dimissioni in bianco rappresentano una forma di violenza, non fisica ma subdola, di cui purtroppo le lavoratrici ed i lavoratori italiani sono stati e continuano ad essere vittime: il ripristino della legge contro questa pratica, quindi, rappresenta, a suo avviso, una imprescindibile scelta di civiltà. Nel citare una recente inchiesta giornalistica svolta sull’argomento, riporta le considerazioni di un operaia, spinta dalla necessità (due figlie piccole, un mutuo e il bisogno, disperato, di uno stipendio) a firmare, allo stesso tempo, la propria assunzione e le proprie dimissioni, così alimentando la propria speranza e sancendo, contestualmente, la propria condanna, pur nella consapevolezza di essere di fronte ad un ricatto illegale. Auspica che le considerazioni, che giudica semplici ma molto amare, di tale operaia rimangano scolpite nella mente di tutti.
Barbara SALTAMARTINI (PdL), relatore, nell’affermare preliminarmente di avere ritenuto doveroso che l’onorevole Bellanova, con cui condivide l’incarico di relatore sul provvedimento in esame, illustrasse integralmente l’unico progetto di legge in materia attualmente assegnato alla Commissione e riservandosi di valutare anche le ulteriori proposte di legge sull’argomento (alcune delle quali già preannunciate in sede informale da diversi gruppi), dichiara di concordare nella sostanza sulle questioni fondamentali poste nella relazione introduttiva, di cui apprezza il significativo lavoro di approfondimento, esprimendo il proprio sostegno a favore di opportune iniziative normative tese a contrastare ogni forma di discriminazione sui luoghi di lavoro, come quella posta in essere – soprattutto ai danni delle donne – attraverso l’odiosa pratica delle dimissioni in bianco. Nel fare presente, peraltro, che il fenomeno è già disciplinato da specifiche norme dell’ordinamento, che ritiene sufficientemente chiare, prospetta la possibilità di rendere ancora più efficace la normativa di contrasto ai fenomeni di discriminazione, secondo una linea di individuazione delle soluzioni più adeguate, che passi attraverso il più ampio confronto politico.
Ricorda, quindi, l’impegno profuso dall’intera Commissione sul versante della tutela delle donne lavoratrici, in particolare in occasione dell’esame dello schema di decreto legislativo – sul quale ha svolto l’incarico di relatore – per il recepimento della direttiva comunitaria riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, durante il quale si è svolto un lavoro proficuo, che ha portato all’espressione di un parere parlamentare che, tra l’altro, ha anche chiesto il rafforzamento del quadro sanzionatorio.
Nel ribadire l’esigenza di essere inflessibili contro qualsiasi forma di discriminazione e nel riservarsi di valutare ogni altra proposta normativa che i gruppi intenderanno presentare nel prosieguo dell’iter, auspica che anche in questa occasione si possa avviare un confronto ampio, serio e approfondito, in vista dell’elaborazione di un testo condiviso, che sappia operare un giusto contemperamento delle esigenze in gioco. Si augura, in tal senso, che il dibattito, che ha avuto inizio oggi, possa proseguire attraverso la presentazione, in tempi certi, delle ulteriori proposte di legge preannunziate, rimettendo alle valutazioni che svolgerà l’ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, il compito di definire il successivo percorso di esame del provvedimento.
Luigi MURO (FLpTP), nel condividere la ratio del provvedimento in esame, osserva che l’avvio di qualsiasi iniziativa legislativa sulla tematica dovrebbe essere preceduta dall’analisi circa le concrete possibilità di applicazione della normativa vigente, al fine di incidere realmente sulla sostanza del fenomeno. Preannuncia, quindi, l’avvenuta presentazione da parte del suo gruppo di una proposta di legge sull’argomento, sottoscritta anche dall’onorevole Perina, auspicandone un sollecito abbinamento al provvedimento in esame, non appena essa sarà assegnata alla Commissione.
Nedo Lorenzo POLI (UdCpTP), nel preannunciare l’imminente presentazione da parte del suo gruppo di una proposta di legge sull’argomento, di cui auspica un sollecito abbinamento al provvedimento in esame, rileva l’esigenza di approfondire la tematica in questione, nell’ottica di realizzare un intervento legislativo che miri a contrastare severamente il fenomeno in esame, senza, tuttavia, appesantire indiscriminatamente il carico di oneri burocratici gravanti sulle imprese che operano nella legalità. A suo avviso, dunque, occorre approfondire attentamente il problema, evitando di commettere errori che potrebbero seriamente compromettere la funzionalità del sistema.
Massimiliano FEDRIGA (LNP), annunciata la presentazione, a breve, di una proposta di legge sull’argomento anche da parte del suo gruppo, si associa alle considerazioni testé svolte dal deputato Poli, richiamando l’attenzione sull’esigenza di intervenire con durezza e in modo esemplare per reprimere il fenomeno delle dimissioni in bianco nei casi di effettiva violazione della legge, senza tuttavia accrescere gli adempimenti burocratici che gravano sulle imprese oneste, di cui ritiene importante salvaguardare la produttività. Fatto notare che l’ordinamento vigente già contiene disposizioni che prevedono forme di contrasto al fenomeno in questione, prospetta le necessità di assicurarne una efficace applicazione, eventualmente verificando il corretto operato degli uffici pubblici chiamati a svolgere le relative attività ispettive, che evidentemente non riescono a lavorare secondo i necessari criteri di efficienza.
Giuliano CAZZOLA (PdL), pur riservandosi di approfondire la tematica in discussione, ritiene doveroso svolgere un intervento di natura personale – in attesa di verificare quale sarà l’orientamento del suo gruppo – richiamando la necessità di avviare una riflessione circa la reale portata del fenomeno in questione, atteso che le stime citate dall’onorevole Bellanova nella propria relazione introduttiva, a suo avviso, non appaiono del tutto fondate, soprattutto per quanto concerne l’arco temporale di riferimento, tanto che riconosce allo stesso relatore l’onestà intellettuale di aver voluto precisare che non si conoscono ancora le esatte dimensioni del fenomeno. Pur sottolineando l’esigenza di contrastare una pratica illegittima di cui non intende disconoscere l’esistenza, ritiene importante svolgere una completa attività istruttoria, ricordando che, su questo tema, il Governo precedente era già intervenuto, abrogando la legge sul divieto delle dimissioni in bianco, nel presupposto di una più intensa attività di controllo da svolgere sul versante amministrativo, a fronte dell’esistenza di strumenti di tutela giuridici già vigenti nell’ordinamento. Nel riservarsi, dunque, di valutare le ulteriori iniziative normative che gli altri gruppi intenderanno intraprendere sul tema, ritiene altresì opportuno valutare con attenzione la giurisprudenza formatasi sull’argomento, dalla quale, a suo avviso, non emergerebbe una precisa rilevanza giuridica del fenomeno.
Il sottosegretario Maria Cecilia GUERRA, osservato che il suo dicastero annette un forte interesse alle modalità tecniche più appropriate per evitare il fenomeno delle dimissioni in bianco, auspica che si possa dar vita a un lavoro serio e costruttivo in Parlamento, rispetto al quale il Governo cercherà di dare il proprio contributo.
Silvano MOFFA, presidente, fa presente che nella seduta odierna si è avviato un percorso laborioso e complicato, in ordine al quale è opportuno che i gruppi collaborino, in stretto contatto con il Governo, in vista della possibile elaborazione di soluzioni condivise, che sappiano contemperare le varie esigenze in campo. Ritiene pertanto opportuno dedicare, nella prossima settimana, una nuova seduta allo svolgimento del dibattito di carattere generale, anche in modo da attendere – auspicabilmente entro l’inizio del mese di marzo – l’eventuale presentazione e assegnazione delle ulteriori proposte di legge preannunziate oggi da diversi gruppi, per verificare le più idonee modalità di prosecuzione dell’iter.
Rinvia, quindi, il seguito dell’esame ad altra seduta.
Norme per favorire l’inserimento lavorativo dei detenuti.
Testo unificato C. 124 Angeli, C. 859 Pisicchio, C. 937 D’Ippolito Vitale, C. 3010 Renato Farina.
(Seguito dell’esame e rinvio).
La Commissione prosegue l’esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 18 gennaio 2012.
Silvano MOFFA, presidente, comunica preliminarmente che – secondo quanto convenuto nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo dell’8 febbraio scorso – l’inizio della discussione in Assemblea del provvedimento in titolo, già fissato per lunedì 13 febbraio, è stato rinviato a lunedì 27 febbraio, in attesa dell’espressione dei pareri da parte delle competenti Commissioni parlamentari sul testo unificato dei progetti di legge in esame, come risultante dagli emendamenti approvati. Al riguardo, segnala che le Commissioni I (Affari costituzionali), X (Attività produttive) e XIV (Politiche dell’Unione europea) hanno espresso parere favorevole e le Commissioni II (Giustizia), III (Esteri), VIII (Ambiente) e XII (Affari sociali) hanno espresso parere favorevole con osservazioni; la VI Commissione (Finanze) ha, a sua volta, formulato un parere favorevole con condizioni e osservazioni. Fa presente, invece, che la V Commissione (Bilancio) ha formulato al Governo – nella seduta del 1o febbraio 2012 – la richiesta di relazione tecnica, da trasmettere entro 15 giorni: alla luce di tale termine, la relazione tecnica dovrebbe essere trasmessa entro la giornata di domani, giovedì 16 febbraio.
Per tali ragioni, avverte che la Commissione sarà nuovamente convocata sull’argomento nella prossima settimana; in quella sede si potrà verificare il contenuto dei pareri già espressi e l’eventuale formulazione del parere della V Commissione, al fine di concordare le modalità di conclusione dell’esame del testo unificato in titolo.
La Commissione prende atto.
Silvano MOFFA, presidente, rinvia, quindi, il seguito dell’esame ad altra seduta.
Trattamenti speciali di disoccupazione in favore dei lavoratori frontalieri italiani in Svizzera rimasti disoccupati a seguito della cessazione del rapporto di lavoro.
Testo unificato C. 3391 Nicola Molteni, C. 3392 Volontè, C. 3616 Narducci.
(Seguito dell’esame e rinvio).
La Commissione prosegue l’esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 17 gennaio 2012.
Silvano MOFFA, presidente, ricorda che nella precedente seduta si è convenuto di sollecitare l’espressione del parere, sul testo unificato dei progetti di legge in esame, da parte della V Commissione (Bilancio), che ha richiesto al Governo – ai sensi dell’articolo 17, comma 5, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 – la predisposizione della relazione tecnica per la quantificazione degli oneri. Al riguardo, fa presente che la V Commissione, riunitasi nella giornata di ieri, non ha espresso il prescritto parere, a causa della ricezione dal Governo di una relazione tecnica negativamente verificata: la stessa Commissione, pertanto, piuttosto che procedere all’espressione di un parere contrario, ha ravvisato l’opportunità che siano ulteriormente approfonditi i profili di carattere finanziario, come risulta dalla lettera inviata ieri dal presidente della V Commissione.
Considerato che il provvedimento in esame risulta iscritto nel programma dei lavori dell’Assemblea per il prossimo lunedì 20 febbraio, prende atto dell’opportunità di verificare – secondo quanto già anticipato nella riunione dell’Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, svoltasi in precedenza – le più idonee modalità di definizione del testo unificato in esame, anche alla luce del contenuto della predetta relazione tecnica.
Per tali ragioni, propone – se non vi sono obiezioni – di rappresentare al Presidente della Camera l’esigenza di rinviare l’inizio della discussione in Assemblea del provvedimento in esame.
La Commissione conviene.
Massimiliano FEDRIGA (LNP), relatore, pur ritenendo discutibili taluni passaggi della relazione tecnica trasmessa dal Governo alla V Commissione, osserva di avere concordato con l’esigenza di richiedere un differimento dell’avvio dell’esame del provvedimento in Assemblea, a condizione che esso sia limitato ad un periodo di una settimana, durante il quale potranno essere individuate eventuali soluzioni volte a rendere concretamente applicabile il testo in esame. Per tali ragioni, fa presente che il suo gruppo ha accolto la proposta di prospettare il rinvio dell’inizio della discussione in Assemblea soltanto se tale discussione sarà nuovamente prevista a partire da lunedì 27 febbraio.
Luigi BOBBA (PD) si associa alle considerazioni svolte dal relatore, facendo notare che il suo gruppo subordina lo slittamento dei termini per l’avvio dell’esame del provvedimento in Assemblea alla condizione che esso abbia luogo a partire da lunedì 27 febbraio.
Silvano MOFFA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che trasmetterà immediatamente al Presidente della Camera la richiesta di rinvio della discussione in Assemblea del provvedimento in esame, indicando in modo esplicito l’esigenza che il suo inizio sia previsto per lunedì 27 febbraio.
Rinvia, quindi, il seguito dell’esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 14.50.
SEDE CONSULTIVA
Mercoledì 15 febbraio 2012. – Presidenza del presidente Silvano MOFFA.
La seduta comincia alle 14.50.
Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte delle regioni e degli enti locali.
Testo unificato C. 3466 Amici, C. 3528 Mosca, C. 4254 Lorenzin, C. 4271 Anna Teresa Formisano, C. 4415 Governo e C. 4697 Sbrollini.
(Parere alla I Commissione).
(Seguito dell’esame e conclusione – Parere favorevole con osservazioni).
La Commissione prosegue l’esame del provvedimento, rinviato nella seduta di ieri.
Silvano MOFFA, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, chiede al relatore se vi siano le condizioni per la presentazione di una proposta di parere sul provvedimento in titolo.
Luigi MURO (FLpTP), preso atto che i gruppi sembrano avere condiviso le considerazioni svolte nella sua relazione introduttiva, presenta una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato), di cui illustra sinteticamente il contenuto, soffermandosi, in particolare, su talune questioni, riguardanti l’esigenza di favorire la più ampia partecipazione possibile alla competizione elettorale e di approntare le necessarie tutele nei confronti dei partecipanti ai concorsi pubblici.
Teresa BELLANOVA (PD) osserva che il suo gruppo giudica di rilevante importanza il provvedimento in esame, esprimendo apprezzamento per il lavoro svolto presso la Commissione di merito, che sembra essere stato positivamente valutato dallo stesso relatore. Giudicata, quindi, appropriata la proposta di parere, che ritiene contenga osservazioni pertinenti e puntuali, preannuncia su di essa il voto favorevole del suo gruppo.
Massimiliano FEDRIGA (LNP) preannuncia l’astensione del suo gruppo nella votazione della proposta di parere del relatore. Pur osservando, infatti, di non potersi che definire favorevole a una maggiore partecipazione delle donne all’attività politica, ritiene che la proposta normativa in esame, che giudica demagogica e offensiva nei confronti delle donne stesse, rischia di introdurre nell’ordinamento misure inefficaci e impossibili da applicare sul piano pratico, ponendo altresì in difficoltà gli stessi dirigenti di partito incaricati di formare le liste elettorali. Ritiene, pertanto, che, piuttosto che realizzare interventi legislativi astratti e privi di reale impatto sulla realtà sociale esistente, che, in assenza di candidature femminili effettivamente disponibili, rischiano soltanto di rendere ingestibile la compilazione delle liste da parte dei responsabili politici a livello locale, sia necessario concentrarsi su altre forme di intervento, quali, ad esempio, l’implementazione dei servizi pubblici a sostegno della maternità o la promozione della pari responsabilità genitoriale: solo in questo modo sarà possibile creare vere opportunità, in termini di tempo e di disponibilità, nei confronti delle donne.
Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole con osservazioni formulata dal relatore.
La seduta termina alle 15.
ALLEGATO
Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte delle regioni e degli enti locali. (Testo unificato C. 3466 Amici, C. 3528 Mosca, C. 4254 Lorenzin, C. 4271 Anna Teresa Formisano, C. 4415 Governo e C. 4697 Sbrollini).
PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE
La XI Commissione, esaminato il testo unificato dei progetti di legge C. 3466 e abb., recante «Disposizioni per promuovere la rappresentanza di genere nei consigli regionali e degli enti locali», come risultante dagli emendamenti approvati dalla I Commissione;
rilevato che esso incide su materie particolarmente rilevanti e sensibili, con il fine di rimediare a una presenza marginale delle donne nei luoghi di rappresentanza e nei centri decisionali della politica e di favorire condizioni di eguaglianza e parità di accesso tra uomini e donne alle cariche elettive e agli altri uffici pubblici;
fatto presente, in proposito, che la XI Commissione ritiene di dover esprimere una serie di valutazioni sul provvedimento, anche alla luce delle proprie competenze in materia, ricordando come – già nel novembre del 2008 – essa abbia approvato una risoluzione che impegnava il Ministro del lavoro e delle politiche sociali a prevedere che le proposte di nomina, per gli enti ricadenti sotto la sua competenza, possano tenere conto di un’equilibrata rappresentanza di genere;
osservato che l’articolo 2, oltre a prevedere una norma di indirizzo per quanto concerne l’elezione dei consigli circoscrizionali e la nomina o la designazione dei componenti degli organi esecutivi, dispone che, per l’elezione dei consigli comunali, nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati, individuando delicati meccanismi di controllo sulla violazione di tale principio;
richiamata la giurisprudenza costituzionale in materia di «quote di genere», con particolare riferimento alla sentenza n. 49 del 2003, che ha basato la sostanziale legittimità di analoghi interventi sul fatto che simili disposizioni stabiliscono un vincolo non già all’esercizio del voto o all’esplicazione dei diritti dei cittadini eleggibili, ma alla formazione delle libere scelte dei partiti e dei gruppi che formano e presentano le liste elettorali, precludendo loro (solo) la possibilità di presentare liste formate da candidati tutti dello stesso sesso;
preso atto che il citato articolo 2 estende la previsione (con la modifica dell’articolo 17, comma 5, del Testo unico degli enti locali) anche alle elezioni dei consigli circoscrizionali o, comunque, agli organismi di decentramento organizzativo e funzionale di cui possono dotarsi i comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti;
visto l’articolo 3, nella parte in cui, modificando l’articolo 57 del decreto legislativo n. 165 del 2001, prevede rilevanti novità in ordine alle disposizioni in materia di composizione delle commissioni di
concorso e al ruolo dei competenti organismi di parità, esprime
PARERE FAVOREVOLE
con le seguenti osservazioni:
1) all’articolo 2, comma 1, lettera a), valuti la Commissione di merito la possibilità di prevedere eventuali interventi sostitutivi in caso di inerzia, nonché di chiarire la portata del riferimento, contenuto al termine della lettera, «agli uffici pubblici»;
2) al medesimo articolo 2, al comma 2, laddove si prevede l’esclusione della lista che non rispetti – neanche dopo la cancellazione dei nomi – il principio di proporzione tra i sessi, si verifichi l’opportunità di dare un termine (ad esempio, di 5 giorni non festivi dalla comunicazione della inosservanza della norma) prima di procedere alla sua esclusione, anche al fine di favorire la più ampia partecipazione possibile alla competizione elettorale;
3) con riferimento all’articolo 3, si raccomanda di disciplinare gli effetti che l’atto «convalescente» – in quanto sottoposto a diffida o ricorso – può produrre nei confronti dei partecipanti al concorso e alla scadenza dei termini ivi .contenuti
Martedì 14 febbraio 2012
SEDE CONSULTIVA
Martedì 14 febbraio 2012. – Presidenza del presidente Silvano MOFFA. – Interviene il viceministro del lavoro e delle politiche sociali Michel Martone.
La seduta comincia alle 13.05.
Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte delle regioni e degli enti locali.
Testo unificato C. 3466 Amici, C. 3528 Mosca, C. 4254 Lorenzin, C. 4271 Anna Teresa Formisano, C. 4415 Governo e C. 4697 Sbrollini.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l’esame del provvedimento.
Luigi MURO (FLpTP), relatore, nello svolgere talune considerazioni di natura introduttiva, sottolinea l’importanza del tema della rappresentanza politica di genere, facendo notare che non sempre l’introduzione di misure normative tese a garantire una quota di riserva in favore di categorie svantaggiate si pone in linea con il raggiungimento di obiettivi di pari opportunità. Ricorda, in proposito, la sua precedente esperienza di amministratore locale, durante la quale ha avuto l’occasione di sostenere la rappresentanza delle donne in politica con atti concreti di nomina, piuttosto che con il rispetto formale di astratte regole giuridiche di tutela.
Rileva, a tal fine, che la Commissione è chiamata ad esprimere il parere alla I Commissione, per quanto di propria competenza, sul testo unificato delle proposte di legge C. 3466 e abbinate, come risultante dall’esame degli emendamenti: il provvedimento, che parte dalla constatazione della presenza marginale delle donne nei luoghi di rappresentanza e nei centri decisionali della politica, intende conferire una concreta operatività a talune disposizioni della Carta costituzionale – contenute agli articoli 3, 37, 51 e 117 – in materia di condizioni di eguaglianza e parità di accesso tra uomini e donne alle cariche elettive e agli altri uffici pubblici, nonché pari opportunità nella vita sociale, culturale, professionale ed economica.
Osserva, in particolare, che il testo in esame, novellando la normativa vigente in materia (in specie, il Testo unico degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), introduce una serie di disposizioni finalizzate a garantire la parità di accesso alle cariche elettive e agli organi esecutivi dei comuni e delle province. In questo contesto, rileva che l’articolo 2, oltre a prevedere una norma di indirizzo per quanto concerne l’elezione dei consigli circoscrizionali e la nomina o la designazione dei componenti degli organi esecutivi, dispone che, per l’elezione dei consigli comunali, nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati; la norma, peraltro, attribuisce ai competenti organismi elettorali il compito di cancellare dalla singola lista gli eventuali nomi dei candidati, appartenenti al genere più rappresentato, procedendo dall’ultimo della lista, in modo da assicurare il rispetto del rapporto numerico prima indicato: qualora la lista, all’esito della cancellazione delle candidature eccedenti, contenga un numero di candidati inferiore a quello minimo prescritto, è prevista la ricusazione della lista. Su tale ultima previsione, riterrebbe più opportuno dare un termine (ad esempio, di 5 giorni liberi dalla comunicazione della inosservanza della norma) prima di procedere alla esclusione della lista dalle elezioni; ciò, per ragionevoli motivi di favor rispetto alla più ampia partecipazione possibile alla competizione elettorale.
Rileva, inoltre, che l’articolo 2 estende la previsione anche alle elezioni dei consigli circoscrizionali (con la modifica dell’articolo 17, comma 5, del Testo unico) o, comunque, alle forme di decentramento organizzativo e funzionale di cui possono dotarsi i comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti: tuttavia, a suo avviso, dovrebbero essere previsti interventi sostitutivi in caso di inerzia; inoltre, giudica non chiara l’estensione, contenuta nella previsione, «agli uffici pubblici». Segnala, altresì, che l’articolo 2-bis reca una disposizione concernente le candidature dei consigli regionali, prevedendo – nel rispetto dell’autonomia normativa attribuita alle regioni in materia elettorale – l’introduzione del principio della promozione della parità di accesso tra uomini e donne alle cariche elettive, «attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l’accesso alle cariche elettive del genere sottorappresentato, anche prevedendo la nullità delle liste che non presentino i requisiti previsti»: ovviamente, trattandosi di norma di principio, tale disposizione dovrà essere recepita negli ordinamenti regionali mediante apposite modifiche alle rispettive leggi elettorali.
Con riferimento, poi, ai profili di più diretto interesse della Commissione, segnala l’articolo 3, nella parte in cui, modificando l’articolo 57 del decreto legislativo n. 165 del 2001, prevede rilevanti novità in ordine alle disposizioni in materia di composizione delle commissioni di concorso. In particolare, osserva che la norma rafforza l’obbligo di invio degli atti di nomina di eventuali commissioni di concorso alla consigliera o al consigliere di parità nazionale ovvero regionale, in base all’ambito territoriale dell’amministrazione che ha bandito il concorso: in primo luogo, è previsto che, qualora gli organismi di parità ravvisino la violazione delle disposizioni di genere, essi diffidano l’amministrazione a rimuoverla entro il termine massimo di trenta giorni; in caso di inottemperanza alla diffida, la consigliera o il consigliere di parità procedente propone ricorso entro i successivi quindici giorni; inoltre, è previsto che il mancato invio dell’atto di nomina della commissione di concorso alla consigliera o al consigliere di parità comporti responsabilità del «dirigente-responsabile del procedimento», da valutare anche al fine del raggiungimento degli obiettivi. Fa notare che nulla si dice con riguardo agli effetti che l’atto «convalescente» possa produrre nei confronti dei partecipanti al concorso e alla scadenza dei termini ivi contenuti.
In conclusione, ritiene del tutto evidente come la norma in esame incida su materie rilevanti e molto sensibili e, quindi, come ulteriori integrazioni possano essere necessarie all’esito del dibattito prima della formulazione della proposta di parere che, in ogni caso, si impegna a presentare entro la seduta di domani.
Silvano MOFFA, presidente, ritiene che il relatore abbia svolto un’istruttoria seria e approfondita sul provvedimento in esame, che potrà certamente dare luogo a una dettagliata proposta di parere.
Lucia CODURELLI (PD) ritiene opportuno svolgere adeguati approfondimenti sul tema in esame, atteso che dall’intervento introduttivo del relatore sembrerebbe emergere un orientamento contrario rispetto al contenuto del provvedimento.
Luigi MURO (FLpTP), relatore, fa presente che il fatto di porre in rilievo l’esigenza di apportare taluni miglioramenti al testo in esame non vuol dire, in nessun modo, mettere in dubbio l’impianto sostanziale del provvedimento, sul quale, peraltro, il suo orientamento è sostanzialmente favorevole. Si riserva, in ogni caso, di formulare una proposta di parere che sappia tenere conto degli esiti del dibattito.
Silvano MOFFA, presidente, nel concordare con le considerazioni del relatore, conviene sull’opportunità di concedere ai gruppi la possibilità di svolgere le necessarie riflessioni sul tema, ricordando che, considerati i tempi della programmazione dei lavori dell’Assemblea, la Commissione sarà chiamata a pronunciarsi in sede consultiva nella giornata di domani.
Rinvia, quindi, il seguito dell’esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 13.15.
SEDE REFERENTE
Martedì 14 febbraio 2012. – Presidenza del presidente Silvano MOFFA. – Interviene il viceministro del lavoro e delle politiche sociali Michel Martone.
La seduta comincia alle 13.15.
Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, concernenti il sostegno alla maternità e l’introduzione del congedo di paternità obbligatorio.
Testo unificato C. 2618 Mosca, C. 3023 Saltamartini, C. 15 Brugger, C. 2413 Caparini, C. 2672 Calabria, C. 2829 Jannone, C. 2993 Reguzzoni, C. 3534 Donadi, C. 3815 Golfo, C. 4838 Savino.
(Seguito dell’esame e rinvio).
La Commissione prosegue l’esame del provvedimento, rinviato nella seduta dell’8 giugno 2011.
Silvano MOFFA, presidente, ricorda che nella giornata di oggi proseguiranno i lavori del Comitato ristretto, al quale è stato deferito l’esame del testo unificato dei progetti di legge in titolo, adottato come testo base, e delle proposte emendative ad esso riferite. Al riguardo, comunica che – dopo l’ultima riunione dello stesso Comitato ristretto – è stata nel frattempo assegnata alla Commissione anche la proposta di legge C. 4838 Savino: poiché tale proposta verte su materia identica a quella recata dai progetti di legge di cui è già iniziato l’esame, ne è stato disposto l’abbinamento d’ufficio, ai sensi dell’articolo 77, comma 1, del Regolamento, potendosi il citato progetto di legge, peraltro, considerare sostanzialmente assorbito nell’ambito del testo unificato già adottato come testo base dalla Commissione. Fa presente, dunque, che il Comitato ristretto, convocato al termine della corrente seduta, potrà verificare la possibilità di intervenire sul testo unificato in esame, prendendo in considerazione le diverse proposte di modifica e integrazione del predetto testo, ivi compreso il contenuto del provvedimento appena citato.
Rinvia, quindi, il seguito dell’esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 13.20.
COMITATO RISTRETTO
Martedì 14 febbraio 2012.
Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, concernenti il sostegno alla maternità e l’introduzione del congedo di paternità obbligatorio.
Testo unificato C. 2618 Mosca, C. 3023 Saltamartini, C. 15 Brugger, C. 2413 Caparini, C. 2672 Calabria, C. 2829 Jannone, C. 2993 Reguzzoni, C. 3534 Donadi, C. 3815 Golfo, C. 4838 Savino.
Il comitato ristretto si è riunito dalle 13.20 alle 13.30.
COMITATO RISTRETTO
Martedì 14 febbraio 2012.
Disposizioni concernenti la disciplina degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza.
Testo unificato C. 2715 Damiano e C. 3522 Di Biagio.
Il comitato ristretto si è riunito dalle 13.30 alle 13.40.