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Il Diario del Lavoro

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Home - Senato - Commissione Lavoro, previdenza sociale (Dai Resoconti Sommari)

Commissione Lavoro, previdenza sociale (Dai Resoconti Sommari)

19 Maggio 2011
in Senato

MERCOLEDÌ 18 MAGGIO 2011
223ª Seduta

Presidenza del Presidente
GIULIANO

Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Bellotti.

La seduta inizia alle ore 15,40.


IN SEDE CONSULTIVA SU ATTI DEL GOVERNO

Schema di decreto legislativo recante riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi (n. 358)
(Parere al Ministro per i rapporti con il Parlamento, ai sensi dell’articolo 23, della legge 4 novembre 2010, n. 183. Seguito e conclusione dell’esame. Parere favorevole con osservazioni)

Riprende l’esame, sospeso nella seduta del 3 maggio scorso.

Il presidente relatore GIULIANO (PdL), rivolto un caloroso benvenuto al sottosegretario Bellotti, che per la prima volta interviene ai lavori della Commissione, fa presente che sono giunte le osservazioni non ostative della 1a Commissione permanente e il parere della Conferenza Unificata Stato Regioni.

La senatrice CARLINO (IdV), intervenendo in discussione generale, osserva che la delega contenuta nell’articolo 23 del cosiddetto “collegato lavoro” si riferiva ad un riordino della materia. Il testo in esame invece appare non chiaro e presenta norme pasticciate e procedure farraginose. Ritiene particolarmente penalizzanti le disposizioni degli articoli 4 e 6. Il rischio più grave è che molti soggetti in situazioni di oggettivo bisogno restino privi di assistenza. Condivide invece i contenuti degli articoli 2 e 7. Pur reputando comprensibile la previsione di controlli per prevenire eventuali abusi, teme che la stretta sui permessi finisca con il danneggiare gli stessi diritti dei diversamente abili, invitando conclusivamente a scongiurare il rischio che il sistema di welfare si regga unicamente sulle famiglie.

Nessun altro chiedendo di intervenire in discussione generale, il presidente relatore GIULIANO (PdL), premesso che stamattina l’Ufficio di Presidenza della Commissione ha svolto una serie di audizioni dei rappresentanti di FISH, FAND e dell’INPS, fa presente di averne recepito talune notazioni in una bozza di parere, di cui dà lettura (vedi allegato). Precisa che la bozza ricomprende altresì alcune osservazioni contenute in una nota fattagli pervenire per le vie brevi dalla senatrice Ghedini, auspicando che si possa pervenire all’approvazione di un parere ampiamente condiviso.

La senatrice GHEDINI (PD), pur apprezzando positivamente che molte delle osservazioni suggerite dal suo Gruppo risultino recepite nella bozza di parere del Presidente relatore, rileva tuttavia che la formulazione prescelta, che si limita a suggerire modifiche sulla base di una valutazione di opportunità e non di cogenza, impedisce di votare a favore della proposta stessa. In particolare, sottolinea che lo schema di decreto attua solo parzialmente la delega conferita dall’articolo 23 del cosiddetto “collegato lavoro”, e nell’impostazione risulta riferito al solo lavoro pubblico, pur riguardando il decreto anche i rapporti di lavoro privato. Da ciò derivano evidenti rischi di disparità di trattamento tra lavoratori e, nell’ambito dello stesso settore privato, tra i lavoratori dei diversi comparti. Particolarmente rilevante, segnatamente per i minori, è poi la questione relativa all’assistenza a soggetti portatori di handicap ricoverati in strutture, che pone la necessità di fruizione dei congedi da parte dei genitori, atteso che le procedure relative richiedono sovente molti mesi per il loro positivo espletamento. Un chiarimento al riguardo dovrebbe pertanto sostanziare una vera e propria condizione al Governo. Un tema delicato attiene poi al diritto al riconoscimento della contribuzione figurativa, atteso che la formulazione proposta rischia di rappresentare una penalizzazione inaccettabile, in particolare per le donne. Sarebbe inoltre necessario chiarire gli aspetti relativi alla cumulabilità tra congedo ordinario e congedo straordinario ai fini dell’assistenza ai minori con disabilità grave, nonché i profili afferenti l’accesso ai permessi e ai periodi di congedo per cure. Tali temi avrebbero dovuto sostanziare altrettante condizioni al Governo; da ciò il voto di astensione del suo Gruppo.

Si associa la senatrice CARLINO (IdV), preannunciando anch’essa voto di astensione.

Il senatore CASTRO (PdL), rammaricandosi per la circostanza che l’ampia disponibilità del relatore a recepire i suggerimenti del Gruppo PD non ne consenta l’adesione al parere da lui proposto, preannuncia invece il voto favorevole del proprio Gruppo.

Concorda la senatrice MARAVENTANO (LNP).

Presente il numero prescritto dei senatori, il presidente relatore GIULIANO (PdL) mette quindi ai voti la bozza di parere favorevole con osservazioni, da lui precedentemente illustrata.

La Commissione, a maggioranza, approva.

La seduta termina alle ore 16,10.


PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE
SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 358

L’11a Commissione permanente del Senato, esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo,
premesso che lo schema attua la delega contenuta nell’articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, in tema di riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi;
considerato che appare auspicabile un riordino organico della materia, onde superare alcune questioni applicative riguardanti la fruizione dei permessi e dei congedi;
esaminate le disposizioni dello schema di decreto, anche attraverso audizioni dei rappresentanti delle Associazioni dei diversamente abili e dell’INPS,
esprime, per quanto di competenza, parere favorevole con le osservazioni di seguito riportate.
Con riferimento all’articolo 2, si richiama l’attenzione sulla circostanza che la modifica proposta, pur se condivisibile, come rilevato dalle Associazioni dei diversamente abili, non include formalmente le lavoratrici (articoli 61 e 62 del decreto legislativo n. 151 del 2001) che non hanno diritto all’esercizio del congedo di maternità in forma flessibile.
Quanto all’articolo 3, si segnala che il testo si presta a dubbi interpretativi, con specifico riguardo all’inciso “inclusi i periodi di cui all’articolo 32”, non risultando chiaro se il riferimento debba intendersi ai periodi fruiti dal solo genitore lavoratore che abbia chiesto l’estensione, ovvero a quelli cui hanno diritto entrambi i genitori. Sarebbe inoltre auspicabile che il congedo parentale risultasse fruibile anche da parte del genitore di un bambino ricoverato stabilmente in una struttura sanitaria, considerata la necessità della sua presenza a fini di assistenza e cura. Si segnala altresì che l’attuale formulazione della norma rischia di dar luogo a disparità tra genitori adottivi (e affidatari) e genitori non adottivi in merito alla fruizione del congedo fino al limite specifico di otto anni di età del bambino.
Inoltre, sempre con riferimento all’articolo 3, si sottopone alla valutazione del Governo di evitare che l’abrogazione del comma 4 dell’articolo 33 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, comporti il venir meno della possibilità di fruire del periodo di congedo ordinario “aggiuntivo” al prolungamento dello stesso previsto dal comma 1 del citato articolo 33.
Si rimette poi all’apprezzamento del Governo una notazione avanzata nel corso dell’audizione da parte dei rappresentanti dell’INPS, che hanno evidenziato la necessità di indicare, all’articolo 4, un limite massimo di fruizione del beneficio, entro due anni nell’arco della vita lavorativa, (comma 5-bis), di aggiornare il dato dell’importo annuale spettante al richiedente del beneficio (comma 5- ter) e di chiarire la disposizione contenuta nell’ultimo capoverso del comma 5-quater.
I rappresentanti dell’INPS hanno altresì osservato che le modifiche apportate all’articolo 33, comma 1, del decreto legislativo n. 151 del 2001, come modificato dall’articolo 3 del presente schema di decreto, impongono necessariamente una riformulazione anche dei commi 1 e 2 dell’articolo 42 del medesimo decreto legislativo. In particolare, poiché viene stabilito un prolungamento del congedo parentale entro gli otto anni di vita del bambino per un periodo massimo non superiore a tre anni, anche le due ore di riposo giornaliero (comma 1 dell’articolo 42), essendo alternative al congedo, dovranno essere fruite con le stesse modalità del prolungamento del congedo medesimo. La modifica al comma 2 dell’articolo 42 si rende, a giudizio dell’INPS, necessaria a seguito delle modifiche apportate dalla legge n. 183 del 2010.
L’articolo 4, come osservato dai rappresentanti delle Associazioni dei diversamente abili, può essere fonte di disparità in ordine ai potenziali beneficiari (coniuge, genitori, figli, fratelli e sorelle) dei congedi per assistere un congiunto portatore di handicap e non chiarisce il concetto di “convivenza” tra assistente ed assistito.
Sempre con riferimento all’articolo 4, comma 5-ter, valuti il Governo l’opportunità di sopprimere le parole “con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento” in quanto la limitazione dell’avente diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione con riferimento solo alle suddette voci comporta un trattamento peggiorativo rispetto alla situazione attuale e fa riferimento alla “retribuzione ordinaria”. Inoltre, al comma 5-quater, esamini la possibilità di riconoscere il diritto a contribuzione figurativa per quei soggetti che usufruiscano dei congedi per assistenza dei soggetti portatori di handicap e che hanno diritto ad usufruire dei permessi non retribuiti.
All’articolo 5, si suggerisce l’inserimento di un comma aggiuntivo che chiarisca l’ambito applicativo del secondo periodo dell’articolo 80 del Testo Unico sull’ordinamento degli Enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, comprendendo nella disposizione anche le società a partecipazione pubblica, non inserite nell’elenco di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
All’articolo 6, comma 1, lettera a), si riconosce al dipendente che assista più persone in situazione di handicap grave la possibilità di usufruire di permessi giornalieri, pari a 3 giorni mensili, senza tuttavia specificare se tali condizioni debbano essere rispettate per ciascun soggetto assistito.
Al riguardo, si segnala inoltre che i rappresentanti delle Associazioni dei diversamente abili hanno evidenziato l’esistenza di un conflitto tra la disposizione in questione e la norma di cui all’articolo 24 della legge n. 183 del 2010.
Alla lettera b), in riferimento alla distanza stradale tra il luogo di residenza del lavoratore e quella di residenza dell’assistito, andrebbe poi chiarito se anche per il viaggio con mezzo privato ci si possa avvalere della nozione “o altra documentazione idonea” (ad esempio, dichiarazione sostitutiva, atto notorio). Su quest’ultimo aspetto, le Associazioni hanno concordato sulla mancanza di motivazione sottesa alla definizione di un limite chilometrico.
Infine, all’articolo 7 pare opportuno chiarire che il congedo in questione – così come scritto nella Relazione illustrativa – non rientri nel periodo di comporto.
Per quanto riguarda il coordinamento formale del testo, la Commissione segnala infine che:
all’articolo 4, capoverso 5-quater, la dicitura: «di cui al presente comma» deve essere sostituita da: «di cui al precedente comma 5»;
all’articolo 4, nel testo della rubrica, la data «26 marzo 2011» deve essere sostituita da «26 marzo 2001».
Tanto premesso e precisato, la Commissione invita il Governo ad un intervento organico che raccolga il complesso della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi, al fine di – come espressamente previsto nella legge delega – agevolarne l’applicazione, ridurre i margini interpretativi e scongiurare il rischio di disposizioni contrastanti o confliggenti.


SCHEMA DI PARERE PROPOSTO DAI SENATORI GHEDINI, ADRAGNA, BLAZINA, ICHINO, NEROZZI, PASSONI, ROILO
E TREU SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 358

L’11ª Commissione permanente del Senato, esaminato lo schema di decreto legislativo recante riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi (atto del Governo n. 358),
premesso che:
lo schema di decreto legislativo in esame di attuazione della delega conferita dall’articolo 23 della legge di delega 4 novembre 2010, n. 183 (c.d. Collegato lavoro) attua solo in parte ed in modo limitato la delega stessa privilegiando soluzioni finalizzate a superare questioni interpretative ed applicative sorte, in particolare, a seguito di recenti sentenze della Corte costituzionale, rinunciando di fatto ad un riordino sistematico ed organico della materia;
inoltre, è evidente come l’impostazione dello schema di decreto legislativo in esame faccia riferimento al lavoro pubblico pur essendo l’oggetto del decreto riferito a tutti i rapporti di lavoro, pubblici e privati: il linguaggio usato e l’intervento su alcune modalità di fruizione dei diritti in esame, oggetto di contrattazione, sono conferma di una “visione” parziale delle fattispecie considerate dal testo;
ciò rischia di creare disparità di trattamento e situazioni di squilibrio tra lavoratori del settore pubblico ed il settore privato e, nell’ambito dello stesso settore privato, fra i diversi comparti;
ed ancora, il perseguimento della legittima finalità di prevenire o limitare gli abusi che si sono verificati e continuano a verificarsi con estrema frequenza non deve far dimenticare che lo scopo della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi è di garantire in modo certo il diritto di coloro che ne sono titolari;
per questo motivo si ritiene che l’apposizione di eccessive restrizioni nella fruizione di alcuni diritti in materia di congedi, aspettative e permessi presenti nello schema di decreto legislativo non possa rappresentare una soluzione opportuna ed efficace al problema degli abusi nella fruizione degli stessi;
premesso, in particolare, che:
riguardo l’articolo 2 che, recando una modifica all’articolo 20 (Flessibilità del congedo di maternità) del decreto legislativo 26 marzo 2001, n, 151, precisa che nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall’inizio della gestazione, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l’attività lavorativa, sarebbe opportuno precisare che la possibilità di riprendere il servizio è un diritto della donna, non negabile da parte dell’azienda, ma subordinato esclusivamente al parere sanitario, evitando così possibili strumentalizzazioni della prevista “facoltà” da parte del datore di lavoro per ragioni di organizzazione del personale;
al contempo, per evitare che la facoltà sia oggetto di indebite pressioni da parte del datore di lavoro e per garantire, a tutela della lavoratrice, e che la ripresa dell’attività lavorativa risponda ad una reale ed effettiva volontà della lavoratrice stessa, sarebbe opportuno prevedere che la volontà di riprendere il lavoro sia certificata dalla Direzione provinciale del lavoro competente;
è necessario inoltre prevedere criteri di prevalenza nel caso di una eventuale discordanza tra i pareri del medico specialista del Servizio sanitario nazionale e del medico competente in materia di lavoro;
considerato che:
riguardo l’articolo 3, per effetto della sostituzione del comma 1 dell’articolo 33 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, relativo al prolungamento del congedo parentale in caso di figlio minore con handicap, e della contestuale abrogazione del comma 4, si dispone che il periodo di congedo ordinario, di cui all’articolo 32, non è più supplementare al prolungamento del congedo, ma è ricompreso nel periodo massimo di tre anni di prolungamento del congedo parentale;
queste modifiche producendo l’effetto di togliere alle famiglie la possibilità di usufruire di ben dieci mesi di congedo ordinario, rappresentano una non condivisibile contrazione del diritto che il legislatore con l’articolo 33 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, aveva riconosciuto come “aggiuntivo” al prolungamento del congedo;
il testo si presta inoltre a dubbi interpretativi poiché nella frase “inclusi i periodi di cui all’articolo 32” non è chiaro se il riferimento sia ai periodi del solo genitore lavoratore che abbia chiesto l’estensione o ai periodi a cui hanno diritto entrambi i genitori;
inoltre, poiché spesso in occasione di ricovero di una persona con disabilità, in special modo se si tratta di un minore, è di tutta evidenza la necessità della presenza dei genitori a fini terapeutici, spesso richiesta dallo stesso personale sanitario per motivi assistenziali e terapeutici, si propone quanto meno di aggiungere alla frase “a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati” la seguente locuzione “e non via sia certificazione medico-sanitaria dell’istituto di ricovero che attesti la necessità della presenza di un genitore” o, ancora meglio, si propone di sopprimere la disposizione che subordina il diritto alla fruizione dei congedi per assistenza al ricovero a tempo pieno del minore;
l’estensione agli otto anni di vita del bambino andrebbe, per coerenza logica, estesa anche al riposo giornaliero retribuito stabilito dal comma 1 dell’articolo 42 (Riposi e permessi per i figli con handicap grave);
riguardo l’articolo 4 che modifica l’articolo 42 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, relativo ai riposi e permessi per i figli con handicap grave, si segnala che la previsione di un ordine di priorità dei soggetti legittimati a fruire del congedo, pur rispondendo alla necessità di dare risposta ai problemi intepretativi sorti negli ultimi anni e nel rispetto di quanto stabilito dalle sentenze della Corte costituzionale, può costituire un limite della facoltà della famiglia di garantire l’assistenza al proprio congiunto sulla base delle effettive capacità e disponibilità dei suoi membri;
si segnala poi che, diversamente da quanto previsto dalla disciplina sui permessi, in questo caso non è previsto alcun limite di età di chi dovrebbe assistere il disabile. Il testo non considera, oltre alle patologie invalidanti del familiare convivente, anche la sua età avanzata. Ciò può comportare il caso in cui il congedo non possa essere concesso al figlio della persona con handicap grave, se questi conviva con la moglie, non invalida, ma supponiamo, ottantenne;
fra l’altro, al comma 5 si fa riferimento al decesso, mancanza o presenza di patologie invalidanti “del padre e della madre”, usando la formula congiuntiva “e” invece che quella disgiuntiva “o”;
il testo in esame, inoltre, non chiarisce la vexata quaestio della definizione della convivenza dando luogo a notevoli disparità di trattamento in quanto, ad esempio, c’è il rischio che rimangano esclusi i casi in cui “assistito” ed “assistente” pur abitando nello stesso stabile, abbiano ingressi principali diversi e quindi numeri civici diversi;
infine appare necessario recuperare la possibilità di godere del congedo di due anni “in modo continuativo o frazionato”, come previsto dall’articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53;
al comma 5-bis, relativamente alla disposizione in cui si prevede che il congedo sia accordato “a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno”, si ritiene opportuno e doveroso prevedere – così come richiesto per il ricovero di una persona con disabilità di cui all’articolo 33 del citato decreto legislativo – che venga prevista la possibilità di garantire la presenza di un genitore nel caso in cui via sia la certificazione medico-sanitaria dell’istituto di ricovero che attesti la necessità a fini terapeutici della presenza di un genitore”, poiché il ricovero di un minore non esclude la necessaria assistenza da parte dei genitori;
sempre con riferimento al comma 5-bis, la locuzione “nello stesso periodo” dovrebbe essere sostituita dalla frase “negli stessi giorni”;
al comma 5-ter, si propone poi di sopprimere le parole “con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento” in quanto la limitazione dell’avente diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione con riferimento solo alle suddette voci comporta un trattamento peggiorativo rispetto alla situazione attuale. Per evitare problemi interpretativi e disparità di trattamento tra lavoratori del settore pubblico e lavoratori del settore privato, occorrerebbe fare riferimento alla “retribuzione ordinaria”;
un simile calcolo dell’indennità in questione esclude infatti che il dipendente possa percepire nei periodi di congedo quelle indennità (come ad esempio, quella di funzione) che non rientrano nelle voci fisse e continuative, ma che costituiscono una parte sostanziale della retribuzione;
infine, nei casi in cui per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, i diritti siano riconosciuti ad entrambi i genitori, occorre valutare l’opportunità che gli stessi possano fruirne in condizioni di “non alternatività”;
al comma 5-quater non si comprende il mancato riconoscimento del diritto a contribuzione figurativa per quei soggetti che usufruiscono dei congedi per assistenza dei soggetti portatori di handicap e che hanno diritto ad usufruire dei permessi non retribuiti. Si tratta di una vera e propria contraddizione considerato che per tutti i periodi legati all’assistenza è previsto il riconoscimento della contribuzione figurativa, che ricade prioritariamente sulle donne, principali titolari degli interventi di assistenza, che sono come è noto già gravemente penalizzate in termini previdenziali;
riguardo l’articolo 5, relativo all’aspettativa per dottorato di ricerca, si segnala che le disposizioni previste dal comma 1, lettera b), concernenti l’applicazione della norma anche al personale dipendente delle pubbliche amministrazioni costituiscono un’indebita intromissione sul terreno contrattuale, laddove si sia normata l’aspettativa attraverso la contrattazione di settore;
riguardo all’articolo 6, relativo all’assistenza a soggetti portatori di handicap, si segnala come le modifiche introdotte dal Collegato lavoro alle norme (articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104) per l’accertamento della sussistenza della disabilità dei portatori di handicap in situazione di gravità e per il riconoscimento della fruizione dei diritti degli stessi hanno dato luogo ad una procedura farraginosa, lenta e inefficace;
l’attesa di mesi per ottenere il riconoscimento di un diritto in situazioni in cui l’assistenza dovrebbe essere immediata (basti pensare ai bambini affetti fin dalla nascita da gravi patologie e disabilità) dà la misura della gravità di una diritto denegato, causa di situazioni, a volte drammatiche, in cui i genitori sono costretti a lasciare il lavoro per assistere il figlio;
le modifiche introdotte comportano una restrizione della platea dei dipendenti che hanno diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, dando luogo ad una soluzione farraginosa e foriera di disparità di trattamento: basti pensare che un lavoratore che gode dei permessi per assistere un parente di terzo grado, può usufruire di un permesso aggiuntivo per un parente di secondo grado, mentre un lavoratore che gode dei permessi per assistere un parente di secondo grado, non può usufruire di un permesso aggiuntivo per un parente di terzo grado;
la situazione appare paradossale poiché rischia di comportare disparità di trattamento a fronte di identica situazione;
infine il “limite chilometrico” appare privo di una motivazione della sua quantificazione e comunque non offre alcuna garanzia che vi sia effettiva assistenza alla persona con disabilità che ne dovrebbe beneficiare;
riguardo l’articolo 7, relativo al congedo di cure per invalidi, il testo assimilando in modo non pertinente le assenze per malattia al congedo per cure, pur introducendo una norma migliorativa per il dipendente, rischia di creare una disparità di trattamento tra il settore pubblico ed il settore privato e, nell’ambito del settore privato, tra i diversi comparti;
fra l’altro, come richiesto dalla Conferenza Unificata va chiarito come questi permessi siano correlati con le assenze per malattia previste dall’articolo 71 del decreto-legge n. 112 del 2008, in relazione alle decurtazioni economiche”;
inoltre, mentre nella relazione illustrativa allo schema del decreto legislativo sull’articolo 7, relativo al congedo per cure degli invalidi, si specifica che per quanto riguarda il regime giuridico, il congedo in questione non rientra nel periodo di comporto, della non computabilità del congedo ai fini del calcolo della malattia durante il rapporto di lavoro non c’è traccia nel testo dell’articolo;
tutto ciò premesso:
ESPRIME PARERE FAVOREVOLE alle seguenti condizioni:
che all’articolo 2 venga valutata l’eventualità di una discordanza tra il parere del medico specialista e di quello competente, al fine di stabilire l’eventuale parere prevalente;
che all’articolo 3 si chiarisca che l’abrogazione del comma 4 dell’articolo 33 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, non comporti il venir meno della possibilità di fruire del periodo di congedo ordinario “aggiuntivo” al prolungamento dello stesso previsto dal comma 1 del citato articolo 33;
che all’articolo 3 si chiarisca se la frase “inclusi i periodi di cui all’articolo 32” faccia riferimento ai periodi del solo genitore lavoratore che abbia chiesto l’estensione o ai periodi a cui hanno diritto entrambi i genitori;
che all’articolo 3 alla frase “a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati” sia aggiunta la seguente locuzione “e non via sia certificazione medico-sanitaria dell’istituto di ricovero che attesti la necessità a fini terapeutici della presenza di un genitore” o, ancora meglio, sia soppressa della disposizione che subordina il diritto alla fruizione dei congedi per assistenza al ricovero a tempo pieno del minore;
che all’articolo 4 si inserisca un limite di età di chi dovrebbe assistere il disabile, così come previsto all’articolo 6;
che all’articolo 4 si valuti l’opportunità di chiarire l’ambito di applicazione della fattispecie della convivenza, oggetto a tutt’oggi di ripetuti e disomogenei interventi amministrativi;
che all’articolo 4, capoverso comma 5, si recuperi la possibilità di godere del congedo di due anni “in modo continuativo o frazionato”, come previsto dall’articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53;
che all’articolo 4, capoverso comma 5-bis, relativamente alla disposizione in cui si prevede che il congedo sia accordato “a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno”, sia prevista la possibilità di garantire la presenza di un genitore nel caso in cui via sia la certificazione medico-sanitaria dell’istituto di ricovero che attesti la necessità a fini terapeutici della presenza di un genitore”, poiché il ricovero di un minore non esclude la necessaria assistenza da parte dei genitori;
che all’articolo 4, capoverso comma 5-ter, si sopprimano le parole “con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento” in quanto la limitazione dell’avente diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione con riferimento solo alle suddette voci comporta un trattamento peggiorativo rispetto alla situazione attuale e si faccia riferimento alla “retribuzione ordinaria”;
che all’articolo 4, capoverso comma 5-quater, si riconosca il diritto a contribuzione figurativa per quei soggetti che usufruiscano dei congedi per assistenza dei soggetti portatori di handicap e che hanno diritto ad usufruire dei permessi non retribuiti;
che all’articolo 6 si valuti l’opportunità di ammettere la cumulabilità dei permessi in capo allo stesso lavoratore nel caso in cui anche il “secondo” familiare da assistere sia un parente o un affine di terzo grado (almeno nei casi in cui il coniuge o il genitore siano deceduti o mancanti o invalidi o ultrasessantacinquenni) al fine di evitare situazioni di disparità di trattamento;
che all’articolo 7 si chiarisca in che modo i permessi previsti siano correlati con le assenze per malattia previste dall’articolo 71 del decreto-legge n. 112 del 2008, al fine di evitare decurtazioni economiche;
che all’articolo 7 sia chiarito che il congedo in questione – così come scritto nella Relazione illustrativa – non rientri nel periodo di comporto.

 

 

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