Molta politica, poco sindacato, più vicino a un talk show che un congresso tradizionale. A scorrere il programma delle diciannovesima assise generale della Cgil l’impressione è, appunto, che il tema politico sia predominante, già nella scelta degli ospiti: dalla premier Meloni, ovviamente star dell’evento (ma di questo parleremo dopo) ai leader dei quattro partiti dell’area progressista all’opposizione, Carlo Calenda ed Elly Schlein, Giuseppe Conte e Nicola Fratoianni, ingaggiati per una tavola rotonda che è il seguito ideale dell’evento gemello organizzato da Maurizio Landini il 1 luglio dello scorso anno: una iniziativa insolita, per stimolare le forze progressiste di governo a riprendere i contatti col mondo del lavoro, ormai sfilacciati da troppo tempo. Dopo pochi giorni da quell’evento, tuttavia, si aprì la crisi, Mario Draghi gettò la spugna e si andò al voto di settembre. Con i risultati noti. A distanza di mesi rispetto al calendario, e di ere geologiche rispetto al quadro politico, in occasione del congresso Landini ha deciso di riprendere il discorso sui difficili rapporti tra sindacato e partiti: argomento che del resto ha scandito tutto il dibattito interno ed esterno alla Cgil in questi ultimi anni.
Dunque, la tavola rotonda di giovedì 16 marzo (moderata da Lucia Annunziata, che aveva svolto lo stesso ruolo anche nell’incontro del 1° luglio scorso) sarà uno degli eventi di maggiore interesse del congresso. Sia per il ribaltamento dei ruoli (chi prima era al governo oggi è all’opposizione) sia per il cambiamento nella leadership del Pd, dove a Enrico Letta è subentrata Elly Schlein, che ha una consuetudine di rapporti con Landini dimostrata già in precedenti iniziative del sindacato di Corso Italia, nonché una forte sintonia sia con Conte che con Fratoianni (molto meno con Calenda). Dunque, dal dialogo al congresso, potrebbero scaturire le linee guida di una politica di opposizione al governo in qualche modo trasversale tra sindacato e formazioni politiche della sinistra.
Altro momento di rilievo, nella giornata di mercoledi 15, sarà l’intervento del segretario della Cisl Luigi Sbarra. Pur relegato dal programma nella categoria “Saluti”, assieme al collega della Uil Bombardieri, al presidente dell’Anpi, e a esponenti di organizzazioni internazionali sindacali e non, dalla Ces all’Oil, il discorso di Sbarra è da seguire con attenzione per capire se i rapporti unitari siano logorati o ancora saldi: soprattutto dopo che l’incontro col governo sul fisco ha schierato anche il leader Cisl sul fronte della mobilitazione contro il governo, spesso rilanciata in queste settimane da Landini, ma fino a ieri in solitaria. Ora, invece, in una eventuale dichiarazione di sciopero, al suo fianco la Cgil sembrerebbe avere anche le altre confederazioni.
E questa novità ci porta infine a parlare dell’ evento clou del congresso: l’intervento della premier Giorgia Meloni, previsto per venerdi 17, data non certo ideale per un cimento del genere. Ma lasciamo perdere la scaramanzia. Meloni, in teoria, potrebbe avere tutto da guadagnare dall’aver accettato l’invito di Landini. In primo luogo dimostrando di non aver alcun timore ad affrontare una platea vasta e agguerrita come quella del congresso del sindacato “rosso”. Inoltre, a meno che non si faccia prendere la mano dal nervosismo, compiendo qualche drammatico errore (possibilità non da escludere, considerando il disastro della trasferta a Cutro, il cui copione sembrava scritto dal suo peggior nemico), per la premier la partecipazione alle assise Cgil potrebbe essere una classica situazione win- win: se la platea l’accoglierà bene sarà una sua personale vittoria, se invece l’accogliesse male sarà uno sgarbo di cui potrà in seguito molto lamentarsi (e certo non mancherebbe di farlo). Difficile dire, tuttavia, quale sarà la reazione del popolo cigiellino all’intervento della premier: impossibile applaudirla, considerando come l’operato del governo sia stato negli ultimi tempi aspramente criticato da Landini, ma improponibile anche contestarla dopo averla invitata, mettendo in imbarazzo lo stesso segretario.
C’è anche da dire che, al momento, la premier non ha nulla da portare “in dono” al congresso della Cgil. Tutto è fermo nel governo, compresa la riforma delle pensioni, molto attesa dai sindacati e bloccata dalle divisioni nella maggioranza, tanto che si prospetta una proroga della proroga decisa mesi fa. Distanze profonde coi i sindacati ci sono anche sulla riforma fiscale (l’incontro a Palazzo Chigi di martedì è andato assai male, provocando le ire non solo della Cgil, ma anche della più dialogante Cisl) così come sugli interventi che si stanno predisponendo in materia di lavoro, e sui quali Cgil, Cisl e Uil non sono state nemmeno consultate. Per non dire di tutti gli altri temi in discussione, dal reddito di cittadinanza alle diseguaglianze, ai migranti, ai diritti civili, eccetera.
Volendo, ma proprio volendo, trovare un punto di contatto, si potrebbe immaginare che il governo finisca col vantarsi, venerdì, di aver contribuito a stoppare, o quanto meno rallentare, la corsa dell’auto elettrica, mettendosi di traverso in Europa; tema, questo, su cui i sindacati sono assai sensibili, temendo i danni che potrebbero derivare al sistema industriale italiano e all’occupazione dalla fine del motore a benzina. Ma potrà mai bastare per conquistare la platea? Forte, dunque, è la curiosità per cosa Meloni tirerà fuori dal cappello, per dare un senso al suo intervento davanti alla platea cigiellina: una platea avveduta e preparata, che non si lascerà intortare facilmente.
Sta di fatto, però, che proprio grazie alla presenza della premier i riflettori si sono improvvisamente accesi sul congresso, in precedenza avvolto in un cono d’ombra e senza alcun risalto mediatico. E questo malgrado la Cgil abbia svolto, fin dal 30 settembre scorso, un percorso democratico senza pari, scandito da quasi 45 mila tra congressi e assemblee di base, che hanno coinvolto un milione 359 mila lavoratori, ottenendo un consenso sul documento congressuale proposto da Landini del 98 per cento ed eleggendo i 986 delegati che da mercoledì a sabato siederanno nella platea di Rimini. Il tutto però (e purtroppo) nel silenzio pressoché totale dei mezzi di comunicazione. Ora, invece, grazie a Meloni, tutta l’attenzione è su Rimini: e in un mondo dove l’impatto mediatico, piaccia o no, è sempre più fondamentale, è già un buon risultato.
Nunzia Penelope