Si è appena aperto il tavolo di monitoraggio sull’accordo di programma che porterà alla riqualificazione del sito petrolchimico di Priolo. Claudio Barone, segretario generale della Uil Sicilia, perché questa intesa è particolarmente rilevante?
Perché la Sicilia, tra le prime aree di raffinazione in Europa, oggi sta vivendo una contraddizione. La regione continua a registrare un saldo positivo, ma a livello nazionale la chimica rischia di sparire; l’accordo di Priolo, invece, riporta all’attenzione la logica della riorganizzazione dei poli produttivi.
In generale, quali sono gli ostacoli a questi processi?
La mancanza di incisività industriale, ovvero gli imprenditori credono ancora poco negli investimenti in Sicilia. A Priolo stavano per gettare la spugna, ma è avvenuto lo stesso per Termini Imerese: le difficoltà di rilancio sono state oggettive, soprattutto per le resistenze delle imprese, ma poi è partita da qui la ripresa del settore auto nel Paese.
Cosa vuole dire?
Anche nel Sud esistono valide possibilità di occupazione. Ma c’è un problema di percezione: il meridione è ancora ritenuto la palla al piede del Paese, non viene pensato come un’opportunità. Basta analizzare i dati sull’emigrazione: i giovani non hanno più la valigia di cartone, oggi sono laureati ma continuano a lasciare la regione.
Quali sono le responsabilità a livello nazionale?
Prendiamo le infrastrutture come caso emblematico: insieme al Ponte sullo Stretto, tutta la Sicilia è uscita dalle priorità del Governo. Lo sviluppo è ancora legato al Nord, ma se il Mezzogiorno non viene subito apprezzato rischia di restare per sempre in condizione periferica.
Quindi è un problema di metodo.
Piuttosto una questione di clima. Anche la classe politica locale si comporta in maniera difensiva; impegna la maggioranza delle risorse per l’assistenza, ma nella regione ci sono circa 30.000 precari destinati ad aumentare.
Dove si può migliorare?
Va ripensata l’offerta dei servizi. Faccio un esempio: la prima voce del bilancio regionale è l’assistenza sanitaria, ma risulta poco efficiente e sono moltissimi i ricoveri impropri. Bisogna eliminare queste distorsioni. C’è una mole di risorse sprecate, che può essere indirizzata verso il territorio e la creazione di nuovi posti di lavoro.
Cosa suggerisce di preciso?
Due strade. Rilanciare una politica di sviluppo basata sui settori leader, come chimica, elettronica e agricoltura, e razionalizzare il sistema di welfare. Inoltre chiediamo al Governo un regime di incentivi: in particolare, servono tariffe agevolate per il comparto energetico.
Cosa direbbe l’Unione Europea?
C’è un problema di compatibilità, ma a mio avviso non è insuperabile.
Emanuele Di Nicola

























