La catena di fast-food americana Burger King, che negli Stati Uniti è oggetto di critiche per via degli stipendi che secondo molti sarebbero troppo bassi, in Danimarca, dove i sindacati sono molto potenti, paga circa il doppio che in America: 20 dollari l’ora contro 9 dollari. E così molti attivisti dei diritti dei lavoratori ed esperti si interrogano sul perché.
Ne parla il New York Times in una lunga inchiesta su come cambiano le condizioni di lavoro dei dipendenti Burger King tra Stati Uniti e il paese scandinavo. Intervistati dal Times, i lavoratori danesi di Burger King sostengono di guadagnare abbastanza da potersi permettere di pagare l’affitto e le spese, riuscire a mettere qualche soldo in banca e godersi qualche piccolo divertimento. Al contrario, i lavoratori americani spesso raccontano di essere costretti a un secondo lavoro part-time o a dover ricorrere all’assistenza pubblica per poter sopravvivere.
Molti economisti americani e gruppi economici sostengono che il confronto è errato, perché ci sono differenze fondamentali tra gli Stati Uniti e la Danimarca, tra cui il costo della vita in Danimarca molto alto, tasse elevate, e una generosa rete di welfare che include una sanità pubblica e un sistema produttivo nel quale sindacati e associazioni imprenditoriali lavorano a stretto contatto. Ma i critici dicono che il sistema è profondamente iniquo e così com’è non può funzionare: metà dei lavoratori dei fast-food americani infatti ricorre a sussidi da parte dello Stato per poter sopravvivere. In altre parole, secondo il Times, le aziende godono di un generoso e implicito aiuto pubblico, per non essere costrette a pagare di più i propri lavoratori.
In Danimarca non c’è nessuna legge che obblighi i fast-food a pagare di più. Ma i contratti collettivi sono il frutto di un lungo e antico sistema di concertazione tra le parti in causa.
Quando McDonald’s arrivò nel Paese negli anni Ottanta subì diversi scioperi e proteste prima di accettare una forte rappresentanza sindacale in azienda. I BigMac danesi costano (leggermente) di più: 5,60 dollari contro i 4,80 negli Stati Uniti. Ma secondo il Times è un prezzo che i danesi accettano di pagare, sapendo che le condizioni di lavoro dei loro concittadini sono migliori che altrove.


























