“Negli ultimi due anni circa 500 agenti penitenziari si sono dimessi; 81 allievi dell’ultimo corso di formazione per agenti penitenziari hanno abbandonato il corso: ecco perché servono almeno 20 mila nuovi agenti”. Così Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria, che aggiunge: “Ai problemi dello storico sottodimensionamento di organico, nonostante le promesse del Ministro Nordio a procedere a nuove assunzioni, si aggiungono le attuali condizioni di lavoro nelle carceri che scoraggiano i giovani ad intraprendere un’attività di lavoro con un salario garantito. L’abbandono dei corsisti è la ‘cartina al tornasole’ perché è sufficiente uno stage di pochi giorni negli istituti per verificare una situazione che noi denunciamo da troppo tempo segnato dalla ‘resa’ dello Stato nei confronti di clan e gruppi criminali”.
“Ci sono agenti che fanno anche 12-14 ore di servizio continuo e altri che hanno sino a 50 giorni di ferie arretrate, mentre le aggressioni e le violenze (circa 2 mila dall’inizio dell’anno) contro il personale sono all’ordine del giorno – evidenzia il sindacalista -. Inoltre, a ‘svuotare’ gli organici operativi ci sono l’assegnazione di personale a l’affidamento ad altri uffici e servizi che non hanno nulla a che fare con il carcere.
E si tenga conto che quando saranno pronte le celle-prefabbricate (per ora la gara d’appalto è saltata) poiché in gran parte non saranno nello stesso fabbricato del carcere ci vorranno altre nuove decine di agenti”.
“Per noi – dice Di Giacomo – contestualmente ad un piano di assunzioni basato su numeri veri è necessario accelerare tempi ed iter della ‘scarcerazione anticipata’, più correttamente chiamata liberazione anticipata, un beneficio già esistente che consente una riduzione della pena detentiva di 45 giorni per ogni semestre di pena effettivamente espiata, è oggi l’unica soluzione per superare il sovraffollamento che è la causa principale dell’emergenza carcere. Oltre alla riduzione della popolazione carceraria, è questo lo strumento più adatto ad incentivare la buona condotta e la partecipazione al percorso di rieducazione del condannato, premiando il buon comportamento e lo strumento che consentirebbe di prevenire rivolte, violenze ed aggressioni al personale”.