Raffaella Vitulano
L’economia della zona euro assisterà ad una graduale ripresa nei prossimi trimestri, caratterizzata da un miglioramento della domanda domestica e da un alleggerimento dell’inflazione, ha dichiarato oggi il presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet. Ma insomma, è ripresa sì o no?
Ne sono solo in parte convinti i sindacati europei che oggi a Bruxelles, al comitato esecutivo della Ces, hanno ribadito che, nell’attesa, ”la speranza di una ripresa degna di tale nome diventa di giorno in giorno più tenue. Le famiglie e i lavoratori si confrontano con uno smantellamento generalizzato delle prestazioni sociali in numerosi stati membri, con un aumento della fiscalità indiretta per consolidare le finanze pubbliche e con una cresciuta moderazione salariale”. E questo clima pesa sulla fiducia dei consumatori. Inoltre, ”fondare le speranze sulla crescita degli Usa e la ripresa della crescita mondiale per salvare l’economia europea dal marasma degli anni ’90, potrebbe non funzionare”. Infatti, mentre la crescita statunitense sembra avviarsi verso l’accelerazione, sussistono in Europa importanti squilibri che sollevano dubbi sulla durata della ripresa. E inoltre, ”i mercati finanziari internazionali potrebbero mostrarsi poco inclini a finanziare un deficit sempre più elevato del bilancio degli Usa, aumentando il rischio di un nuovo aggiustamento del tasso di cambio euro/dollaro”.
Ma da Bruxelles la Ces lanciava oggi anche un altro segnale: il settore privato della zona euro registra attualmente un surplus enorme di risparmio, che sfiora il 3,8% del pil. In altri termini, un totale di 250 miliardi di euro non viene destinato dal settore privato ad investimenti che potrebbero sostenere una crescita durevole ed aumentare la creazione di posti di lavoro. Al contrario, è il settore pubblico che prende in carico il risparmio dei consumatori e delle imprese sotto la forma di un debito pubblico del 2,8%. Il resto del surplus del settore privato rappresenta un eccedenza di bilancio dell’1% del pil.
La Ces approva e sostiene completamente la recente iniziativa della Commissione volta a stimolare la crescita nelle infrastrutture e nelle reti europee. Quanto ai finanziamenti adeguati, i sindacati guardano con attenzione anche al budget ufficiale della Ue da cui, sostengono, si potrebbero dare un taglio alle attuali spese di sussidi agricoli. Infine, il punto anche sul Patto di stabilità, la cui intrepretazione rigida lo ha trasformato in “Patto d’instabilità e anticrescita”. La Ue ha bisogno di regole, che vanno tuttavia chiarite. Ad esempio, un’inflazione eccessivamente debole dovrebbe essere circostanza eccezionale per la quale non applicare la procedura dei deficit eccessivi. Parimenti, alla ricerca di politiche anti-cicliche e non pro-cicliche, i paesi con un debito debole o sostenibile dovrebbero poter applicare la ”regola d’oro”. Insomma, il Patto deve funzionare prima di tutto come prevenzione, imponendo una disciplina e prevedendo sanzioni. In pratica, tali sanzioni avrebbero dovuto giustamente essere applicate a Francia e Germania. E tuttavia, l’allentamento della rigidità potrebbe far presagire una lettura sensata del Patto, purchè se ne giovino tutti i paesi dell’eurozona.
Al comitato esecutivo ha presenziato il segretario generale della Cisl, Savino Pezzotta, che nel suo intervento ha fatto riferimento anche alla Convenzione, che ”non chiude il futuro dell’Europa ma che apre a nuovi sviluppi su cui il sindacato deve rafforzare le sue posizioni”. Quanto alla proposta lanciata dalle ong di aderire ad una loro manifestazione in Germania a marzo, Pezzotta ha sostenuto le posizioni di John Monks: ”Non ci dobbiamo confondere con le ong: non mi piace la macedonia perchè non avverto il gusto della frutta. Non lamentiamoci se le istituzioni europee ci mettono sullo stesso piano e ci considerano una delle tante ong. Siamo un sindacato e tale dobbiamo rimanere”.