(LAVORO, PREVIDENZA SOCIALE)
104ª seduta: martedì 7 ottobre 2014, ore 15,30
105ª seduta: mercoledì 8 ottobre 2014, ore 15
ORDINE DEL GIORNO
PROCEDURE INFORMATIVE
Interrogazioni
Esame, ai sensi dell’articolo 125-bis del Regolamento, del documento:
Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2014 e connessi allegati – Relatrice alla Commissione D’ADDA
(Parere alla 5a Commissione)
Seguito dell’esame, ai sensi dell’articolo 139-bis del Regolamento, dell’atto:
Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/13/CE concernente l’attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE – Relatore alla CommissioneICHINO
(Previe osservazioni della 1ª, della 5ª, della 8ª, della 12ª e della 14ª Commissione)
(Parere al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, ai sensi dell’articolo 1 della legge 4 giugno 2010, n. 96)
ICHINO , BENCINI , BERGER , DALLA ZUANNA , FAVERO , LANZILLOTTA , LEPRI , MARAN , MAURO Mario , PAGANO , PARENTE , SANTINI , SPILABOTTE – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. –
Premesso che:
gli interroganti hanno presentato il 9 aprile 2014 l’atto di sindacato ispettivo 4-02028, nel quale si chiedeva di sapere: «quali siano i motivi per i quali non è stato emanato entro il termine dovuto del 29 marzo 2014 il regolamento del Fondo per le politiche attive del lavoro istituito dal comma 215 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014); se, come ed entro quando il Ministro in indirizzo intenda provvedere al riguardo, anche tenuto conto del fatto che nella medesima legge sono stati stanziati soltanto 50 milioni per le politiche attive del lavoro (misure per il reinserimento dei disoccupati nel tessuto produttivo), e in particolare per l’avvio della sperimentazione regionale del metodo di collocamento fondato sul “contratto di ricollocazione”, a fronte di quasi un miliardo stanziato per le politiche passive (sostegno del reddito ai disoccupati); se non consideri davvero preoccupante che persino quell’esiguo 5 per cento dello stanziamento complessivo per le politiche del lavoro, destinato dallo Stato alle politiche attive nel 2014, rischi di finire con l’essere di fatto annullato per effetto di difficoltà o ritardi nell’attuazione della normativa che ha disposto lo stanziamento medesimo»;
gli stessi senatori hanno ripresentato un’interrogazione di contenuto identico il 25 giugno 2014 (4-02383);
il 3 luglio 2014, nel corso dello svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, nell’Aula del Senato il Ministro in indirizzo ha dato assicurazione che “il regolamento riferito alla sperimentazione dei contratti di ricollocazione è pronto: è stato preparato dalla direzione competente, all’interno del Ministero del lavoro stiamo svolgendo l’istruttoria tecnica per verificare che la formulazione sia pienamente coerente e in tempi brevi lo firmeremo e lo pubblicheremo”;
nel corso dell’estate si è avuta notizia della disponibilità espressa dalla Regione Lazio, già attrezzata sul piano amministrativo per l’attivazione dell’integrazione fra servizio pubblico e agenzie private, per avviare in tempi brevi la sperimentazione di cui al comma 215 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014) per la soluzione della crisi occupazionale del gruppo Alitalia;
ciononostante a tutt’oggi, a 6 mesi dalla scadenza del termine stabilito dalla disposizione legislativa e alla vigilia dell’approvazione in Senato del disegno di legge delega nel quale si prevede la messa a regime del contratto di ricollocazione come strumento ordinario di politica del lavoro, il regolamento necessario per l’avvio della sperimentazione non è stato emanato;
il grave ritardo nell’emanazione del regolamento rischia a questo punto di compromettere la possibilità stessa dell’avvio della sperimentazione per la soluzione della crisi occupazionale Alitalia,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intenda chiarire i motivi di un ritardo così grave e dannoso per il processo di riforma degli strumenti di Governo del mercato del lavoro, e se intenda fornire le dovute assicurazioni circa l’adozione di misure efficaci affinché cessi la situazione di ingiustificabile inadempienza della struttura amministrativa, che a giudizio degli interroganti rischia di diventare una sorta di inammissibile abrogazione di fatto della norma legislativa.
TOSATO – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. –
Premesso che:
con l’art. 21 del decreto “salva Italia” (decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011) è stata attuata l’operazione di accorpamento dell’Inpdap, gestore delle pensioni dei dipendenti pubblici, e dell’Enpals, l’ente previdenziale per i lavoratori dello sport e dello spettacolo;
i risparmi derivanti da tale fusione erano stati quantificati in non meno di 20 milioni di euro per il 2012, in 50 milioni di euro nel 2013, per giungere a 100 milioni di euro nel 2014;
in realtà, già ad ottobre 2012 era stato lanciato l’allarme sulla tenuta dei conti Inps, dopo che secondo la nota di assestamento al bilancio Inps 2012, l’Inpdap confluendo nell’Inps aveva portato un disavanzo patrimoniale quantificato al 1° gennaio 2012 in 10.269.000.000 euro e dovuto a due fattori: 1) la riduzione dei dipendenti pubblici nel corso degli anni, che ha ridotto le entrate contributive a fronte di un aumento della spesa per le pensioni; 2) il mancato versamento da parte delle amministrazioni centrali dello Stato dei contributi alla Cassa dei trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato, una delle 10 casse fuse nell’Inpdap nel 1996;
nella fattispecie tale mancato versamento sembra esser dovuto al fatto che le amministrazioni hanno versato solo la quota della contribuzione a carico del lavoratore (pari all’8,75 per cento) e non anche la quota a loro carico, pari al 24,2 per cento;
in base al bilancio previsionale 2014, il disavanzo dell’Inps si aggira a 12.021 milioni di euro e si stima che l’Istituto possa pagare le pensioni sino al 2015, poi le casse saranno vuote e l’Inps al collasso,
si chiede di sapere:
se effettivamente ci sia stato un ventennale mancato versamento da parte delle amministrazioni pubbliche della quota a loro carico pari al 24,2 per cento ed a quanto ammonti oggi il debito dello Stato nei confronti dell’Inps;
quali siano le amministrazioni che hanno omesso i pagamenti contributivi dovuti ed in quale termini il Governo intenda sanare l’asimmetria giuridica per la quale il datore di lavoro privato è perseguibile e sanzionabile per legge in caso di omessi versamenti contributivi e la pubblica amministrazione no.