Nella settimana in cui anche il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, tutt’altro che un allarmista, si è sentito costretto a lanciare l’allarme sulla demografia negativa nel nostro paese, vale la pena di riproporre un libro non recentissimo (è uscito nel 2023) ma indispensabile per capire le conseguenze pratiche di un problema che ancora viene considerato, a torto, marginale. Lo stesso Giorgetti, parlando alla Commissione parlamentare per la transizione demografica, ha accusato la classe politica, tutta, di non prendere sul serio il problema, di accantonarlo senza rendersi conto delle conseguenze che la demografia ha sull’assetto economico del paese. Da qui a pochi anni sarà impossibile trovare mano d’opera, le imprese rischieranno di chiudere, con conseguenze a catena sulla crescita, sulle pensioni, sul welfare, sui saldi della finanza pubblica, sulla sostenibilità del debito, sulla sanità, eccetera.
Tutto questo era stato già spiegato, con rigore scientifico unito a una grande capacità divulgativa, nel saggio “Domani è oggi. Costruire il futuro con le lenti della demografia”, edito da Egea e firmato dal Rettore dell’Università Bocconi, Francesco Billari. La tesi dell’autore, in sintesi, è che al ‘’destino demografico” si può sfuggire tenendo a mente due cose: che non esiste una ricetta unica ma un mix di soluzioni, e che moltissimo, o tutto, dipenderà dalle scelte che la politica saprà mettere in campo. Grazie alla transizione demografica, spiega, “oggi viviamo nel miglior momento della storia dell’umanità: la durata della vita e la nostra salute sono migliori rispetto a ogni epoca passata”: “in cento anni, le donne hanno conquistato 34 anni di vita in più e gli uomini 31. Ogni anno la vita si allunga di 4 mesi, ogni giorno di più di 8 ore”. E sarebbero splendide notizie se non ci fosse il rovescio della medaglia, quello che ha portato l’Italia nella top ten dei paesi più vecchi del mondo: a fronte di vite così longeve, mancano le vite nuove, mancano i bambini, i giovani, e dunque la forza lavoro di domani. Negli anni, la nostra piramide demografica ha assunto le caratteristiche di una nave da crociera, dice Billari; ma è una nave che sta andando alla deriva, o addirittura contro un iceberg.
Il succo è che “la popolazione italiana sta smettendo di moltiplicarsi”, e lo sta facendo, silenziosamente ma costantemente, da decenni. Nel 2023 era già scesa sotto i 59 milioni, e il dato sarebbe stato peggiore senza l’apporto degli immigrati stranieri. Ma è il mix generazionale sballato quello che preoccupa. Esempio concreto: il 1° gennaio 2023, la fascia di età più numerosa e solida, il ‘’motore’’ del paese, era quella tra i 35 e i 39 anni, in tutto quasi 5 milioni di persone, mentre gli over 65 erano il 19% della popolazione e gli under 14 circa il 14%. Vent’anni dopo, nel 2023, la situazione è rovesciata: gli over 65 sono saliti al 24%, gli under 14 sono scesi al 12%, e quella balda generazione di under quaranta, cuore del nostro mercato del lavoro, ha traslocato in massa nella schiera dei canuti. Tra cinque anni l’Italia avrà perso un milione di abitanti, tra venti ne avrà persi altri due, e la generazione più numerosa in assoluto sarà quella fra i 75 e i 79 anni. Mentre la generazione in età da lavoro, cui spetta tenere in piedi il paese, sarà crollata dagli attuali 34 milioni di persone a 27 milioni.
Ma con sette milioni di lavoratori in meno, come potrebbe mai cavarsela l’Italia? La risposta di Billari è la seguente: “solo l’immigrazione dall’estero consentirà di riempire i buchi”. E qui si arriva al mix di ricette per affrontare il problema. In sostanza sono due: una di lungo periodo, e sono le politiche sociali e per la famiglia, che richiedono però almeno un paio di decenni per dare risultati; l’altro rimedio ha invece un effetto immediato sulle falle della nave demografica, e sono gli immigrati. Sulle politiche sociali il libro porta alcuni esempi concreti, esaminando il caso della Francia, che pur avendo un basso tasso di natalità sta comunque assai meglio di noi proprio grazie a una politica di sostegno messa in piedi, con lungimiranza, già nei primi anni 50, e quello della Germania: dove grazie ad Angela Merkel e alla sua ministra per la famiglia dell’epoca, Ursula von Der Leyen, ogni bambino, non appena registrato all’anagrafe, ha diritto a un posto riservato nell’asilo nido del suo quartiere.
Ed è ancora Angela Merkel l’esempio più brillante e riuscito di ricorso all’immigrazione. Risale al 2015, alla crisi dei profughi siriani e al famoso ‘’Wir shaffen das”. Ricostruisce Billari: ‘’Merkel prende una posizione scomoda quanto netta, mettendo a rischio il proprio ruolo di leader e parlando all’opinione pubblica in modo esplicito (…). Durante una conferenza stampa usa una frase divenuta iconica (Wir shaffen das, ce la faremo): “lo dico in modo semplice: la Germania è un paese forte. L’approccio che dobbiamo avere verso questa cosa (l’arrivo in massa dei siriani, ndr) e’: abbiamo fatto cosi tante cose, ce la faremo anche questa volta’’. Ce l’hanno fatta: nel 2015 più di due milioni di stranieri, tra immigrati e rifugiati, sono entrati in Germania, con un saldo netto tra immigrazione ed emigrazione di stranieri pari a un milione 157 mila persone”. In parallelo, la Germania stanzia però anche le risorse necessarie per l’integrazione degli stranieri: l’insegnamento della lingua, l’accoglienza in alloggi degni, il supporto alla ricerca di occupazioni consone, e ovviamente la concessione della cittadinanza.
Il risultato, in termini demografici, è vincente, e risolleva un paese che nel 1992 aveva toccato il più basso tasso di fertilità di sempre, 0,8 figli per coppia. Vincente da ogni punto di vista: Billari ricorda che già l’anno prima del “Wir shaffen das”, nel 2014, la Germania conquistò la Coppa del Mondo di calcio grazie a un capocannoniere polacco e un asso del pallone turco, diventati cittadini tedeschi e colonne della Nazionale. Così come erano turchi di nascita, ma tedeschi per cittadinanza, i due scienziati della BionTech a cui dobbiamo il vaccino Mrna per il Covid.
Dunque, la Germania con gli immigrati ha saputo fare bene i suoi conti, ma anche le sue politiche per la famiglia sono state efficaci, basate su ‘’un’attenzione importante all’eguaglianza di genere, alla possibilità di combinare lavoro, famiglia, bambini”, e sulla già citata politica di garantire un posto all’asilo e ogni nuovo nato. Risultato: se nel 2003 i tedeschi erano 82,5 milioni, vent’anni dopo, nel 2023, sono saliti a 84,4 milioni. E guarda caso, esattamente 2 milioni e mezzo di stranieri, in questi vent’anni, hanno ottenuto la cittadinanza. Oggi, la ‘’nave demografica’’ tedesca, a differenza di quella italiana, non va alla deriva né rischia l’affondamento.
‘’Angela Merkel ha spostato verso un futuro più sostenibile la lancetta corta della demografia tedesca’’, chiosa l’autore. E lo ha fatto con una ricetta semplice, ma soprattutto coraggiosa nei confronti degli immigrati. Un coraggio che purtroppo manca in Italia come in molti altri paesi d’Europa; e forse, ormai, anche nella stessa Germania. Oggi la nostra situazione nazionale è che nei piccoli comuni italiani, ben 5.500 mila sugli 8mila totali, la popolazione è inferiore a quella del 1860, e il loro declino, secondo l’Istat, è destinato a continuare. Per concludere, peschiamo dal libro di Billari qualche altro numero significativo: “poco meno di 600 mila ragazzi hanno compiuto 18 anni nel 2023, di cui il 7% senza cittadinanza. Il numero dei diciottenni oggi è comunque superiore quasi del 50% rispetto ai nati nel 2022, i potenziali maggiorenni del 2040, che sono meno di 400 mila”. La nostra nave demografica è piena di falle, e nessuno sta nemmeno provando ad aggiustarle.
Nunzia Penelope
Titolo: Domani è oggi. Costruire il futuro con la lente della demografia
Autore: Francesco Billari
Editore: Egea
Anno di pubblicazione: prima edizione ottobre 2023
Pagine: 135 pp.
ISBN: 9788823839533
Prezzo: 16.50€