L’industria metalmeccanica sta attraversando una nuova fase recessiva. Dopo la fase espansiva che si era protratta fino all’estate, il settore ha subito un’inversione di tendenza a partire dal mese di settembre. Nel quarto trimestre 2011, si è avuto un calo di produzione del 3,2% rispetto al trimestre precedente, mentre i volumi sono diminuiti del 4,7% nel confronto con l’analogo periodo dell’anno precedente. La produzione metalmeccanica è diminuita in tutti i comparti del settore, ma i più colpiti dalla crisi sono stati “Macchine ad apparecchi elettrici” e “Autoveicoli e rimorchi”. E’ diminuito anche l’utilizzo degli impianti, pari al 70,4%, mentre nel 2010 era stato del 72,3%.
A incidere negativamente sull’attività del settore è stata la stagnazione della domanda interna, solo in parte compensata dalla buona tenuta delle esportazioni che hanno, comunque, risentito del rallentamento degli scambi internazionali. Con riferimento ai principali partners commerciali le esportazioni sono aumentate nell’area dell’euro in egual misura verso Germania (+14,3%) e Francia (+14,2%), che insieme assorbono circa un quarto delle esportazioni metalmeccaniche complessive. Nei paesi terzi si sono avuti significativi incrementi verso la Russia (+21%) e gli Stati Uniti (+22,4%), mentre crescono le esportazioni verso la Cina (+14,1%).
Rispetto al fattore lavoro, l’indagine evidenzia che per tutto il 2011 le imprese metalmeccaniche con oltre 500 addetti sono state interessate dal ridimensionamento dei livelli occupazionali pari all’1,2% annuo. La riduzione dei posti di lavoro ha colpito in particolar modo gli operai (-2,8%) e solo in parte è stata compensata dall’incremento dell’occupazione degli impiegati (+1,4%).
Il costo del lavoro procapite è cresciuto mediamente nel 2011 del 3,2%.
Nel 2011 le ore di cassa integrazione autorizzate sono state pari a 350 milioni con una riduzione del 31,3% rispetto all’anno precedente confermando così l’inversione di tendenza iniziata già nel 2010. Il ricorso alla cig ordinaria è diminuito in media annua del 47%, mentre quello alla cig straordinaria del 31,3%. La cig in deroga è stata l’unica a registrare un aumento, pari al 22,5%.
Secondo l’indagine congiunturale condotta da Federmeccanica su un campione di imprese associate, la fase recessiva si protrarrà anche nella prima parte del 2012, così come si evince dalla consistenza del portafoglio ordini e dalle aspettative delle imprese. La difficile situazione congiunturale farà sentire i suoi effetti anche sulle dinamiche occupazionali, con il 21% delle imprese che prospetta di ridurre gli organici nei prossimi mesi.
Di fronte a questa nuova fase recessiva, afferma il vice presidente di Federmeccanica Roberto Maglione, sono necessarie politiche attive del lavoro, negoziazione con il sindacato su pensioni e politiche del lavoro, programma di rilancio dell’economia perché senza investimenti non c’è produttività.
E’ urgente, per far ripartire il settore e contribuire alla sua crescita, trovare una soluzione, dice il direttore generale Roberto Santarelli, alla gestione del credito. Le imprese, in particolare quelle di piccole dimensioni, “fanno una fatica micidiale ad ottenere prolungamenti degli affidamenti bancari, per l’apertura di nuove linee, con costi comunque altissimi nonostante gli interventi della Bce”. “Bisogna passare, ha continuato, dal livello del rapporto tra Bce e banche al livello del rapporto tra banche e imprese. Su questa seconda parte mi pare che qualche vischiosità ancora si rilevi. Ormai sta diventando anche un fatto di cronaca oltre che di politica economica”.
Questo è il primo dato, l’altro è che “ovviamente di sole politiche di rigore o di risanamento, si muore. È stato necessario, è giusto continuare a farlo, ma adesso veramente occorre mettere in campo le misure per la crescita, perché se non rimettiamo un po’ di linfa nella produzione interna, la difficoltà di ripresa è evidente”.
Sulla riforma del mercato del lavoro “mi pare ci siano difficoltà evidenti”. Oggi “c’è un incontro, vediamo quante di queste difficoltà potranno essere recuperate”, ha detto il direttore generale di Federmeccanica. Santarelli ha poi detto che bisogna, in questa fase di crisi, rimettere tutto in discussione e che, per questo motivo, non si può continuare a considerare l’articolo 18 un tabù. “Siamo in una situazione in cui tutto deve essere efficentato e nessun argomento deve essere sottratto da questa analisi. Tutto deve essere oggetto di discussione laica, pragmatica, quindi non può diventare la bandiera ideologica di nessuna delle parti”, osserva.
Il punto di vista di Federmeccanica è noto: “Nel momento in cui vogliamo mettere mano al regime delle flessibilità in entrata è chiaro che questo implica la revisione della flessibilità in uscita. Confindustria una posizione ce l’ha: reintegra per i licenziamenti discriminatori e indennizzo per i licenziamenti non discriminatori. Federmeccanica condivide questa posizione, dopodiché è aperto un tavolo tra le varie posizioni, vedremo quale sarà la sintesi. L’unica cosa che non si può sentire dire è che questa è una cosa di cui non si può discutere”, conclude Santarelli.
Dello stesso avviso sulla questione dell’articolo 18 anche il vice presidente di Federmeccanica, Roberto Maglione, secondo il quale “il modello tedesco potrebbe essere un punto di riferimento, un modello al quale ispirarsi perché la locomotiva tedesca é tale anche in momenti di recessione”.
Santarelli ha poi ribadito l’importanza di trovare le risorse necessarie per la riforma degli ammortizzatori sociali e di risolvere il problema degli esodati.
Alla domanda se le relazioni industriali possano contribuire ad aumentare la produttività e di conseguenza la crescita del settore metalmeccanico Santarelli ha risposto che può essere di aiuto introdurre nel contratto nazionale elementi di flessibilità sulla gestione dell’orario di lavoro, ma anche contrastare fenomeni molto diffusi come l’assenteismo e intervenire sul costo del lavoro per unità di prodotto che ha creato un gap considerevole di competitività rispetto agli altri paesi.