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Fim-Cisl, nel II semestre 2022 sono ancora 60 mila i metalmeccanici coinvolti nelle crisi

redazione
Gennaio16/ 2023

“Nell’ultimo semestre dell’anno appena passato “abbiamo registrato, rispetto al primo semestre del 2022, una diminuzione di 10.140 lavoratori metalmeccanici coinvolti a vario titolo in crisi legate al settore metalmeccanico (finanziarie, di settore, d’indotto, legate alle materie prime e al conflitto Ucraina-Russia) passando dai 70.867 lavoratori di giugno 2022 ai 60.727 coinvolti al 31 dicembre 2022″. E’ quanto emerge da un Report della Fim-Cisl, il sindacato dei metalmeccanici della Cisl.

In particolare, per quanto riguarda il settore metalmeccanico, quello che emerge dal report è un quadro che, se pur all’interno di un forte dinamismo complessivo della produzione industriale, trainata soprattutto dall’export, continua ad avere situazioni di sofferenza legate soprattutto al costo dell’energia e alla carenza di materie prime e componentistica.Nonostante il calo dei lavoratori – spiega il report – coinvolti in crisi rispetto al primo semestre dell’anno – su cui indubbiamente pesavano in maniera importante i contraccolpi della guerra tra Ucraina e Russia nei primi mesi del conflitto – quello che si nota nella seconda parte dell’anno è il consolidarsi di sofferenze in alcuni settori, in particolare su auto ed elettrodomestici, cui si sommano alcune particolari filiere come quelle degli appalti e delle istallazioni che scontano una crisi, spesso legata alle gare al massimo ribasso anche da parte degli enti pubblici che le collocano fuori mercato.”

“Continua la carenza di materie prime messa in
moto dalla pandemia (a partire da semiconduttori e componentistica auto ed elettrodomestico, ma non solo) e dagli aumenti del costo dell’energia – ai quali si lega un’inflazione che, almeno in Italia, sembra non essere destinata a calare nell’anno appena iniziato e che alla lunga rischia di penalizzare forte mente il mercato interno.

“Il costo dell’energia – prosegue il report – continua a incidere in maniera
pesante sull’industria in particolare nei settori energivori, a partire da siderurgia e metallurgia, dove addirittura i costi energetici sono diventati la prima voce di costo, superiore persino al costo del lavoro. A questo si sommano le incertezze e i costi legati alle transizioni green e digitali di tutto il settore, in particolare nella siderurgia e nell’automotive, e il riposizionamento delle catene del valore a livello globale, che stanno impattando notevolmente su settori come quello dell’elettrodomestico. ” Tutti questi fattori insieme, secondo la Fim Cisl, “stanno compromettendo la ripresa e mettendo in crisi molte piccole e medie imprese legate all’indotto.”

Infine, per il segretario generale della Fim Cisl Roberto Benaglia non aumenta la crisi nel settore metalmeccanico, ma serve porre più attenzione a crisi storiche, Mezzogiorno, reindustrializzazioni e automotive. “Nei mesi trascorsi – spiega Benaglia – il sistema industriale metalmeccanico ha dimostrato una tenuta produttiva e occupazionale migliore dei timori e delle criticità presenti soprattutto determinate dai costi dell’energia. I dati tuttavia segnalano alcune difficoltà strutturali che devono essere affrontate: l’aumento del numero di crisi aziendali storiche ormai croniche che non si risolvono, l’aumento dei casi di crisi nel Mezzogiorno del Paese dove si rischia il deserto industriale e occupazionale, i troppi casi di mancata reindustrializzazione nonostante gli impegni presi al MISE (MIMIT) e l’aumento delle difficoltà nel settore automotive, stante gli effetti della transizione ecologica che il sindacato dei metalmeccanici da tempo denuncia con proposte concrete. Avere 60 mila posti di lavoro a rischio, in uno dei paesi più industrializzati è una questione sociale urgente che non ci possiamo permetterci di trascu rare e che va affrontata.

E.G.

redazione