“Preoccupa e desta allarme il testo base depositato dalla maggioranza sul fine vita, poiché non si limita a disattendere le indicazioni contenute nella sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019, ma crea un percorso a ostacoli volto con tutta evidenza a precludere l’esercizio del diritto”. È quanto dichiarano le segretarie confederali della Cgil Daniela Barbaresi e Lara Ghiglione.
“La creazione di una commissione etica nazionale di nomina politica chiamata a decidere sul caso specifico, col paradosso che si avrebbero criteri decisionali diversi in base ai partiti al governo, l’obbligatorietà dell’inserimento in un percorso di cure palliative e l’impossibilità di ripresentare richiesta nei quattro anni successivi in caso di rigetto, sottopone la persona malata a inutili sofferenze aggiuntive”, sostengono le dirigenti sindacale. “Inoltre – sottolineano – viene ignorata la possibilità che, in un tempo tanto lungo se rapportato a malattie degenerative, possa esserci un peggioramento delle condizioni oggettive”.
Per Barbaresi e Ghiglione poi “il riferimento nel primo articolo della bozza alla ‘tutela della vita a partire dal concepimento e fino alla morte naturale’ prelude a una compressione del diritto all’autodeterminazione delle persone tanto nella fase finale della vita che in relazione al diritto all’aborto, e appare in tutta la sua gravità il prezzo pagato dalla maggioranza alle associazioni integraliste no choice.
Vorremmo rammentare al Governo e alla maggioranza che l’Italia non è uno Stato confessionale, e che sul diritto all’aborto i cittadini si sono espressi chiaramente”.
“La Cgil rifiuta con decisione un’impostazione che, chiamata a dare attuazione alla sentenza della Consulta, appesantisce il percorso con inutili procedure e nega una volta di più la dignità della persona nella fase finale della vita”, concludono le segretarie confederali.