Lo studio biennale Global Risk Management Survey condotto da Aon, società di consulenza dei rischi e delle risorse umane, giunto alla sua sesta edizione, evidenzia che la crisi economica e la lenta ripresa sono al primo posto tra i rischi percepiti dai manager in Italia. A livello globale il pericolo numero uno è quello di possibili danni a reputazione e o marchio dell’impresa, che tra i manager italiani risulta secondo.
L’indagine è stata condotta in 64 Paesi interpellando 1.843 manager (+30% rispetto all’edizione del 2015) di aziende pubbliche e private appartenenti a 33 settori. I principali Paesi per livello di adesioni sono gli Stati Uniti, l’Italia e la Polonia, con i settori dell’edilizia, delle assicurazioni, investimenti e finanza ed energia/utilities più rappresentati.
Il cyber risk, che ha registrato una decisa scalata nella classifica a livello globale portandosi dalla nona alla quinta ed è il primo rischio percepito dalle aziende del Nord America, in Italia è solo all`11esimo posto.
A livello globale, il rischio politico è rientrato tra i primi dieci rischi percepiti dai manager, a causa dell’escalation di attentati terroristici in Europa e Usa e instabilità in alcune aree dell’Africa e dell’America Latina. In Italia il rischio è solo al 33esimo posto.
Per i 390 manager italiani che hanno partecipato all’indagine, la crisi economica e la lenta ripresa rappresentano il principale rischio per il business nel nostro Paese. Il rapporto ha riscontrato come gli aspetti economici, demografici, geopolitici e l’innovazione tecnologica abbiano creato una nuova realtà con cui si devono confrontare le aziende a livello globale.
Secondo la società di consulenze, il rischio determinato da nuove tecnologie e dall’innovazione dovrebbe entrare nella classifica dei primi 10 entro il 2020 a livello globale. La prontezza nell’affrontare i rischi risulta invece ai livelli minimi dalla prima survey condotta nel 2007.
Tornando all’ Italia, al terzo posto sui rischi percepiti si piazza l’aumento della concorrenza. Seguono responsabilità degli amministratori; mancata capacità di innovare e soddisfare i bisogni dei clienti; responsabilità verso i terzi; rischio di credito della controparte, assente nella top 10 a livello globale; danni alla proprietà; interruzione dell’attività e, al decimo posto, cambiamenti normativi o legislativi.(Segue)
Dall’indagine condotta nell’ultimo trimestre del 2016 per il 55% in Europa, il 25% in Nord America, il 10% in America Latina, il 6% in Asia e il 5% in Medio Oriente e Africa, emerge, inoltre, che i rischi tradizionalmente non assicurabili (quali ad esempio, la brand reputation, la fluttuazione dei tassi di interesse ecc.) stanno diventando ancora più volatili e difficili da gestire e mitigare.