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Home - Approfondimenti - La nota - Il crollo di Stellantis nel report della Fim Cisl: peggioramento superiore alle previsioni

Il crollo di Stellantis nel report della Fim Cisl: peggioramento superiore alle previsioni

di Fernando Liuzzi
8 Luglio 2025
in La nota
Stellantis, siglato accordo con i sindacati per uscite incentivate, la Fiom non firma

Sono passate appena due settimane da quando, il 23 giugno scorso, Antonio Filosa si è ufficialmente insediato nel suo incarico di nuovo Ceo di Stellantis. Un incarico già di per sé complesso, e assunto, per di più, in un momento particolarmente difficile.

Le difficoltà derivanti sia dalla natura di Stellantis, in quanto impresa frutto di una fusione tra due preesistenti colossi quali Peugeot e Fca, sia dalla fase, a dir poco travagliata, attraversata oggi dall’industria dell’auto, erano certamente note, quel giorno, allo stesso Filosa, cioè ad un manager formatosi prima dentro la citata Fca, e poi dentro Stellantis. Ma, a dare anche a noi un’idea di quanto impegnativa sia anche solo una parte di tali difficoltà, ci ha pensato ieri, 7 luglio, la Fim-Cisl il cui Segretario generale, Ferdinando Uliano, ha illustrato a Roma, con un’apposita conferenza stampa, i risultati della nuova edizione del report che la sua organizzazione dedica periodicamente a ciò che fanno gli stabilimenti italiani di Stellantis.

Una delle caratteristiche che rendono particolarmente utili questi rapporti, è proprio il loro carattere periodico. Essi non vanno cioè all’inseguimento di ipotetiche fasi della vita aziendale di Stellantis, ma sono cadenzati in base a specifici lassi di tempo: trimestrali o semestrali. E infatti, il rapporto presentato oggi si intitola, semplicemente, Situazione produzione Stellantis Italy 1° semestre 2025.

Chi ha seguito le nostre relazioni relative ai rapporti redatti dalla Fim sulle attività produttive condotte da Stellantis nel nostro Paese, sa che le cose vanno male, in particolare, dall’anno scorso. Ciò che ieri è però emerso con chiarezza nella conferenza stampa di cui stiamo parlando, è che adesso ci troviamo davanti a un ulteriore peggioramento.

Si pensi che nel 2017, quando Marchionne era ancora vivo e attivo, gli stabilimenti italiani, che sarebbero poi entrati a far parte di Stellantis, produssero 1.035.454 veicoli. Tale cifra scese poi a 964.533 veicoli nel 2018, e a 818.880 veicoli nel 2019. Nel 2020, che è l’anno in cui la pandemia da Covid-19 esplode anche nel nostro Paese, con i conseguenti lockdown, la produzione dei suddetti stabilimenti scende a 717.636 veicoli. Nel 2021, che è l’anno in cui – in gennaio – si assiste alla nascita ufficiale della società di diritto olandese denominata Stellantis, ma che è anche un anno in cui si soffrono ancora le conseguenze del Covid, la produzione dei citati stabilimenti tocca appena i 673.574 veicoli.

Ma ecco che, nel 2022, c’è un primo, ancorché modestissimo, segnale di ripresa: i veicoli prodotti salgono a 685.753. L’anno dopo, e cioè nel 2023, la ripresa si fa più robusta: si arriva a 751.384 veicoli prodotti.

I veri guai cominciano però l’anno scorso. Infatti, il 2024 si chiude con appena 475.090 veicoli prodotti, cioè con meno della metà di quelli usciti dagli stabilimenti italiani di Fca nel 2017, nonché con meno della metà del famoso obiettivo del milione di veicoli da produrre in un futuro, a parole, prossimo, ma, in realtà, sempre più lontano.

In particolare, il 2024 si chiude con un vero e proprio crollo della produzione di autovetture, che tocca un drammatico -45,7%, e con un significativo ridimensionamento della produzione di veicoli commerciali: -16,6%. La somma di auto e furgoni arriva quindi a toccare un pesante -36,8% rispetto all’anno precedente.

Ed eccoci alla conferenza stampa di ieri. “I dati di produzione dei primi sei mesi del 2025”, attestano un “peggioramento” rispetto a quelli relativi allo stesso periodo del 2024. Infatti, le autovetture prodotte a tutto il 30 giugno del corrente anno, si attestano alla cifra di 123.905, contro le 186.510 uscite di fabbrica nello stesso periodo dell’anno scorso. La caduta produttiva è quindi pari a un ulteriore –33,6%.

Quanto ai veicoli commerciali, quelli prodotti da gennaio a giugno 2025 sono stati 97.980, contro i 117.000 dell’analogo periodo del 2024 (-16,3%). Il totale (auto + furgoni) vede la produzione del primo semestre 2025 scendere da 303.510 unità a 221.885 unità, con una caduta del –26,9%.

In sostanza, “il livello di caduta dei volumi” che si sta profilando nel 2025 “è superiore alle previsioni”. Ad aggravare il quadro, sta il fatto che “tutti gli stabilimenti auto evidenziano un forte peggioramento. A differenza del 2024, in cui almeno Pomigliano rappresentava un’eccezione positiva, oggi nessun sito sfugge alla situazione di forte difficoltà”.

Secondo la Fim, con questo andamento si può prevedere “una chiusura d’anno” collocata “intorno alle 440.000 unità totali, con circa 250.000 autovetture prodotte”. Ciò dipende dal fatto che “non si intravedono segnali di ripresa entro fine anno”. “Anzi – incalza il report sindacale – il calo dei volumi e l’uso degli ammortizzatori sociali potrebbero aumentare, coinvolgendo già oggi quasi la metà della forza lavoro del Gruppo.” Infatti, “la partenza produttiva della 500 ibrida, prevista per novembre”, nonché i nuovi modelli assegnati allo stabilimento di Melfi (Potenza), “potranno dare risultati significativi solo nel corso del 2026”.

Come reagire, nel frattempo, e ancor più in prospettiva, a questa somma di difficoltà?

Uliano ha indicato due direttrici lungo le quali avviare l’iniziativa sindacale. Una, di taglio settoriale, e di dimensione europea. L’altra, di taglio aziendale, e più concentrata sulla dimensione nazionale.

Cominciamo dalla prima direttrice. “La ‘tempesta perfetta’ che investe l’industria europea – segnata dal crollo dei mercati, dalla transizione elettrica e digitale, e ora anche dai dazi Usa – impone una risposta politica forte e coordinata a livello europeo”. “A seguito della manifestazione del 5 febbraio scorso a Bruxelles”, promossa dal sindacato europeo IndustriAll Europe, “denunciamo l’assenza di misure strutturali all’altezza della sfida. Le risorse finora stanziate (2,8 milioni di euro) – afferma la Fim – sono del tutto insufficienti per sostenere un comparto strategico” che è “in piena trasformazione” e che “rischia ricadute gravi sia sul piano industriale, sia su quello occupazionale”.

Per Uliano, è dunque “necessario un piano industriale europeo espansivo, sostenuto da debito comune”, nonché “un nuovo Fondo europeo con dotazioni paragonabili al Next Generation EU, per accompagnare la transizione garantendo sostenibilità non solo ambientale, ma anche sociale”.

Lo stesso Uliano ha anche osservato che, però, “ad oggi le uniche novità a livello europeo riguardano la rimodulazione delle sanzioni sulle emissioni di CO2 previste per il 2025. Misure che, seppur positive, non sono sufficienti ad arginare le ricadute industriali e occupazionali già in atto”.

E veniamo adesso a quella che ci siamo permessi di chiamare la seconda direttrice, ovvero al rapporto con l’Azienda. Uliano ha ricordato che “nel corso del 2024, a seguito del peggioramento della situazione di mercato e produttiva, abbiamo chiesto di modificare il piano Dare Forward 2030, proponendo modifiche e soluzioni aggiuntive, ma abbiamo riscontrato la contrarietà del Gruppo, in primis, dei vertici aziendali. Tutto questo è culminato con scioperi e manifestazioni a livello locale e poi con lo sciopero nazionale del settore auto”, con manifestazione a Roma, indetto da Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil per il 18 ottobre 2024. Un’iniziativa di lotta cui hanno fatto seguito le dimissioni dell’allora Ceo di Stellantis, Carlos Tavares. Un manager, aggiungiamo noi, il cui integralistico orientamento a favore delle motorizzazioni full electric non ha incontrato i gusti di quella ampia parte della clientela che ha mostrato di preferire le motorizzazioni ibride.

Adesso, dopo l’arrivo di Filosa e della sua “nuova squadra”, secondo Uliano “diventa indispensabile un primo incontro, in tempi brevi, con le organizzazioni sindacali italiane”. Ciò allo scopo di “costruire positive relazioni sindacali, necessarie per affrontare le difficoltà che stiamo attraversando”.

A queste due direttrici se ne aggiunge poi una terza, ovvero quella del rapporto col nostro Governo. Infatti, Uliano ha affermato che “anche il Governo italiano deve fare la propria parte, individuando risorse adeguate per sostenere e rilanciare il settore automotive e l’intero indotto”.

Fernando Liuzzi

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