Prosegue l’occupazione dello stabilimento Ilva di Genova da parte dei lavoratori per protestare contro i 600 esuberi annunciati da Am Investco e chiedere il rispetto dell’accordo di programma del 2005, che prevedeva la chiusura degli impianti a caldo in cambio del mantenimento dei livelli occupazionali e salariali.
Dopo il corteo di ieri, i lavoratori scenderanno di nuovo in piazza domani, 8 novembre, in concomitanza con l’incontro a Roma sul futuro dello stabilimento di Cornigliano tra il governatore della Liguria, Giovanni Toti, il sindaco di Genova, Marco Bucci ed il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda.
Il segretario della Fiom di Genova, Bruno Manganaro, ha dichiarato che per sospendere l’occupazione occorre che il governo convochi un tavolo con tutti i firmatari dell’accordo di programma. “C’è già un tavolo nazionale sulla vertenza Ilva ma ne serve anche uno specifico su Genova. Domani – ha sottolineato Manganaro – gli enti locali andranno a Roma ad incontrare Calenda e, se il ministro proprio domani annunciasse una data per il tavolo con tutti i firmatari dell’accordo, sospenderemmo subito la protesta”.
In risposta agli altri sindacati che hanno duramente attaccato i metalmeccanici della Cgil, sostenendo che a decidere l’occupazione dello stabilimento è stata solo una piccola minoranza dei lavoratori e che si tratta di una forma di protesta inutile e dannosa, Manganaro ha affermato: “Se alle prossime elezioni qualcuno avesse il consenso che ha la Fiom in questa fabbrica le vincerebbe sicuramente. Vorrebbero avercelo loro il consenso che abbiamo noi”.
Tuttavia, il segretario genovese della Fiom riconosce che “qualche dirigente sindacale ha fatto anche dei ragionamenti diversi”, tra i quali il segretario nazionale della Uilm, Rocco Palombella, che ha ipotizzato la convocazione di un tavolo sull’accordo di programma. “Se qualcuno ragiona, anche noi -ha detto Manganaro- siamo disposti a ragionare”.
“Al Mise che ieri ha dichiarato che questa occupazione rischia di danneggiare la trattativa a livello nazionale – ha proseguito il segretario -, rispondo che devono mettersi un po’ d’accordo con se stessi perché un giorno ci dicono che non contiamo niente e il giorno dopo che siamo così forti, che la nostra lotta è così importante, che va in crisi il tavolo nazionale. Insomma -ha concluso Manganaro- mi sembra che abbiano qualche contraddizione, oppure che cerchino di ricattarci ma noi ai ricatti non ci stiamo”.
E.M.