Federmanager, in occasione della sua prima assemblea nazionale che si è svolta oggi a Roma, ha presentato i dati relativi alla situazione della dirigenza delle aziende industriali.
Dal 2011 al 2015 il numero dei manager è passato da 77.517 a 69.246 unità, segnando una flessione pari a -10,6%. Parallelamente, anche le imprese che operano nel settore hanno subito una flessione, diventate 296.000 nel 2015 a fronte delle 318.000 del 2011. Ma, a dispetto di questi dati al ribasso, le stime di Federmanager registrano un segnale positivo per il 2015: infatti, il numero delle assunzioni di manager è ripreso a salire di oltre il 20% rispetto all’anno precedente e ha riguardato la componente over 55 (+17% rispetto al 2011) che, attualmente, rappresenta un terzo della popolazione in servizio.
Il presidente Federmanager, Stefano Cuzzilla, parla di “un ritorno al valore dell’esperienza”, per cui i manager over 55 “oggi sono riconosciuti per il loro bagaglio di competenze e know how che è necessario a sviluppare il business in un contesto in rapidissima trasformazione”.
Inoltre, secondo i dati elaborati da Federmanager su fonte Inps, emerge che le assunzioni 2015 hanno riguardato in prevalenza le imprese medio-grandi, che hanno un bacino di manager superiore alle 100 unità. Per un Paese caratterizzato in prevalenza da PMI, sul totale di imprese industriali solo il 5.6% ricorre a una figura manageriale.
Secondo Cuzzilla, infatti, il rallentamento del sistema industriale del paese è “il peso dimensionale delle nostre aziende, che stentano a dotarsi delle figure manageriali indispensabili per essere competitive. La scarsa managerializzazione delle imprese italiane – continua Cuzzilla – sta diventando un pericolo per l’intera industria italiana: la Quarta Rivoluzione Industriale è già in atto e servono competenze e capacità per affrontare con successo l’innovazione tecnologica e il cambio di processi e di modelli organizzativi.”
L’Assemblea Nazionale di Federmanager ha dedicato i lavori al tema “Competenze per l’Industria”, presentando 4 profili professionali richiesti dal mercato e che la Federazione ha voluto certificare. “La certificazione delle competenze non solo è uno strumento riconosciuto per stabilire il benchmark a livello globale, ma è anche l’unico modo per far prevalere il merito”, ha spiegato il presidente. “Dalle persone si deve ripartire, – ha concluso – nella convinzione che l’unica economia che può crescere è quella basata sulla persona, sulle sue skills, su quel contributo unico, professionale e umano, che garantisce all’impresa, al sistema produttivo, al territorio in cui opera, un orizzonte percorribile”, conclude Cuzzilla.