Hamas e Israele hanno firmato la “prima fase” del piano di pace, che sarà ufficialmente siglata questa mattina in Egitto. A dare l’annuncio sul social Truth è stato il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che si dice “molto orgoglioso” di annunciare la sottoscrizione del piano. Ciò significa “che tutti gli ostaggi saranno rilasciati molto presto” e “Israele ritirerà le sue truppe secondo una linea concordata, come primo passo verso una pace forte, duratura e perenne”. “Tutte le parti – assicura – saranno trattate equamente! Questo è un grande giorno per il mondo arabo e musulmano, Israele, tutte le nazioni circostanti e gli Stati Uniti d’America, e ringraziamo i mediatori di Qatar, Egitto e Turchia, che hanno collaborato con noi per rendere possibile questo evento storico e senza precedenti. Benedetti i costruttori di pace!”
L’accordo, dunque, prevede di dare attuazione al cessate il fuoco e al successivo scambio di prigionieri. Con il ritiro delle forze israeliane, inizierà il rilascio di tutti e 48 gli ostaggi israeliani ancora in mano ad Hamas (di cui 20 in vita e 28 deceduti), che dovrebbe avvenire tra domenica e lunedì. “Con l’aiuto di Dio li riporteremo tutti a casa”, ha dichiarato il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. “Un grande giorno per Israele. Domani (oggi) convocherò il governo per approvare l’accordo e riportare a casa tutti i nostri cari ostaggi”.
Di fatto sarà l’approvazione da parte del governo israeliano, che si riunirà nel pomeriggio, ad avviare il conto alla rovescia di 72 ore per la liberazione degli ostaggi da parte di Hamas. Ma i due falchi del governo israeliano, il ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, e il titolare della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, non ci stanno. In precedenza Smotrich aveva definito il piano di Trump un “clamoroso fallimento diplomatico”. Dopo la sottoscrizione dell’accordo per Gaza, annuncia su X che il suo partito “non si unirà alle miopi celebrazioni e non voterà a favore dell’accordo”, sottolineando la necessità di distruggere il movimento palestinese Hamas e di raggiungere la smilitarizzazione della Striscia dopo il rilascio degli ostaggi.
In linea di massima, dopo il voto del governo le forze israeliane cominceranno a ritirarsi entro 24 ore lungo la linea concordata con Hamas, per consentire ai miliziani di trovare tutti gli ostaggi. Secondo Ynet, in questa prima fase Israele manterrà il controllo di circa il 53% del territorio di Gaza e come parte del ritiro, le Forze di difesa israeliane (Idf) lasceranno Gaza City. Intanto, l’esercito israeliano ha annunciato l’avvio delle operazioni per dare attuazione all’intesa.
Hamas commenta con una nota riportata dalla Tv al-Mayadeen, affiliata a Hezbollah. “Apprezziamo profondamente gli sforzi dei mediatori fraterni in Qatar, Egitto e Turchia, e apprezziamo gli sforzi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump volti a porre fine alla guerra”. Nel frattempo i negoziatori israeliani sono ancora impegnati a definire la lista dei 1.950 detenuti palestinesi da rilasciare: 250 persone condannate all’ergastolo e altre 1.700 arrestate dall’inizio della guerra a Gaza. Secondo quanto detto a Ynet da un funzionario israeliano, nella lista non compariranno i membri della forza d’élite Nukhba di Hamas, coinvolti nell’attacco del 7 ottobre, né i leader palestinesi Marwan Barghouti, Ahmad Saadat, Abdullah Barghouti, Ibrahim Hamed e Abbas al-Sayyed, condannati all’ergastolo, di cui Hamas ha chiesto il rilascio. Hamas ha fatto sapere di essere ancora in attesa dell’approvazione definitiva dell’elenco dei prigionieri, aggiungendo: “Promettiamo ai prigionieri che rimangono in carcere e alle loro famiglie che rimarranno in cima alle nostre priorità e non ci fermeremo finché l’ultimo prigioniero non sarà liberato”.
Una fonte palestinese citata dall’emittente saudita Al-Sharq ha riferito che l’intesa prevede che le forze israeliane si ritirino dal valico di Rafah e dalle sue vicinanze, e comprende anche il trasferimento in Egitto di pazienti e feriti palestinesi. Una volta entrato il vigore l’accordo, il valico di Rafah dovrebbe essere riaperto su entrambi i lati. Un’altra fonte di Hamas ha detto ancora alla France presse che nei primi cinque giorni di cessate il fuoco dovrebbero entrare nella Striscia di Gaza almeno 400 camion di aiuti umanitari al giorno. Numero che dovrebbe aumentare nei giorni successivi.
Soddisfazione anche dalla premier italiana, Giorgia Meloni, per la quale l’accordo “è una straordinaria notizia”. “Desidero ringraziare il Presidente Trump per aver incessantemente ricercato la fine del conflitto a Gaza e i mediatori – Egitto, Qatar e Turchia – per i loro sforzi che si sono rivelati cruciali per l’esito positivo raggiunto”, sottolinea.
Anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si pronuncia favorevolmente. “Elogio gli sforzi diplomatici di Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia per raggiungere questa svolta. Sono inoltre incoraggiata dal sostegno del governo di Israele e dell’Autorità Nazionale Palestinese”, scrive su X. “Ora, tutte le parti devono rispettare pienamente i termini dell’accordo. Tutti gli ostaggi devono essere rilasciati in sicurezza. Deve essere stabilito un cessate il fuoco permanente. Le sofferenze devono finire”, ha insistito von der Leyen, precisando che “l’Ue continuerà a sostenere la consegna rapida e sicura di aiuti umanitari a Gaza”. “E quando arriverà il momento, saremo pronti a contribuire alla ripresa e alla ricostruzione”, ha aggiunto. “L’opportunità di oggi dovrebbe essere colta. È l’opportunità di forgiare un percorso politico credibile verso una pace e una sicurezza durature. Un percorso saldamente ancorato alla soluzione dei due Stati”, ha concluso von der Leyen.
Il plauso è arrivato anche dal Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca Latino di Gerusalemme. “È una buona notizia e siamo molto felici. È un primo passo, la prima fase. Naturalmente ce ne saranno altri e certamente sorgeranno altri ostacoli. Ma ora dobbiamo gioire di questo passo importante che porterà un po’ più di fiducia per il futuro e porterà anche nuova speranza, specialmente per i popoli, sia israeliano che palestinese”.



























