Raffaella Vitulano
Oltre un quarto dell’economia italiana sfugge a qualsiasi tipo di controllo, imposizione fiscale o misurazione statistica. Il peso del sommerso nel nostro paese – secondo uno studio pubblicato dal Fondo monetario internazionale – ammonta al 27% del Pil, il valore più alto fra i paesi dell’Ocse, fatta eccezione per la Grecia che con il 30% guida la graduatoria. Il sommerso è la vera emergenza economica italiana, ”una mina vagante”, ”un cancro che bisogna estirpare”, sottolinea Raffaele Bonanni, segretario confederale della Cisl, spiegando che ”i dati forniti dall’Fmi confermano che la gobba italiana sta nel sommerso” e aggiungendo che proprio da questi dati ”dovrebbe ripartire la trattativa tra governo e parti sociali”.”Quando un terzo dell’economia italiana è in nero, vuol dire che questo Paese non è più normale: è un problema serio – afferma il sindacalista – che a catena si scarica sui conti pubblici, sul fisco, sul sistema pensionistico, sulla sicurezza, sui salari e sulla competitività del sistema produttivo”. ”C’è una flessibilità disordinata e illegale che va combattuta con tutti gli strumenti, e non certo tollerata con i provvedimenti assolutamente insignificanti del governo”.
I dati da Washington arrivano proprio alla vigilia del G8 sul lavoro in programma a Montreal, immediatamente dopo la presentazione, a Parigi, dell’Outlook di primavera dell’Ocse, che nel capitolo dedicato all’Italia insiste sull’incisività nel programma di riforme: interventi strutturali che sostituiscano le misure una tantum (così da procedere con la riforma di riduzione fiscale) e una riforma del mercato del lavoro per sostenere la crescita potenziale. Ma è il Governo Berlusconi che frena le riforme, ”avendo deciso di abbandonare la concertazione”. Commenta il segretario confederale della Cisl, Pierpaolo Baretta: ”Mi pare che la resistenza principale al processo riformatore sia quella legata alla rinuncia da parte del Governo del metodo della concertazione. E l’esperienza degli anni passati ci dimostra come questo sia l’unico metodo in grado di fare riforme efficaci, perchè basato sul consenso”. In vista di un’eventuale ripresa del confronto dopo il primo maggio, Baretta lancia quindi l’ennesimo appello al Governo: ”Se c’è realmente la disponibilità a riprendere il dialogo e riavviare il processo riformatore, questo lo si deve fare affrontando la complessità delle questioni. Dunque – spiega, non solo il mercato del lavoro, a cui fa riferimento l’Ocse, ma anche il welfare, la questione salariale, la riforma fiscale, e così via”. Il sindacato italiano, insieme alle altre organizzazioni facenti parte del comitato sindacale consultivo dell’Ocse (Tuac), ha consegnato ai ministri del G8 di Montreal un documento in cui chiede di presentare un piano d’azione destinato ad integrarsi nel quadro di una risposta politica più ampia alle sfide poste dalla disoccupazione, da un lavoro decente, dalla crescita sostenuta e dalla mondializzazione, come definito nell’Agenda mondiale per l’occupazione dell’Oil. Il documento è stato consegnato l’ieri, giorno in cui i rappresentanti dei lavoratori e degli imprenditori hanno avuto una consultazione coi ministri del lavoro e degli affari sociali del G8, basata in primo luogo sulla formazione permanente e il bisogno di accrescere le possibilità future per i lavoratori. I sindacati condividono infatti la necessità, riconosciuta dai ministri, di far figurare le conoscenze e le competenze dei lavoratori come ”fattore di crescita economica, accresciuta produttività, competitività su scala mondiale e progresso sociale”.
”Una nozione semplicistica di flessibilità del mercato del lavoro che non tenga conto della protezione sociale, la sicurezza dell’impiego e stipendi decorosi, deve essere rifiutata”, concludono i sindacati. Nell’economia basata sulla conoscenza, il vantaggio competitivo porterà benefici solo a quei paesi che hanno costruito un capitale sociale basato su fiducia, su coesione relazioni industriali solide che diano voce ai lavoratori.