Ammesso e nient’affatto concesso che Daniela Santanchè si dimetta, ammesso che si dimetta anche il sottosegretario Del Mastro, mettiamoci pure Vittorio Sgarbi: pensiamo che il governo Meloni ne uscirebbe migliore? Purtroppo no, non è una questione di nomi e di personaggi che sono arrivati al potere e pensano di poter fare il bello e il cattivo tempo restando impuniti. Il problema, come si dice, è politico. Nel senso che è la politica di questo governo che non funziona, o meglio, funziona solo per chi non ha problemi di soldi, di lavoro, di vita civile. Gli altri, cioè gli ultimi, (ultimi nel vero senso della parola) si trovano male e si troveranno sempre peggio, basta dare un’occhiata agli immigrati che già sono nel nostro Paese o a quelli che tentano di arrivarci ma spessissimo muoiono in mare.
Ma cosa possiamo farci? Gli attuali governanti hanno vinto le elezioni e dunque sono legittimati a governare un po’ come vogliono, mettendo in pratica finché è possibile le loro idee e la loro cultura (chiamiamola così) politica.
Una cultura che ha già prodotto rilevanti danni, di immagine e di sostanza. Il caso della Santanchè ne è l’emblema, ministra del turismo che si fa gli affari suoi, e ci guadagna pure parecchi milioni. Ma anche il caso di Andrea Del Mastro non scherza, un sottosegretario che rivela segreti d’ufficio per attaccare l’opposizione. Così come quello di Vittorio Sgarbi, anche lui sottosegretario ai beni culturali che parla di qualsiasi argomento insultando chiunque e dicendo parolacce ai quattro venti. Si potrebbe continuare, se non fosse che gli elenchi sono noiosi: limitiamoci allora alla sostanza del problema, che tradotta significa tutelare gli interessi dei forti e lasciare i deboli in balia di sé stessi. D’altra parte questa è la destra, e non possiamo far finta di non averlo sempre saputo.
Così come è la destra che fa la guerra alla magistratura, basta vedere come si stanno comportando in questi giorni per difendere Santanchè e Del Mastro, esattamente come ha fatto per anni il loro ex leader Silvio Berlusconi: sembrerebbe che al primo punto del suo testamento ci sia scritto di combattere i giudici, la rovina dell’Italia che produce e fa impresa e fa politica. Ovviamente gli eredi ubbidiscono e urlano come pazzi con le sue stesse parole, quelle che cominciammo a sentire trent’anni fa.
Se poi alziamo lo sguardo e guardiamo l’Europa, peggio che andar di notte: qui i sovranisti o nazionalisti o chiamateli come volete sono al potere in varie nazioni, e in altre rischiano di andarci a breve. Al di là delle divisioni tra Salvini e Meloni sulla Le Pen o su Orban o sul leader polacco, è molto probabile che l’anno prossimo al Parlamento europeo la maggioranza sarà di destra, una bella destra che non farà sconti.
A meno che… A meno che la sinistra, anzi il centrosinistra, non si svegli, almeno in Italia. Finora non abbiamo visto un buon lavoro di Schlein, Conte e gli altri per presentarsi politicamente uniti alle elezioni europee, politicamente perché si vota col proporzionale, e quindi ognuno andrà da solo. Tuttavia se un elettore di centrosinistra sapesse che, dopo quel voto, potrà contare su una coalizione alternativa alla destra, che potrebbe presentarsi alleata alle future elezioni amministrative e soprattutto politiche, forse voterebbe più convinto per uno di questi partiti.
Invece al momento siamo ancora a “carissimo amico”, i nostri vanno in ordine sparso, l’unica cosa su cui si sono uniti (tranne il solito Renzi) è la proposta di legge sul salario minimo a 9 euro l’ora. Giusto, ma ancora poco, pochissimo. L’elettore di cui sopra vorrebbe un progetto per il suo Paese, un progetto che vada dall’economia all’ambiente, dai diritti dei lavoratori a quelli di chi un lavoro non ce l’ha, dalla condizione degli immigrati all’accoglienza per chi arriva sulle nostre coste, quando ce la fa. Da un’idea innovativa di Europa a una posizione un po’ diversa sulla guerra in Ucraina, diversa da quella attuale che sostanzialmente ripete la litania “armi armi e armi a Zelensky”. Senza mai dire come, quando e perché questa guerra finirà.
Insomma, se la sinistra non si sveglia e non si unisce, ognuno rinunciando a qualcosa in nome di un interesse più vasto -Bruno Trentin lo definiva l’interesse generale- allora il rischio è quello di ritrovarci al potere questa destra per dieci anni. Se ci va bene.
Riccardo Barenghi